ROMA – Andrà in scena dal 29 al 31 maggio, alle ore 21, presso il teatro Sala Uno in piazza di Porta San Giovanni 10 a Roma, “Amleto si mette in affari” un pezzo di Luciana Lusso.
Lo spettacolo vede in scena la compagnia di teatro integrato “Superdiverso”, composta da attori e danzatori con e senza disabilità. La compagnia è nata nell’ambito del progetto “Superdiverso” sostenuto dall’Assessorato Promozione dei servizi sociali e della salute – Roma Capitale.
Il presidente d’una potente multinazionale viene eliminato, e il suo assassino ne prende il posto e ne sposa la vedova. Ma il figlio del defunto detiene la maggioranza delle azioni e non è disposto a cedere il passo; inizia una mortale lotta per il potere.
In questa storia il genio di Shakespeare viene attualizzato e la tragedia di Amleto appare così moderna che si potrebbe definire dramma allo stato puro, senza tempo.
Poche, essenziali parole, che galleggiano tra sguardi, silenzi, movimenti tanto più importanti quanto meno sottolineati dalla recitazione. In questa tragedia moderna la “diversità” degli attori aiuta la fusione tra la dimensione drammatica e quella del teatro dell’assurdo, i brevi momenti di malinconia drammatica e il sarcasmo impassibile.
Questa lettura di Amleto riflette il momento politico-sociale moderno: Polonio è raziocinante e gelido calcolatore arrivista, mentre il principe di Danimarca è un giovane non certo dubbioso o disgustato dal potere, ma viziato, ambizioso, crudele, vorace come tutti i membri della sua classe sociale. I tratti di Amleto si confondono con quelli di Macbeth, la “lotta per la successione” nella società per azioni riguarda la conquista del potere economico ed è l’equivalente del conflitto dinastico; l’avidità governa le scelte di un mondo che sprofonda nelle “gelide acque del calcolo egoista”. Nella storia i protagonisti fanno parte (unica eccezione l’autista e la cameriera, controcanto umano a un universo di mostri) dell’alta borghesia, industriale e supremamente ricca.
“Ci ha colpito e affascinato Kaurismaki – raccontata la regista Luciana Lusso – che, ricusando ogni facile esteriorità confida in una lettura che non si sofferma sulle superfici appariscenti, ma indaga nelle pieghe nascoste del reale, quelle che non possono essere dette; così ci mostra il tragico e l’assurdo dell’esistenza, il valore morale d’un gesto, l’inumanità d’un sistema sociale che eleva l’avidità a valore prioritario, il peso d’un silenzio, tutta la materialità e la fatica del lavoro”.
L’ingresso è libero fino a esaurimento posti. Gradita la prenotazione.
L’arte è il tentativo dell’artista di rendere universale la propria visione del mondo.L’Arte è rivelazione e la sua espressione non dipende certo dal sesso,dal colore della pelle, dalla conformazione fisica,dalla presenza o assenza di DISABILITA’.A Roma ci sono centinaia di scuole, corsi,seminari di Danza,Teatro, Mimo.Molti normodotati li frequentano “perché fa fa bene alla salute”alcuni “per conoscere gente nuova”,almeno la metà perché ha la speranza di lavorare o già lavora nel mondo dello spettacolo.
I disabili no.Di solito vengono spinti a studiare le arti dello spettacolo per fini esclusivamente terapeutici o di sostegno psicologico.Il disabile non studia danza,ma “Danceability”, non fa teatro, ma “teatro Integrato Noi per primi usiamo questi termini per pubblicizzare le nostre attività. Lo facciamo per motivi di comprensione, ma ci rendiamo conto che così facendo, pur in completa buonafede, si scava un solco profondo tra il mondo dei normali e quello dei diversi. Il pubblico di uno spettacolo etichettato come “integrato” o “con la partecipazione di portatori di Handicap” ha l’idea di trovarsi alle prese con un prodotto di serie “B”. E’ per questo che il ragazzo disabile, caduto rovinosamente,per sbaglio,sul palcoscenico,viene applaudito più della danzatrice normodotata alle prese con una difficilissima coreografia. Il pubblico di uno spettacolo integrato,più che la bravura o le capacità espressive,applaude ( non sempre ,ma spesso)perché prova pietà!