Teatro. “Stellarum opifice”: Valeria Moretti mette in scena la figlia di Galileo Galilei. Recensione

ROMA – E’ in libreria, per la Mongolfiera editore, in lingua italiana, francese e tedesca, il nuovo testo teatrale della scrittrice e drammaturga Valeria Moretti:“Stellarum opifice, Celeste e altre figlie”.

Libro che ha il pregio di far parlare una voce della quale si  conosce poco: Celeste,  figlia di Galileo Galilei. Valeria Moretti si è  liberamente ispirata alle lettere di quest’ultima al padre per stilare un testo che fa rivivere  la relazione con l’illustre genitore. Intimità nella quale ci si può identificare, visto che dal padre discende il rapporto di ciascuna donna con altri uomini. Il testo è sorprendentemente attuale,  anche se suor Celeste si esprime come voleva l’epoca.

“La figlia di Galileo, Virginia – racconta Valeria Moretti – venne alla luce al fiore di un nuovo secolo: il 1600. Nacque dalla relazione illegittima dello scienziato con Marina Gamba di Venezia. Poco dopo il suo tredicesimo anno entrò nel convento di San Matteo in Arcetri prendendo il nome di Suor Maria Celeste”.Galileo faceva esperimenti di fisica, scopriva i misteri dell’astronomia e trovava  il tempo di riparare gli sportelli per la cella della figlia o spedirle fogli di musica. Lui, con l’invio a Celeste dei saggi che pubblicava, le apriva le porte dei massimi sistemi,  lei gli rivelava il convento di clausura.  Valeria Moretti disegnando il rapporto tra i due, fa di Celeste un ritratto chiaro, intimo, scandito dalla spiritualità e forte, capace di sorreggere i tormenti del fondatore della scienza moderna.

L’autrice visita le sofferenze dettate dal processo che Galileo subì per eresia, l’amorevole preoccupazione di sua figlia. La povertà di Celeste, che non possedeva neppure una cella per suo conto. La differenza di condizione interiore tra i due nelle parole: “Oh padre… Dio artefice e moderatore delle stelle! I vostri occhi sempre in su. I miei in giù”.  Celeste che prepara due vasetti di lattovari, come antidoto alla peste. Che chiede a Galileo: “ chi sarà colui che possa inventare un occhiale per distinguere i pazzi dai sani, gli stupidi dagli ingegnosi, il buono dal cattivo consiglio?”. Celeste che racconta i suoi sogni. Che inizia a scrivere a suo padre una lettera gravosa: “Ho scoperto esser io nata il giorno in cui fu arso Giordano Bruno. Non vorrei, padre mio, che fuste arso anche voi. V.S. ha reso con i suoi travagliati studi assai più vasto il firmamento. Gli homini no, ma forse Iddio sarà lieto di tanta infinita infinità. Il sommo Iddio mirabilmente si scorge in tutte le sue fatture e divinamente si legge nell’aperto libro del cielo”. Lettera comprensibilmente combattuta, che Celeste straccia.

“Stellarum opifice” è una partitura delicata per organo, con impennate liriche, densa degli umori del tempo e attuale, è canone a due voci tra una figlia e un padre non comune, del quale la figlia   regge la statura storica con la forza dell’amore.

Valeria Moretti vive e lavora a Roma. Ha  pubblicato per La Mongolfiera “Protagoniste” (1998), “Chez Serafini’ (2001) e “Stella-rum Opifice” (2012). Tra gli altri suoi libri ricordiamo “Il pennello lacrimato” (Il Lavoro editoriale 1990), “Scarpette da ballo” (Mondadori 2004), “I bottoni di Bettina” (Edizioni Corsare 2008).  I suoi testi teatrali sono rappresentati in Italia e all’estero. Il teatro di Valeria Moretti indaga  figure femminili dell’arte e della letteratura: da Artemisia Gentileschi a Frida Kahlo, da Marina Cvetaeva a Colette, dalle sorelle Bronte a Dorothy Parker passando per le estasi delle Mistiche, le voluttà della relazione tra Vita Sackville-West e Virginia Woolf e le scorribande di Alice nel Paese delle meraviglie in compagnia del reverendo Carroll.

Scheda del libro

Stellarum Opifice, Celeste e altre figlie
Di Valeria Moretti
Editore La Mongolfiera
Anno 2012
Euro 10

Condividi sui social

Articoli correlati