Mostra. Internati militari: fascisti e nazisti, poco alleati

ROMA – Fino al 6 marzo nella sede dell’ANRP (Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari) in via Labicana 15/A a Roma, è aperta al pubblico la mostra “Italia-Germania: insieme per una politica della memoria”.

L’esposizione intende contribuire a una comune memoria sulla drammatica vicenda nei lager nazisti dei 650 mila Internati Militari Italiani (IMI), che dopo l’8 settembre 1943 opposero alle richieste di collaborazione con la Wehrmact e con la Repubblica di Salò un netto “NO!”. 

Curata da Luciano Zani, la mostra raccoglie reperti originali provenienti dai campi e documenti inediti ritrovati presso l’Archivio Storico del Ministero degli Esteri, e focalizza l’attenzione che la Repubblica Sociale Italiana prestò agli internati in Germania: sia per le pressioni dei milioni di loro famigliari, sia per l’esigenza di Mussolini e del ministro della Guerra, Rodolfo Graziani, di creare un esercito repubblicano, cui le autorità del Reich erano fermamente contrarie. Il Ministero degli Affari Esteri della RSI cercò di migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei soldati prigionieri, mantenere i contatti e distribuire loro cibo e vestiario provenienti dall’Italia. Ma nel caos successivo all’armistizio fu difficile pianificare interventi e aiuti, il che agevolò i nazisti nell’utilizzare i prigionieri come forza-lavoro con la “civilizzazione” dell’agosto 1944. Le autorità tedesche fornirono vestiario solo al 10% degli internati, i pacchi restarono fermi negli uffici postali, alla frontiera o nei campi, i treni che portavano gli aiuti erano pochi e spesso non potevano passare sul territorio svizzero perché scoperti. 

I documenti esposti – giornali, testimonianze del direttore del Servizio Assistenza Internati e di funzionari del Partito Fascista Repubblicano, lettere di Filippo Anfuso, ambasciatore a Berlino, del ministro Graziani e dello stesso Mussolini – provengono da una sezione speciale (GABAILG – Gabinetto Assistenza Italiani Lavoranti in Germania) istituita a inizio 1945 per dare applicazione agli accordi italo-tedeschi di Bellagio, che avrebbero dovuto definire i termini dell’impiego degli ex Internati e dei molti connazionali che già lavoravano nelle fabbriche del Reich. In contatto con la Croce Rossa Italiana, fu attiva per meno di tre settimane durante cui il responsabile Delfino Rogeri de Villanova cercò di rimpatriare lavoratori e internati dalle zone nelle quali avanzavano gli eserciti russo e anglo-americano.

La seconda parte della Mostra documenta le condizioni di vita e di lavoro degli IMI nei Lager attraverso oggetti, scritti e testimonianze degli internati, tratti dalla Mostra permanente “Vite di IMI. Percorsi dal fronte di guerra ai lager tedeschi” dell’ANRP e consente di consultare un Albo degli IMI caduti. 

La realizzazione di questo evento è stata resa possibile tra gli altri”, ricorda il presidente dell’ANRP, Enzo Orlanducci, “dai Ministeri degli Esteri tedesco e italiano, dagli Ambasciatori della Repubblica Federale di Germania a Roma e d’Italia a Berlino, dalla Direzione dell’Unità di analisi, programmazione, statistica e documentazione storica – Archivio storico del Ministero degli Affari Esteri italiano e dal Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Berlino”.

Fino al 6 marzo, ingresso libero su prenotazione, orario lunedì-venerdì 10-16. Per informazioni: tel. 06/7004253, email [email protected]

“Italia-Germania: insieme per una politica della memoria”: i documenti del Gabailg

Dai documenti del Ministero degli Affari Esteri della Repubblica Sociale Italiana (GABAILG – Gabinetto Assistenza Italiani Lavoranti in Germania) emergono anche le divisioni interne alla RSI, tra l’ala radicale che propende per abbandonare gli IMI al loro destino, quale punizione per la mancata adesione a Salò, e quella moderata che si batte per aiutarli. Un conflitto esemplificato dalle vicende del giornale “La Voce della Patria”, chiuso per aver ospitato le denunce degli Internati e aver descritto, a firma del suo direttore Guido Tonella, le “torme cenciose e denutrite” dei militari italiani, “bastonati a sangue” in mezzo ad “insulti umilianti e immeritati”. Ma anche “Brescia Repubblicana” scrive di difficoltà insormontabili. 

