Sasasa: il figlio segretissimo di Domenico Modugno, riconosciuto dopo 17 anni

ROMA – Non c’è giornalista  romano di spettacolo  che negli anni  d’oro del teatro Sistina, dove  andavano in scena i successi  inarrivabili della coppia  Garinei & Giovannini,  che non conservi  un ricordo riconoscente di Romano Camilli.  

Un personaggio da teatro  anche lui, fra i teatranti che lo  circondavano.  Ingegnere, non si sa perché aveva gettato alle ortiche la laurea per dedicarsi  a tempo pieno  alla celebre coppia di autori. Come per Pietro Garinei, che al Sistina si spingeva tutti i giorni dall’Olgiata dove aveva acquistato una villa nel bosco, (salvo poi vendere la villa e tornare a vivere in centro, a due passi dal Sistina)  anche Romano Camilli aveva eletto il teatro romano a suo luogo d’elezione.  

Informati in tempo dell’imminente debutto della commedia musicale del momento ( poteva essere  Il giorno della tartaruga con Delia Scala,  Ciao Rudy con Mastroianni,  Rugantino con  Aldo Fabrizi,  Aggiungi un posto a tavola con Johnny Dorelli, Rinaldo in campo con Domenico Modugno, o Un trapezio per Lisistrata per dire solo dei maggiori successi), i redattori delle pagine degli spettacoli  dei principali giornali romani (che  all’epoca erano il Messaggero, il Tempo, Il Giornale d’Italia, Paese Sera, il Giorno,  Repubblica e le pagine romane del Corriere della Sera sarebbero arrivati più tardi)  dovevano preoccuparsi di non mancare l’avvenimento. Qui entrava in azione Romano Camilli, gran  ciambellano alla corte di Garinei & e Giovannini , che da bravo ingegnere (vedi che la laurea a qualcosa serve!) riusciva sempre a  chiudere il puzzle della platea trovando un posto per ogni testata, rispettando le priorità,  l’anzianità di servizio, la tiratura del rispettivo giornale, e  non mancava di tener conto anche dei rapporti umani, dell’amicizia personale e di altri fattori imponderabili. Comunque,  quando la sera della prima il sipario di alzava su uno spettacolo di cui i giornali avrebbero scritto  per giorni,  ogni testata che  meritasse aveva il suo uomo in platea a godersi lo spettacolo  per poi scriverne a ragion veduta. Merito di Romano Camilli, un press-agent, come si diceva allora, come pochi ce n’erano a Roma. 

  L’ingegner Romano Camilli è morto nel novembre del 1994, pochi mesi prima della scomparsa di Domenico Modugno. Perché parlarne oggi? Perché le cronache odierne riferiscono di una storia di famiglia che lo coinvolge. Protagonista è Fabio Camilli, 51 anni, attore, al quale il Tribunale di Roma, accogliendone la richiesta, ha riconosciuto il diritto di considerarsi erede legittimo di Domenico Modugno perché  padre naturale. E’  una storia che la giustizia italiana, con i tempi biblici che tutti le riconoscono, ha concluso diciassette anni dopo la prima  istanza. 

In sintesi: la madre di Fabio Camilli , Maurizia Calì, una bella dona dal fascino sottile, lavorava  al Sistina come costumista e coreografa della commedia musicale  Rinaldo in campo, protagonista Domenico Modugno. Dietro le quinte  nacque  una love story, segretissima  per tutti,  ma  nel 1963 venne alla luce quello che per ventotto anni  sarebbe stato il figlio segreto di Domenico Modugno , appunto Fabio. Poi la legittima richiesta di riconoscimento di paternità,  infine  la prova del Dna che ha dato ragione al figlio naturale e torto ai membri della famiglia Modugno che hanno sempre negato i fatti. 

Oggi Fabio  Camilli, dopo anni di reticenza, ha avuto la consolazione della confessione della madre, che aveva sempre negato la relazione adulterina,  e può vantare un nuovo, importante cognome: Modugno.  E ha acquistato tre fratelli,  Marcello, Marco e Massimo, nati dal matrimonio del cantante con Franca Gandolfi: una nuova famiglia che non ha preso bene la sentenza del tribunale e sembra decisa a portare avanti la battaglia legale. In ballo ci sono i diritti d’autore, che un big come Modugno ha lasciato agli eredi in una quantità tutt’altro che  trascurabile. 

“Ecco, è tutta una questione di soldi” diranno i soliti maligni. Ma  Fabio Camilli, ora Modugno,  ribatte di essere stato spinto solo dal desiderio insopprimibile di  “sapere chi sono e di essere  riconosciuto come tale”.  

L’avessero saputo,  Garinei e  Giovannini ci avrebbero scritto una commedia musicale. E Romano Camilli avrebbe invitato i giornalisti romani alla prima. Come una volta. 

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