Venezia 78. Panel sull’Afghanistan. Le due Sahraa, Karimi e Mani: “Aiutateci”

Si è svolto sabato 4 settembre, alla 78ma Mostra di Venezia, un panel sull’Afghanistan al quale era presente anche il direttore artistico Alberto Barbera.

Oltre alle due registe Afagnane Sahraa Karimi e Sahra Mani, il panel è stato moderato dal giornalista Giuliano Battiston, che dal 2007 si dedica all’Afghanistan con viaggi, ricerche e saggi, e ha visto la partecipazione dei componenti del board dell’International Coalition for Filmmakers at Risk (ICFR), VanjaKaludjercic (Direttrice artistica dell’International Film Festival di Rotterdam), Orwa Nyrabia (Direttore artistico dell’International Documentary Film Festival di Amsterdam), Mike Downey (Presidente della European Film Academy) e Matthijs WouterKnol (Diretore Esecutivo della European Film Academy). I partecipanti hanno parlato della drammatica situazione dei registi e, in generale, degli artisti Afghani, dell’esigenza della creazione di corridoi umanitari e della concessione di status di rifugiati politici, oltre che della preoccupazione per il loro futuro e la necessità di provvedere alla loro sistemazione una volta giunti in Europa. E tutti, indistintamente, hanno chiesto ai giornalisti di collaborare, facendo da cassa di risonanza delle iniziative umanitarie e della situazione del paese. 

E’ intervenuta la regista afghana Sahraa Karimi, già ospite della Biennale Cinema 2019,  prima presidente donna dell’Afghan Film Organisation e autrice di un recente appello per sensibilizzare i media, i governi e le organizzazioni umanitarie mondiali sulle condizioni del suo Paese. Sahara Karimi ha raccontato di come il suo lavoro procedesse, con due documentari storici importanti, con la seconda edizione di un premio cinematografico, dei laboratori per i giovani … e tutto all’improvviso il 15 agosto 2021 sia finito in poche ore, solo il tempo di raccogliere qualche effetto personale e fuggire. Gli archivi cinematografici ora sono sotto il controllo dei talebani, che considerano un’iniziativa culturale alla stregua di una operazione militare. Piange Sahraa Karimi  e chiede ai giornalisti di aiutare il suo popolo diffondendo quanto accade. Pensa che per quanto, in questo momento, i talebani mostrino furbescamente il loro lato morbido, nei fatti siano crudeli: con loro al potere il cinema è proibito, proibita la musica, proibita l’arte, mentre è convinta che solo l’educazione e la cultura possano sconfiggere la guerra. In questo momento migliaia sono gli artisti che in Afghanistan rischiano la vita. Piangendo Sahraa Karimi interroga la stampa: “Avete visto Schindler’s list? Su quello che accade in Afghanistan immaginate qualcosa di simile”.

 La collega e compatriota  Sahra Mani, presente con un progetto al CoProduction Market della Mostra, le fa eco ricordando come in Afghanistan non sia mai stato facile lavorare a causa di un governo e di un sistema giudiziario corrotto. Di come, in conseguenza dei bombardamenti, uscissero la mattina senza sapere se la sera sarebbero tornate a casa, tanto che del loro lavoro erano avvezze a conservare due copie: una in patria e una altrove. Anche lei crede che l’unico modo per uscire dalla guerra sia investire sull’arte e sulla cultura, ma ora la scuola di musica è stata occupata dai talebani che hanno rotto tutti gli strumenti. Pensa che i giovani studenti di musica saranno addestrati a diventare terroristi. E lancia un monito perché, se si sottovalutasse ciò che accade in Afghanistan, tale veleno potrebbe infiltrarsi in altri paesi.

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