Una “Riservata Personale” del direttore del SAI (Servizio Assistenza Internati) del 31 agosto 1944 recita: “Mi agita e non mi lascia dormire di notte il pensiero che ancora una volta l’assistenza a cui si intitola il mio Servizio sia soltanto una parola scritta sulla testata delle lettere, anziché una realtà fattiva ed operante”. Un delegato del Partito Fascista Repubblicano, nel settembre 1944, riferisce come la popolazione lamenti che “il Governo, dopo essersi quasi disinteressato di loro nel periodo di internamento, seguiti a fare altrettanto adesso”; “la situazione a tale riguardo permane gravissima” ammette Filippo Anfuso, ambasciatore di Mussolini a Berlino, nell’ottobre 1944. Come sintetizza la lettera di un internato esposta nella mostra: “Sei mesi dopo siamo ridotti d’un sesto del peso che possedevamo… Sei mesi dopo siamo ridotti come tanti straccioni, o peggio come tanti Arlecchini”.

Esposta anche una lettera del 12 gennaio 1945 in cui Mussolini lamenta l’inaffidabilità tedesca: “Nel luglio del 1944, fui pregato di andare a Monza, per parlare ad alcune centinaia di soldati italiani in partenza per la Germania. La cosa si svolse benissimo, fra un sincero entusiasmo. Io dissi loro che andavano in Germania per un periodo di istruzione e che, come era accaduto per la Monterosa, sarebbero ritornati in Italia. Uguali discorsi tennero a Bassano e Mestre i sottoministri Barracu e Basile. Ora le promesse non sono state mantenute affatto. Gli uomini sono stati dispersi in tutte le direzioni, al lavoro, senza il minimo impiego o addestramento militare. Tutto ciò è deplorevole e deleterio. Quegli uomini sono stati ingannati e avrebbero e hanno ragione di giudicarci molto severamente. Vi prego di farli rintracciare e entweder = oder o tornano in Italia o restano in Germania come soldati, perché io, non intendo di turlupinare alcuno”. 

La Mostra evidenzia documenti grotteschi, come un autografo di Mussolini a Himmler del 14 agosto 1944: “selezionare nella massa degli ex internati quelli che hanno una statura minima di metri 1,75 e furono bersaglieri o CC.N..;  addestrarli per almeno sei mesi in Germania; farli combattere per almeno altri sei mesi in unità tedesche, dopo di che rientrerebbero in Italia come unità italiana”.

In un colloquio del 29 marzo 1945, Anfuso recrimina per “l’errore commesso nella politica germanica verso gli internati dai quali si sarebbero potuti ricavare almeno 200.000 soldati”. Un rapporto del gennaio 1945 prende atto della resistenza degli IMI: “Sono già stati individuati 1.490 militari italiani presso la 100^ Jager Divisione dislocata in Slovacchia. Il Capo Nucleo ha visitato tali militari ed ha constatato che molti di essi, ottimi soldati fino alla data della trasformazione degli internati a lavoratori liberi, pretendono di essere considerati civili […] Purtroppo molti nostri connazionali preferiscono fare i servi piuttosto che i soldati; è triste ma è la verità!”.

Graziani certifica il fallimento della RSI in una riunione del 20 gennaio 1945 tra i vertici italiani e tedeschi: le quattro divisioni rientrate dalla Germania “sono organismi inerti e passivi” e “non hanno mezzi per muoversi”, perché “la parola d’ordine tedesca è che gli italiani non possono e non debbono essere utilizzati come soldati ma solo come lavoratori”. 

IMI – Internati Militari Italiani: oltre 650.000 “NO!”

