VENEZIA (nostro corrispondente) – Dopo il Paradise: Love, presentato lo scorso anno al festival di Cannes, Ulrich Seidl porta a Venezia Paradise: Faith, secondo capitolo di una trilogia tesa a descrivere la ricerca della felicità in tre donne provenienti dalla stessa famiglia.
In Paradise: Faith seguiamo una infermiera di mezza età, ossessionata da una devozione fondamentalista per la religione cattolica. Nel periodo di lavoro prega, stessa cosa durante le ferie, recitando da sola e in compagnia; canta inni religiosi accompagnandosi con la pianola, fa opera di conversione porta a porta; si frusta e si punisce per i propri peccati, in particolar modo quelli sessuali. La sua vita prende una diversa piega quando torna a vivere con lei il marito, divenuto disabile a causa di un incidente. L’uomo è musulmano e, paradossalmente, non é integralista quanto lei.
Il film ha una scena “scandalosa”, quella della protagonista che si masturba con un crocifisso, ma il messaggio è catartico: Seidl sembra voler additare le estremizzazioni di ogni tipo di fede, è una voce contro il fondamentalismo. Il regista lo fa con un piglio a tratti leggero e i suoi personaggi, ridicoli e patetici, suscitano risate tra il pubblico. Venezia 69 si distingue per essere attenta all’ analisi e alla delucidazione dell’ atteggiamento mentale integralista, male del nostro tempo, insieme alla crisi economica.
Paradise: Faith
(Paradies: Glaube, 2012, Austria/Germania/Francia)
• Regia:Ulrich Seidl
• Con:Maria Hofstätter, Nabil Saleh
• Genere: Drammatico
• Durata: 113′