Pier Paolo Pasolini: l’intellettuale “eretico”

Nonostante la prematura morte rimane un punto fermo nella cultura italiana del XX Secolo

«Ho passato la vita a odiare i vecchi borghesi moralisti, e adesso, precocemente devo odiare anche i loro figli… La borghesia si schiera sulle barricate contro sé stessa, i “figli di papà” si rivoltano contro i “papà”. La meta degli studenti non è più la Rivoluzione ma la guerra civile. Sono dei borghesi rimasti tali e quali come i loro padri, hanno un senso legalitario della vita, sono profondamente conformisti. Per noi nati con l’idea della Rivoluzione sarebbe dignitoso rimanere attaccati a questo ideale »

ROMA Sono passati trentanove anni dalla sua morte brutale e violenta, eppure la sua opera così sofferta, profonda, illuminante, è amata e presa ad esempio dagli intellettuali contemporanei e dalle giovani generazioni.

Pier Paolo Pasolini è una delle figure più importanti dello scorso secolo. Artista poliedrico ed eclettico (romanziere, poeta, linguista, saggista, regista teatrale, cinematografico e giornalista) è ricordato per il profondo impegno civile e politico, una vera eccezione nel panorama italiano. Probabilmente solo Leonardo Sciascia ha combattuto battaglie culturali simili a quelle del collega bolognese.

Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna il 5 marzo del 1922 da un severo ufficiale dell’Esercito e da una dolcissima maestra. A causa della professione del padre, la famiglia si sposta prima a Belluno e poi a Casarsa in Friuli. L’infanzia in questa regione sarà importante per la sua formazione culturale. Torna a Bologna per frequentare con ottimi voti il liceo Galvani. Sempre nella stessa città si iscrive alla Facoltà di Lettere. E’ molto interessato alla filologia romanza e all’estetica delle arti figurative. Sempre in questo periodo si avvicina al cinema grazie alle proiezioni del regista francese Renè Clair. Nel 1941 in vacanza con la famiglia a Casarsa, il giovane Pier Paolo scrive le prime poesie. Nel 1945 si laurea nonostante l’Italia sia un Paese di macerie e di lutti. Il fratello maggiore, Guido, partigiano, è catturato e ucciso a Porzus da miliziani comunisti. Fu uno choc per il giovane Pier Paolo e per la sua famiglia. Nel 1947 si iscrive al Partito Comunista di Palmiro Togliatti. La sua attività letteraria si fece sempre più intensa.

In quel periodo Pasolini pubblicò “Diarii” (1945), “Pianti”(1946), “Dov’è la mia patria”(1949).

Nel 1949 il poeta venne espulso dal partito per la sua omosessualità. Il rapporto con il Pci fu sempre sofferto e conflittuale anche se lo scrittore si definì sempre un marxista.

Nel 1950 Pasolini si trasferisce a Roma con la madre. Ha trovato un lavoro come insegnante in una scuola dell’estrema e degradata periferia romana. L’impatto con la dura vita dei nuovi quartieri dormitorio, costruiti in fretta e senza nessun criterio urbanistico, fu alquanto difficile per il giovane intellettuale. Tuttavia il nuovo decennio è fertile per la sua poliedrica creatività. In questi anni si afferma definitivamente come uno dei giovani più stimolanti e promettenti del panorama culturale del dopoguerra.

Nel 1954 pubblica “La meglio gioventù” che ebbe un notevole successo di critica. L’anno seguente scrive il suo primo romanzo, “Ragazzi di vita”, una sorta di “manifesto” antropologico della dura realtà dei giovani delle periferie romane. Con questo straordinario libro iniziano i guai giudiziari dello scrittore. In Italia si parla per la prima volta della prostituzione maschile. E’ uno choc culturale. Pasolini è messo all’indice dalla Chiesa. L’Italia bigotta “rifiuta” la dura verità raccontata da un personaggio così scomodo. Sino alla sua tragica morte, la vita di Pasolini sarà giudicata, sezionata e condannata dal moralismo imperante nella società italiana. L’artista è stato quotidianamente “messo al rogo” da chi non voleva vedere le contraddizioni del capitalismo italiano del dopoguerra, da chi era miope nei confronti degli scempi delle nuove periferie urbane che crescevano a dismisura. Secondo il poeta l’industrializzazione selvaggia stava distruggendo l’identità culturale italiana.