Seconda Guerra Mondiale. L’8 settembre 1943 l’annuncio dell’Armistizio lascia senza istruzioni i militari italiani che dal 10 giugno 1940 combattono al fianco dei tedeschi sui fronti di guerra in Francia meridionale, Grecia, Russia, Balcani, ma anche in Italia. I soldati del Regio esercito si ritrovano allo sbando, oltre un milione vengono disarmati dai tedeschi, più di 800.000 sono fatti prigionieri e sottoposti a pressanti richieste di collaborazione, prima con la Wehrmact poi con la Repubblica di Salò. La maggior parte di loro, oltre 650.000, oppone un “NO!” netto in seguito al quale vengono avviati verso i lager del Terzo Reich dove, pur essendo prigionieri di guerra, acquisiscono lo status di IMI- Internati Militari Italiani, voluto da Hitler e Mussolini per eludere la tutela delle convenzioni internazionali e giustificare il fatto che gli italiani fossero prigionieri dell’alleato tedesco. 

L’obiettivo dei nazisti è il loro sfruttamento come forza lavoro. Nei lager gli IMI conducono una vita durissima a causa della fame, del freddo, del lavoro coatto, delle pessime condizioni igieniche, della mancanza di aiuti e di assistenza sanitaria. La liberazione da Polonia e Germania, ma anche da Francia, Balcani e, con molto ritardo, dalla Russia avviene tra gennaio e autunno 1945, con scarsi solleciti delle nostre autorità. A Pescantina, nel veronese, è istituito un centro di smistamento e accoglienza dove i prigionieri, sottoposti a interrogatorio, devono firmare un’umiliante “Dichiarazione sulla posizione personale”. Nell’Italia del dopoguerra sono accolti con imbarazzo, indifferenza e diffidenza, se non con ostilità, gli ex IMI dal canto loro rispondono spesso con il silenzio e la rimozione, la loro tragica vicenda è dimenticata. Solo nel 2006 la Repubblica italiana ha concesso la Medaglia d’Onore ai militari e civili deportati e internati nei lager nazisti o ai loro eredi.

Di quegli oltre 650mila militari italiani, circa 50mila hanno perso la vita in prigionia per malattie e stenti o assassinati. 

La mostra ANRP “Vite di IMI”

L’Associazione Nazionale Reduci dalla Prigionia, dall’Internamento, dalla Guerra di Liberazione e loro familiari, Ente Morale, svolge attività per recuperare la verità storica e custodire il patrimonio morale dei reduci. Nel 2009 i Governi italiano e tedesco, al fine di perseguire una comune cultura “del passato di guerra italo-tedesco e in particolare del destino degli IMI”, hanno creato una Commissione congiunta di storici che ha istituito un luogo della memoria per gli IMI in gemellaggio nelle due capitali. A Roma la struttura ha sede in un’area del Ministero della Difesa in cui l’ANRP, con il contributo del Fondo italo-tedesco per il futuro, ha inaugurato nel 2015 la Mostra “Vite di IMI. Percorsi dal fronte di guerra ai lager tedeschi 1943- 1945”. 

La mostra raccoglie materiale originale che evoca la vita dei lager (lettere, fotografie, disegni, libretti di lavoro, oggetti di uso comune) e la narrazione segue linee cronologico-tematiche: l’8 settembre, la cattura, il campo, il lavoro, la liberazione, l’oblio. L’allestimento è costituito da moduli strutturali in metallo, con elementi ruvidi e grezzi che si sposano a tecnologie digitali (installazioni multimediali, proiezioni, touch screen, illuminazione a LED). L’ingresso in via Labicana dà accesso a sei sale espositive, cui si aggiungono la sala conferenze e il “cortile della memoria”. Un polo culturale e uno spazio-laboratorio aperto in particolare a giovani e operatori della scuola per visite guidate, seminari, attività di ricerca, esposizioni. 

ASSOCIAZIONE NAZIONALE REDUCI DALLA PRIGIONIA 

DALL’ INTERNAMENTO,  DALLA GUERRA DI LIBERAZIONE E LORO FAMILIARI

Ente Morale D.P.R. 30/05/1949 (G.U. 09/08/1949 n.181) – Ente con Finalità Assistenziali D.M. 10/09/1962 – ONLUS

00184 Roma – Via Labicana, 15/a  – Tel. 06/7004253 – Fax 06/77255542 – e-mail [email protected]

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