Fripp, il padre del progressive rock

Nel 1969 usciva il primo storico album dei King Crimson che inaugurava una stagione epocale

Ho cominciato a suonare la chitarra a undici anni, nel 1957, pochi giorni prima di Natale. Non avevo per niente orecchio musicale, non avevo neanche il minimo senso del ritmo. Non sarebbe stato possibile immaginare qualcuno musicalmente meno dotato di me. Quando sei così a secco di doti musicali, devi per forza cominciare a riflettere e a farti domande sulla natura del suono. Che cos’è che non ti permette di avvertire la differenza tra una nota e l’altra? Quali sono le parti dell’organismo che reagiscono alle diverse componenti della musica? Dove sono le barriere e i blocchi? Cosa puoi fare per eliminarli?”

(Robert Fripp)

 

ROMA – Ci sono alcuni dischi che pur non avendo avuto un importante riscontro di vendite sono considerati dei veri e propri capolavori, delle pietre miliari, album innovativi che hanno aperto la strada a tante altre band. E’ il caso dei King Crimson, uno dei gruppi britannici più atipici ed influenti che hanno avuto un’importanza enorme per le rivoluzionarie scelte musicali, sonore e filosofiche. Non sono mai stati popolari come avrebbero sicuramente meritato, ma la loro leggenda è cresciuta nel corso dei decenni. Il loro primo album, “In the court of the Crimson King” uscì il 10 ottobre nel 1969 e l’impatto fu enorme, impressionante. Dopo l’esplosione dei Beatles, nel corso degli anni Sessanta si erano affermati gruppi come Rolling Stone, Who, Cream, i Nice di Keith Emerson, Colosseum, i Traffic e i Jethro Tull. Questi complessi cercarono di migliorare la rivoluzione musicale dei Beatles, con alcune innovazioni come brani sempre più complessi e lunghi con influenze che andavano dal blues, al folk sino al alla musica classica. Nella seconda metà degli anni ’60 si imposero anche i Pink Floyd, forse i più originali e sperimentali tra le realtà nel rock anglosassone. La band di Syd Barrett introdusse elementi psichedelici, spunti di pura improvvisazione e avanguardia novecentesca soprattutto nell’album “Ummagumma” del 1969. Il rock, nato negli Stati Uniti, ora stava vivendo un momento di grande creatività in Gran Bretagna.

All’inizio del 1969, il giovane chitarrista Robert Fripp, aveva già le idee molto chiare: voleva costituire una band che fosse completamente originale rispetto al panorama dell’epoca sia per la musica che per il sound. Spese molto tempo per trovare i musicisti giusti per il suo progetto e alla fine la linea up dei King Crimson era composta da Greg Lake alla voce e al basso, Ian McDonald alle tastiere, sassofoni, clarinetto e flauto, Mike Giles alla batteria e ovviamente Fripp alle chitarre. 

Il chitarrista voleva un sound nuovo e una musica che abbracciasse vari linguaggi come l’improvvisazione jazzistica, la musica classica, le ballad romantiche; il tutto combinato con strumenti elettronici e acustici, alcuni dei quali all’epoca ancora poco usati come il rivoluzionario Mellotron, uno strumento a tastiera con nastri magnetici in grado di riprodurre il suono di una sezione d’archi. Questo strumento era stato usato timidamente dai Beatles e dai Moody Blues. Grazie all’uso massiccio nel primo album dei King Crimson, divenne molto popolare negli anni ’70 e venne largamente impiegato da gruppi come Yes, Genesis, Gentle Giant, Led Zeppelin, Camel, Focus, Van Der Graaf Generator.

Tra l’aprile e il maggio del 1969 i neonati King Crimson si esibirono in alcuni locali londinesi ma la grande occasione avvenne il 5 luglio del 1969, quando suonarono prima dei Rolling Stones nel concerto in memoria di Brian Jones a Hyde Park davanti a 300mila persone. Il gruppo di Robert Fripp era quasi sconosciuto: la reazione del pubblico fu estremamente positiva. La musica proposta dai King Crimson era una novità assoluta: coniugava momenti di grande impatto sonoro (20th century schizoide man) a situazioni molto delicate e piene di romanticismo (I talk to the wind). Gli arrangiamenti erano estremamente curati e raffinati e le capacità tecniche dei musicisti erano davvero notevoli. Anche la stampa spese parole molto positive sui King Crimson. Il “Guardian” lì definì “un gruppo sensazionale”. Nel mese di agosto fecero un breve tour negli Stati Uniti insieme a Janis Joplin, Johnny Winter e gli Iron Butterfly.

Nel mese di settembre tornare in Gran Bretagna per iniziare le registrazioni del loro primo album. Un discorso a parte merita la coperta.  Fu disegnata da Barry Godber, un giovane programmatore di 23 anni, scomparso prematuramente l’anno successivo per attacco cardiaco; i due dipinti, che quindi rimangono le uniche opere di Godber, sono conservate attualmente da Robert Fripp.  Il dipinto utilizzato per l’esterno della copertina rappresenta il volto di un uomo spaventato, con gli occhi spalancati, mentre urla; l’uomo, con il volto sfigurato e l’orecchio sproporzionato, rappresenta l’uomo schizoide del ventunesimo secolo di cui parla il primo brano. All’interno, invece, è presente un volto apparentemente calmo e sorridente, che mostra anche le mani, in posa sacerdotale: rappresenta il Re Cremisi, nome sia dell’album che del gruppo; in entrambi i dipinti il colore predominante è il rosso cremisi, accompagnato dal blu. A causa della sua originalità, della mostruosità del volto, e dell’assenza di informazioni sia sul davanti che sul retro, questa illustrazione è stata considerata da alcuni una delle più significative della storia del rock, insieme al prisma di “The Dark Side of the Moon” o alla copertina bianca di “The Beatles”.

Dal punto di vista musicale “In the court of the Crimson King” rappresenta molte novità. Innanzitutto il deliberato superamento della forma canzone di tre-quattro minuti; la totale assenza di scale blues e l’uso dell’improvvisazione jazz in brani come “Moon child” che dopo un’apertura tradizionale si trasforma in una sorta di dipinto sonoro informale privo della tradizionale melodia: ogni strumento segue una propria linea come nel freejazz. La magia sonora raggiunta durante le registrazioni e nei primi concerti subì purtroppo un brusco stop dopo la seconda tournée americana. Pubblicato l’album che ebbe un buon successo di vendite (fu l’unico disco dei King Crimson ad ottenere il disco di platino), le tensioni interne aumentarono. McDonald e Giles si scontrano con Fripp per la leadership musicale della band. Il chitarrista voleva imporre un sound più complesso, duro e meno melodico, il tastierista e il batterista erano propensi per una musica più melodica e dolce.

Vinse la linea di Robert Fripp e McDonald e Giles lasciano il gruppo alla fine della tournée statunitense. Anche Greg Lake abbandonò i King Crimson accettando le “lusinghe” di Keith Emerson. Alla fine del 1969, dopo i trionfi di critica e pubblico i King Crimson erano da rifondare. Negli anni successivi la leadership di Robert Fripp divenne sempre più “dittatoriale”: i King Crimson erano la sua creatura e per questo il chitarrista non accettò mai compromessi di nessun tipo. Il gruppo di Fripp, cambiando spesso formazione e direzione musicale nel corso nei decenne successivi, è rimasto sempre coerente con la sua rigorosa filosofia di vita che ha permeato anche la sua carriera musicale.

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