Poeti. “Sto preparando la rivoluzione”, il debutto di Fortunato Picerno

POTENZA – Il suo specchio riflette la bellezza del mondo al primo sguardo, ma poi lui preferisce voltarsi e guardarlo con i suoi occhi. Allora il mondo si fa reale. Fortunato Picerno passeggia in un Eden ideale che non ha ancora preso forma, e davanti ai suoi occhi si crea e si distrugge verso dopo verso.

Il giovane poeta avanza in bilico tra la freschezza di Adamo e la maestria di un esteta rapito dal fascino della decadenza. “Illuso sognatore”, si descrive il poeta giurista che vive di diritto e sogna la poesia. Dalla necessità, velleità e passione della scrittura nasce così, Sto preparando la rivoluzione, l’opera prima di Fortunato Picerno che raccoglie i suoi versi più puri, le parole più autentiche a cui non vuole dare ordine se non quello del pensiero. “I versi della prima silloge di Fortunato Picerno insistono spesso sul cambiamento. Insieme alle inevitabili illusioni e cocenti delusioni di un giovane, nel suo stile avvertiamo già originali toni ironici e pungenti che danno voce ad un dissenso” ha osservato nella prefazione Lodovico Buscatti, presidente della commissione giudicatrice della XXI edizione del premio letterario Massimiliano Kolbe vinto quest’anno dallo scrittore che si era già classificato finalista al premio Merini dello scorso anno. 

“Quando creo, nasco. Sono nudo ed urlo”, ermetica ma chiara la sua dichiarazione d’intenti. Principe nel suo regno, Fortunato scrivendo dà forma al suo mondo. Leggendo le sue poesie sembra di assistere allo spettacolo della creazione. Il futuro pare delinearsi con parole nette e così il suo manifesto. “Non voglio un nuovo profumo, né un nuovo sapore. Voglio emozione, vera. Voglio sentimento, puro. Voglio Bellezza, immensa. Voglio speranza, sempre”. Verità e bellezza, dunque, i confini si fanno sempre più sbiaditi. “È l’ora della realtà”, scrive il poeta che fa della sua vita un sogno. “Voglio fare di noi un’opera d’arte in ogni sua forma, in ogni parte. Sali su in carrozza e non farti pregare, ci attende il mondo, non facciamolo aspettare!” Da Gabriele D’Annunzio a Oscar Wilde corre veloce il pensiero e Fortunato non nasconde i suoi maestri, ma con l’euforia di chi è solo all’inizio del viaggio allude alle tappe da fare, alle mete da raggiungere. 

Il presente è un turbinio di visioni in movimento che l’autore cristallizza in immagini fisse, come fotografie appese a una parete. La realtà è la freschezza dell’edera a Trastevere d’estate, i frammenti di ricordi sul lungotevere degli inventori, il faro di una famiglia a cui sempre tornare, il movimento lento e sinuoso della notte, l’attesa dell’alba, l’eco di Napoli, la sete di gioia. Infine il porto sicuro in cui mettere a riposare le ansie del giorno. In fondo, “basta na jurnat ‘e sol”. Non è questo il momento della vita in cui fermarsi a fare cattivi pensieri, se lo ricorda spesso lo scrittore che al quotidiano caos infine preferisce lasciarsi trasportare da Amore, e rimaner lì stretto “tra Apollo e Dioniso”, in “quel vortice denso”. 

Ma “il sogno conduce, dove? Non so.” Crolla il palcoscenico e tutta la messa in scena. Si disperdono a volte le emozioni, le sensazioni, gli sprazzi di felicità. E allora lo scrittore si rifugia tra i ritratti delle sue stelle fisse, Michelangelo e Paolo Sorrentino, cantori dell’umanità. “Per raccogliere i miei sogni una cesta non basta, figuriamoci una testa. Dei sentimenti, poi, parlare non vorrei; sarei noioso, lo sai”, conclude così il poeta che tra i suoi pensieri ci lascia entrare senza mai prendersi troppo sul serio. “Non voglio essere capito. Non voglio essere compreso. Voglio continuare a vivere come dico io, niente escluso”. Il rosso rubino, i papaveri nei campi di grano, le navi nel porto, le radici lontane, Irene, Roberta, Sorrentino, la fame di emozioni tornano a risuonare nelle ultime parole del poeta che nella sua penna ritrova la sua vela. “L’infinito è il mio unico credo, quello in cui il mio futuro vedo!”. 

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