MILANO – È morto a Monza questa mattina all’età di 79 anni Sergio Bonelli, editore di Tex e di Dylan Dog, all’ospedale San Gerardo di Monza dove era ricoverato da qualche giorno per una malattia. Era sposato con la signora Beatrice e aveva un figlio, Davide che è responsabile marketing della casa editrice.
Bonelli aveva iniziato ad accusare problemi di salute ad agosto, mentre era in vacanza in Provenza. Rientrato a Milano, ha fatto una serie di esami e da alcuni giorni era ricoverato al San Gerardo. La notizia della sua morte ha colto di sorpresa i collaboratori della casa editrice.
“Sergio Bonelli ha appassionato con i suoi fumetti generazioni di ragazzi e adulti. Ci lascia l’eredità della sua arte: i suoi personaggi, da Tex Willer a Dylan Dog, sono entrati nella storia dei ‘cartoon’, emozionandoci con le loro avventure che ci hanno fatto sognare e che ricorderemo sempre”. Queste le parole del Sindaco Giuliano Pisapia, che ha espresso il cordoglio per la scomparsa del grande editore italiano, scomparso a Monza a 80 anni. Cittadino benemerito di Milano, Bonelli era stato insignito della Medaglia d’oro di Civica Benemerenza il 7 dicembre 2008, per aver contribuito a fare di Milano la capitale dell’editoria italiana e del fumetto e aver avvicinato alla lettura generazioni di ragazzi. Ha creato personaggi come Zagor e Mister No e pubblicato il fumetto western più amato in Italia, Tex Willer, in vetta alle classifiche di vendita e di gradimento nel settore. La sua casa editrice è la maggiore impresa editoriale italiana nel campo del fumetto”.
Uno dei personaggi più famosi fu Tex Willer, creato da suo padre, e che per Sergio Bonelli era una sorta di alter ego. Avrebbe voluto essere coraggioso come lui, invece nella sua vita la dote del coraggio gli mancava e lo aveva confessato in uno dei momenti più difficili, cioè quando nel 1995 venne processato per avere pagato 300 milioni ad un ufficiale della Guardia di finanza di Milano per evitare una verifica fiscale alla sua casa editrice. Il 3 marzo del 1995 quando venne interrogato dai giudici di Brescia spiegò nel dettaglio in che modo fece avere il denaro e quando il presidente gli chiese per quale motivo aveva deciso di pagare, allargò le braccia e abbassò la testa vergognandosi: «Fossi stato Tex Willer avrei avuto più coraggio. Invece non ero preparato e ho accettato di pagare». Anche il severo giudice della sezione del tribunale rimase spiazzato e bonariamente commentò: «capisco». Poi, conversando con i giornalisti in una pausa del processo aveva manifestato la sua preoccupazione per il futuro della casa editrice: «La mia ditta non sarà più uguale dopo questa vicenda, insomma non ho fatto una bella figura». Condannato in primo grado a un anno e 6 mesi di reclusione, era stato assolto in appello.