Bill Evans, ovvero il poeta del pianoforte

Il grande jazzista reso celebre da Miles Davis, moriva 34 anni fa

 

“Il jazz non lo puoi spiegare a qualcuno senza perderne l’esperienza. Dev’essere vissuto, perché non sente le parole. Le parole sono i fanciulli della ragione, e quindi, non possono spiegarlo. Queste non possono tradurre il feeling perché non ne sono parte. Ecco perché mi secca quando la gente cerca di analizzare il jazz come un teorema intellettuale. Non lo è. E’ feeling”

 

MILANO – Nella storia del jazz il suo stile, il suo modo di suonare e il suo pianismo hanno avuto un ruolo fondamentale. E’ stato uno dei musicisti più influenti, studiati e imitati. Rimane uno dei più grandi protagonisti della musica improvvisata, capace come pochi, di interpretare e rendere originali gli standard che suonava. Bill Evans, musicista di rigorosa formazione classica ma votato al jazz è il “padre” ispirativo di Keith Jarrett, Herbie Hancock, Chick Corea, Brad Mehldau, Michel Petrucciani, ovvero “la crema” del pianismo degli ultimi 50 anni. Lyle Mays, pianista di Pat Metheny ha detto di lui: “Ogni mia nota è un tributo a Bill Evans”. La vicenda umana, artistica e professionale di Bill Evans ha avuto spesso momenti drammatici, di depressione, di abuso di droghe per la perdita di persone a lui care. Il suo pianismo era straordinariamente profondo ed essenziale. Ogni sua nota era pensata, nulla era lasciato il caso. La sua musica arrivava al cuore delle persone.

Bill Evans era una persona estremamente sensibile, fragile e profonda. Queste caratteristiche erano ben evidenti nel suo modo di porsi davanti al suo strumento. Quando suonava dal vivo, il suo corpo si fondeva letteralmente con il pianoforte. Nessuno dopo di lui ha saputo far emozionare gli amanti del jazz.

William John “Bill” Evan nasce a Plainfield (New York) il 16 agosto del 1929. Suo padre era del Galles, e gestì un campo da golf; sua madre era di origine russo-carpazia, la cui famiglia gestiva miniere di carbone. Il matrimonio fu molto scosso, dovuto soprattutto ad Harry, il padre, alcolista, maniaco del gioco d’azzardo e altri abusi. Inoltre ebbe un fratello, Harry (Harold), più grande di due anni, con il quale instaurò rapporti molto intimi. A causa del pericoloso carattere del marito, Mary Evans lascia molto presto l’abitazione per trasferirsi in una città vicina con i suoi figli, Somerville, per stare con sua sorella Justine e la famiglia Epps. Qui, il fratello Harry comincia ad avere lezioni di pianoforte tra i 5 e i 7 anni. Poiché Bill era troppo piccolo per ricevere lezioni, inizia a suonare ciò che sente da suo fratello. Più tardi, anche Bill inizia a suonare lo stesso strumento.

Più tardi, a Dunellen, l’insegnante Helen Leland impartisce lezioni di pianoforte ad entrambi i fratelli. Evans la ricorda per il fatto che non insistette nel dare un approccio con lo strumento troppo tecnico, ad esempio con le scale e gli arpeggi. Imparò presto a leggere velocemente gli spartiti, ma l’insegnante considerò sempre migliore suo fratello come pianista. A 7 anni, iniziò a studiare violino, ed anche flauto ed ottavino. Tali strumenti influenzarono molto il suo modo di suonare. Dall’età di 6 anni a 13 anni, Bill suonò solo spartiti di musica classica. Ha nominato spesso Mozart, Beethoven e Schubert come autori che amava e suonava spesso. Durante la scuola, ascoltò per la prima volta la “Petrushka” di Stravinsky, che lui ritenne un’”esperienza straordinaria”: e la “Suite Provençale” di Darius Milhaud, (compositore francese del ‘900) il cui linguaggio bitonale gli “aprì la mente verso altri orizzonti”. Sempre nello stesso periodo, iniziò ad avvicinarsi al jazz, quando sentì in radio la band di Tommy Dorsey e di Harry James. All’età di 12 anni, Bill prese il posto di un pianista malato, per entrare con la band di Buddy Valentino, dove il fratello Harry già suonava la tromba. Durante questo periodo, Evans inizia ad abbandonare la melodia scritta, e a darsi all’improvvisazione, durante l’esecuzione del brano “Tuxedo Junction” con la stessa band. Inoltre era solito ascoltare Earl Hines, Coleman Hawkins, Bud Powell, George Shearing, Stan Getz, Miles Davis, e Nat Cole. Subito dopo, iniziò a suonare in occasioni come balli e matrimoni, girando dappertutto nel New Jersey, con boogie-woogie e polke per un dollaro all’ora. Come conseguenza, ebbe scarsi risultati a scuola. Inoltre formò un trio con due amici del posto. Durante i concerti, incontrò il polistrumentista Don Elliott, con il quale registrerà più tardi alcuni dischi. Un’importante conoscenza in quel periodo che segnò la sua carriera fu quella del bassista George Platt, che gli introdusse le regole dell’armonia.

Nel 1955, si trasferisce a New York, con il capobanda e teorico George Russell, Nel 1958, entra a far parte del sestetto di Miles Davis, dove riceve forti influenze musicali. Nel 1959, la band, entrata nella corrente del jazz modale, registra il primo album “Kind of Blue”, che costituirà il primo grande pilastro di questo nuovo genere.

Verso la fine del 1959, lascia la band di Miles Davis e inizia la sua carriera a capo di una nuovo trio, con i musicisti Scott LaFaro e Paul Motian, uno dei più grandi di tutta la storia del jazz. Nel 1961, dieci giorni dopo aver registrato un altro noto album, “Sunday at the Village Vanguard” e “Waltz for Debby”, LaFaro muore in un incidente stradale. Questa perdita sarà una delle conseguenze che aggraverà la sua dipendenza dalle droghe; dopo circa sei mesi di isolamento, Evans rientra con un nuovo trio, stavolta con il contrabbassista Chuck Israels.

Nel 1963, Evans registra “Conversations with Myself”, un album innovativo da solista. Nel 1966, incontra il bassista Eddie Gomez, con il quale lavorerà per undici anni. Molti degli album registrati ebbero grande successo, tra i quali “Bill Evans at the Montreux Jazz Festival”, “Alone” e “The Bill Evans Album”.

Nonostante il successo riscosso, Evans a causa del suo carattere fragaile aumentato le sue dosi di droga nell’illusione di riuscire a superare questi momenti. La sua fidanzata Elaine e suo fratello Harry si suicidano; ciò lo porteranno dapprima ad usare eroina, e negli ultimi mesi di vita, anche la cocaina. Le conseguenze si sono ripercosse anche sulla sua stabilità finanziaria, i rapporti e la creatività musicale, fino a portarlo alla morte, il 15 settembre del 1980.

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