Pagato 55 milioni il nuovo “Salvatore” di Leonardo

Svelato solo ora l’acquisto, del maggio 2013. Un capolavoro scomparso fino al 2004. Le indagini

 

Leonardo da Vinci, “Salvator mundi”, realizzato probabilmente nel 1499 a Milano.

Settantacinque milioni di dollari, quasi 55 di euro. È la somma sborsata da un anonimo compratore per il Salvator Mundi di Leonardo da Vinci (1452 – 1519), attribuito all’artista italiano soltanto nel 2011, dopo un lungo restauro e controlli incrociati. La vendita privata, mediata da Sotheby’s, è avvenuta a maggio 2013, ma è rimasta segreta per le clausole di riservatezza che la caratterizzano. All’inizio di marzo 2014, però, il  ”New York Times” ha svelato l’acquisto milionario e la notizia ha fatto subito il giro del mondo. 

Il Salvator Mundi. Del dipinto, che Leonardo realizzò intorno al 1500 su una tavola di noce di 66 x 46 centimetri quando lavorava a Milano alla corte degli Sforza, si era persa traccia già nell’antichità. Se ne conoscevano studi preparatori e un’incisione di Wenceslaus Hollar, databile intorno al 1650. L’artista ceco aveva realizzato la sua copia quando il quadro era ancora di proprietà del re Carlo I d’Inghilterra. Forse la copia, o l’originale, sono il Salvator Mundi che nel XIX secolo riappare nella raccolta di un famosissimo collezionista inglese, sir Francis Cook. Ma del dipinto si perdono ancora le tracce fino a quando, nel 2004, una tavola raffigurante il Cristo benedicente con in mano un globo di cristallo è rilevata ad un’asta per una vendita immobiliare, da un consorzio di commercianti con a capo Robert Simon, proprietario dell’omonima galleria d’arte di New York.

 

L’opera in una fotografia prima dell’inizio del restauro.

I giudizi. Inviata ai curatori del Metropolitan Museum e a quelli del Museum of Fine Arts di Boston, l’opera non viene però attribuita con certezza, fino a quando il direttore della National Gallery, Nicholas Penny, non invita a fare le loro valutazioni quattro super esperti: la curatrice del dipartimento di grafica del Metropolitan, Carmen Bambach, i due studiosi milanesi Pietro Marani e Maria Teresa Florio, e Martin Kemp, noto esperto di Leonardo, dell’Università di Oxford. L’unanimità di giudizi positivi spinge a cercare ulteriori conferme in un lungo e laborioso restauro.  «Prima dell’intervento, era conciata male, coperta da pitture antiche», commentò all’epoca Marani. «La si credeva di bottega, perché erano stati aggiunti barba e baffi che modificavano il viso del Cristo rispetto all’incisione di Hollar, che era una immagine identica all’originale. Ma durante il restauro, è emersa la qualità della pittura: i colori meravigliosi, i rossi e gli azzurri del panneggio che ricordano proprio quelli dell’Ultima Cena. Inoltre, è stato fatto un confronto sui pigmenti con quelli della Vergine delle rocce  e anche questo sembrerebbe confermare che si tratta di un dipinto di Leonardo». 

 

 

La restauratrice Dianne Dwyer Modestini davanti al quadro.

Il restauro. Dianne Dwyer Modestini, la restauratrice, racconta l’emozione di veder emergere, man mano che si eliminavano i tanti strati di vernici  accumulati nei secoli sullo strato pittorico originale, i tratti caratteristici della mano di Leonardo. Due indizi, in particolare, si vanno via via trasformando in prove: un “pentimento”, cioè un’alterazione della pittura che mostra tracce di precedenti lavori, e i riccioli della capigliatura del Cristo che, dice Modestini, «erano uguali in tutto e per tutto al San Giovanni Battista del Louvre». Utilizzando la riflettologia a raggi infrarossi, la restauratrice individua diverse posizioni per il pollice della mano benedicente e per la stola indossata dal Cristo. «Non potevo crederci. Era la cosa più rara che potessi immaginare». 

 

Gli esperti esaminano da vicino il dipinto di Leonardo.

La mostra. Alla fine del lungo processo di restauro, e dopo ulteriori pareri positivi di esperti di tutto il mondo, l’opera viene esposta nella straordinaria monografica Leonardo da Vinci: pittore alla corte di Milano, a novembre 2011 alla National Gallery di Londra, entrando a far parte definitivamente della quindicina di opere attribuite con certezza alla mano di Leonardo. Al termine dell’esposizione, si è parlato con insistenza di un possibile acquisto, nel 2012, da parte del Dallas Museum of Arts, che espone anche il quadro. Operazione sfumata, pare, perché la direzione del museo non è riuscita a trovare un accordo con i proprietari del dipinto sulla cifra dell’affare. Un’occasione mancata, quindi, per poter ammirare un capolavoro di tutti i tempi al prezzo del biglietto d’ingresso di un museo americano; un capolavoro che da ora in poi, invece, sarà visibile soltanto per il fortunato neo-proprietario.

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