Pasolini prosegue con la sua attività e nel 1957 pubblica il suo capolavoro poetico “Le ceneri di Gramsci, la religione del mio tempo”. Nel 1959 è la volta del suo secondo romanzo, “Una vita violenta”. Lo scontro e l’odio nei suoi confronti si fa sempre più aspro. Il Paese non accetta il modo di Pasolini di descrivere la realtà. Sono gli anni del boom economico e anche le fasce più povere sembrano finalmente poter accedere al consumismo.

Nel decennio successo, Pier Paolo Pasolini abbraccia il cinema: ogni suo film sarà un vero e proprio pugno allo stomaco degli italiani.

Nel 1961 esce “Accattone”, un film tragico, angosciante e straordinariamente realista. Per l’Italia è un trauma. E’ condannato dalla magistratura e perseguitato dalla censura.

L’intellettuale non si tira indietro e nel 1962 gira “Mamma Roma” con Anna Magnani. Le polemiche e le critiche furono aspre e durissime.

Nel 1963 girò il documentario “Comizi d’amore”, una rivoluzionaria inchiesta antropologica e sociologica sul rapporto tra i giovani e il sesso. Il culmine delle polemiche è raggiunto con “Il vangelo secondo Matteo” (1964), film per il quale Pasolini è condannato per vilipendio alla religione cattolica. La ricerca cinematografica del regista prosegue con il controverso “Uccellacci e uccellini”, una sottile e surreale riflessione sul rapporto tra Pasolini e il partito Comunista. Per il teatro nel 1969 scrive il capolavoro “Affabulazione”, un testo diventato ‘classico’ nei decessi successivi. Fonde i linguaggi del cinema e del teatro con “Edipo re”(1967). 

Nel 1968 esce il film “Teorema”, con Silvana Mangano, tratto dal suo stesso romanzo. Il film è sequestrato per oscenità. Segue con molto interesse (spesso critico) il movimento studentesco e scrive numerosi articoli di analisi sui giovani della fine degli anni Sessanta.

Il nuovo decennio vede sempre il suo impegno per il cinema con “la trilogia della vita”: “Il Decamerone” (1971), “I racconti di Canterbury”(1972) e “Il fiore delle mille e una notte”(1974). Ancora una volta la censura perseguita il regista. Nel 1972 pubblica “Empirismo ermetico”, una raccolta di saggi di argomento linguistico su cinema e letteratura.

La sua ultima pellicola, “Salò o le 120 giornate di Sodoma” (1975) sarà ricordata come quella più controversa e soprattutto come uno dei film più scioccanti della storia del cinema italiano. E’ immediatamente bocciato e sequestrato dalla censura. Solo nel 1991 gli fu riconosciuta la “piena dignità artistica”. Sempre nel 1975 pubblica “Scritti corsari”, la celebre raccolta di saggi e articoli.  Al centro della riflessione di Pasolini è sempre la società italiana con i suoi mali, contraddizioni e angosce. Lo scrittore, figura solitaria, lucido analista, crudo e sincero, si scontra con quel mondo di perbenismo e conformismo che è responsabile del degrado culturale della società. Pasolini riesce ad esprimere, con grande chiarezza e senza fraintendimenti, tesi politiche di grande attualità, con uno spirito critico raro e profondo, e trattando tematiche sociali alla base dei grandi scontri culturali dell’epoca come l’aborto e il divorzio. “Salò” e “Scritti corsari” furono il testamento spirituale e intellettuale di Pier Paolo Pasolini. Il suo ultimo articolo “Io sono contro l’aborto” è pubblicato dal Corriere della sera il 19 gennaio 1975. La notte tra il 1° e il 2 novembre 1975 è letteralmente massacrato in una zona degradata dell’idroscalo di Ostia. Il brutale omicidio di Pier Paolo Pasolini, non sarà mai totalmente risolto e chiarito.

 

“La mia indipendenza, che è la mia forza, implica la solitudine, che è la mia debolezza”.

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