James Taylor, un poeta americano

Con il secondo album, “Sweet baby James”, (1970) raggiunse il grande successo internazionale

Gli Anni ’60 e l’esplosione della musica folk

Gli anni Sessanta sono stati un decennio molto prolifico per l’affermazione dei cantautori. Erano anni di lotte, contestazioni, utopie e grandi speranze per cambiare il mondo. Sulla scia di personaggi come Bob Dylan e Woody Guthrie, fortemente influenzati dalla musica folk, alla fine degli anni ’60 fece la sua apparizione un giovane che si impose immediatamente per la sua voce suadente e per le sue splendide canzoni. Era James Taylor, classe 1948, nativo nel Massacchusetts, anche se visse l’adolescenza nella Carolina del Nord. Quando decise di vivere a New York divenne tossicodipendente da eroina. La canzone “Jump Up Behind Me” si riferisce a quel periodo: è infatti un omaggio a suo padre, Isaac, che in seguito ad una disperata telefonata del figlio corse immediatamente a New York per riportarlo a casa a Chapel Hill. Nel pezzo Taylor lo ringrazia per l’aiuto avuto in un periodo di disperato bisogno e descrive i ricordi del lungo viaggio in automobile verso casa.

A venti anni si trasferì a Londra, dove riuscì ad ottenere un’audizione per l’Apple Records dei Beatles. Il giovane musicista cantò una canzone che impressionò molto Paul McCartney e George Harrison. 

James Taylor possedeva una voce suadente molto evocativa. Inoltre era un ottimo chitarrista acustico, dotato di una notevole tecnica finger picking. Le sue canzoni erano descrittive dei ‘grandi spazi americani’, del mito del viaggio iniziatico e di un certo anarchismo, tipico dei giovani degli anni ’60. Il chitarrista ottenne un contratto con la Apple per incidere il suo primo album. 

Il disco non ebbe immediato successo. Tornato negli Stati Uniti si fece nuovamente ricoverare in ospedale per porre rimedio alla sua dipendenza dalle droghe, nel frattempo divenuta più forte. Quando le sue condizioni migliorarono, nel 1969, si esibì per sei serate al ‘Troubadour Club’ di Los Angeles ed il 20 luglio al Newport Folk Festival. Poco tempo dopo ebbe un incidente motociclistico che gli procurò fratture multiple alle mani, impedendogli di suonare per diversi mesi. 

“Sweet baby James”, la maturità e il successo

Per nulla scoraggiato dall’insuccesso del primo album, il giovane cantautore preparò con cura le registrazioni di “Sweet baby James”. Tra i musicisti che collaborarono alla stesura del disco spiccano Randy Meisner, futuro bassista degli Eagles e Carole King al pianoforte. Con l’attenta produzione di Asher, le registrazioni dell’album andarono avanti per tutto il mese di dicembre del 1969. Il 21enne James Taylor era molto cresciuto dal punto di vista compositivo rispetto al primo album. Le undici canzoni spaziano dal folk melodico al blues con degli arrangiamenti molto sofisticati.

Il settimanale ‘Time’ gli dedicò la copertina e si cominciò a parlare di questa nuova corrente crepuscolare e soggettivista di cui Taylor fu il massimo alfiere degli anni settanta. Egli è, infatti, il prototipo del cantautorato crepuscolare, agrodolce, malinconico e dalle tinte pastello che tanta fortuna ebbe in quel decennio. In ciò fu aiutato da una vena compositiva felice, da una raffinata tecnica chitarristica improntata al finger picking e da una voce nasale duttile e pastosa che veicola in modo molto efficace il mondo solitario e neo-romantico della sua America. Quando l’album fu pubblicato nel febbraio del 1970, scalò rapidamente le classifiche sia negli Stati Uniti che in Europa. Negli Usa e in Canada raggiunse la terza posizione e in Inghilterra la sesta. “Sweet baby James” vinse un Grammy come migliore album dell’anno. Si calcola abbia venduto oltre cinque milioni di copie in tutto il mondo.

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