La Mostra di Venezia verso i 90 anni. Due film della prima edizione il 9 luglio

Per ricordare degnamente i novant’anni dalla nascita, la Mostra del cinema di Venezia, che si aprirà il 31 agosto per concludersi il 10 settembre, ha preso la rincorsa.

Per il 9 luglio prossimo ha messo in cartellone una giornata interamente dedicata proprio alle sue origini. Per autocelebrarsi come è giusto che sia, la Biennale d’arte di Venezia, di cui, non dimentichiamolo, la Mostra fa parte, ha riunito nelle ventiquattr’ore del 9 luglio prossimo un convegno internazionale, la presentazione di un ponderoso volume sulla storia della rassegna, una mostra di cimeli degli anni Trenta, e la proiezione di due film che furono presentati nella prima edizione della mostra che allora si chiamava “Esposizione internazionale d’arte cinematografica” (un nome importante oggi banalmente ridotto alla onnipresente parola inglese “festival” ). I due film sono Gli uomini che mascalzoni di Mario Camerini e Pioggia di Yoris Ivens. 

Di entrambe le pellicole la prima proiezione, come del resto l’intera rassegna cinematografica, si svolse nel 1932 sulla terrazza dell’hotel Excelsior che ancora oggi dopo quasi un secolo è un luogo deputato della rassegna del Lido. Solo più tardi sarebbe sorto un apposito palazzo del cinema, a tutt’oggi sede ufficiale della Mostra. Questa volta i due film chiamati a celebrare il novantesimo di un evento che il mondo ci invidia avranno l’onore di essere proiettati nella Sala Grande del Palazzo del Cinema, dove di regola si svolgono le serate di apertura e di chiusura di ogni edizione e la proiezione dei film in concorso più importanti. 

La sera del 6 agosto 1932 i due film in questione non erano in concorso perché la neonata rassegna cinematografica non era ancora competitiva: i Leoni d’oro e d’argento sarebbero arrivati in seguito. Ma il pubblico di invitati si entusiasmò, la grande avventura del cinema al lido di Venezia era cominciata, e continua da quasi un secolo.

Gli uomini che mascalzoni (1932) Regia di Mario Camerini

con Vittorio De Sica, Lya Franca, Cesare Zoppetti, Aldo Moschino, Pia Lotti, Maria Montesano.

Non è capitato spesso che a determinare il successo di un film sia stata una canzone. Più spesso è il film che rende celebre un motivo, qualche esempio: Sette spose per sette fratelli, Casablanca, Via col vento o Cantando sotto la pioggia. E qui siamo nella Hollywood degli anni d’oro. 

Gli uomini che mascalzoni, invece, è di molto precedente, un precursore, si direbbe, perché appartiene al cinema dei cosiddetti telefoni bianchi, e il regista non aveva a diposizione altro che un luminoso bianco e nero e la voce vellutata di Vittorio De Sica. Non a caso fu scelto per la prima edizione della mostra di Venezia nata in pieno fascismo trionfante, con una giusta dose di perbenismo e il lieto fine all’insegna dei buoni sentimenti.  De Sica padre (oggi il figlio Christian sembra rifargli il verso) è un bellimbusto che parte alla conquista di una brava ragazza, che lavora in uno stand della fiera di Milano, spacciandosi per proprietario dell’automobile di lusso che invece guida, da autista stipendiato. Quando verrà scoperto, ad aiutarlo, sarà  il padre della ragazza, un autentico tassinaro convinto delle sue buone intenzioni. Questo il film, dalla esile trama: più gagliarda è la canzone Parlami d’amore Mariù, di Bixio-Neri, che De Sica senior interpreta con passione e che si ascolta tuttora. Il film fu subito un grande successo, che oggi giustamente viene ricordato là dove nacque al Lido di Venezia, 1932, anno X dell’era fascista.

Pioggia (1929) di Joris Ivens Documentario

Anche come iniziativa scaramantica, vista l’estate che si rivela torrida con devastante siccità, bene ha fatto la mostra di Venezia a riproporre nell’anteprima del 9 luglio un classico del 1932 dal titolo beneaugurante: Pioggia, di cui è autore Joris Ivens, il grande documentarista olandese morto ultranovantenne nel 1989, che l’anno prima la Mostra di Venezia aveva premiato con il Leone d’oro alla carriera. 

Muto, senza didascalie, girato su pellicola a 35 millimetri, Pioggia dura non più di 15 minuti, ma è affascinante “nella descrizione minuziosa di un temporale su Amsterdam, dall’arrivo delle nuvole fino alle ultime gocce” come lo ha correttamente sintetizzato un critico maestro di concisione. Ma va anche detto che la giornata di pioggia è descritta “con una successione cronologica naturale, ma senza continuità spaziale, costruita in arbitrio nel montaggio. Insomma, un “cinepoema” conclude Morando Morandini, critico di poche parole, ma di molta acutezza di giudizio. E oltre lo schermo, riuscirà la poetica pioggia di Ivens a portare un po’ di sollievo ai nostri campi riarsi?  La magia del cinema può questo e altro.

 

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