Maremetraggio. Nove opere prime italiane e invisibili in concorso

TRIESTE – Il cinema italiano “invisibile” in nove lungometraggi, che esplorano da nord a sud gioie e dolori di un Paese in crisi e dimostrano la vitalità della settima arte in Italia. Sette i premi in palio per questa sezione, tra cui un premio coraggio a un produttore e un premio scommessa a un esordiente.

Usciti in pochissime sale in tutt’Italia o addirittura ancora alla ricerca di una distribuzione, “invisibili” al pubblico eppure uniche nel loro genere: le opere prime italiane in concorso per l’edizione 2012 di Maremetraggio, in programma dal 1 al 7 luglio a Trieste, dimostrano la vitalità del nuovo e sconosciuto cinema dello Stivale, esplorandone da nord a sud, attraverso la lente della fiction, caratteristiche peculiari, punti di forza e debolezze, piccole manie e grandi tare.

Saranno nove i lavori in concorso quest’anno per la sezione Ippocampo, riservata alle opere prime italiane: il più invisibile è senz’altro “Ristabbanna”, di Gianni Cardillo e Daniele De Plano, particolarissima opera di metacinema ancora priva di distribuzione, che racconta, attraverso l’artificio tecnico di un bambino che riprende con la telecamera quanto succede, la storia di una ragazza siciliana (Tiziana Lodato), che ritorna per il funerale del nonno dagli Stati Uniti, dove dice di essere un’attrice in carriera, al paese natale. Scoprirà che quanto lasciato indietro, a “Ristabbanna” (da queste parti, proprio qui), non è poi tutto negativo, passando da un iniziale disprezzo per la vita di paese e i suoi concittadini a un riavvicinamento alle sue origini.

Sempre ambientato nell’Italia Meridionale, in Puglia, e visto poco nelle sale italiane, è il toccante esordio di Pippo Mezzapesa nel lungometraggio, con “Il paese delle spose infelici” (con Aylin Prandi, Rolando Ravello, Valentina Carnelutti), storia di una giovane sposa che medita il suicidio e di due ragazzini che tentano di scoprire quale sia la sua infelicità e di porvi rimedio. Tratto dall’omonimo romanzo di Mario Desiati, il film coglie dal libro, oltre all’anima narrativa, atmosfere e sensazioni, dall’ “affascino”, termine che in dialetto tarantino indica una maledizione, un incantesimo, all’immagine della Puglia come luogo della memoria, spazio ideale per un racconto di formazione.

Come “Il paese delle spose infelici”, quest’anno ben altri tre lungometraggi su nove in concorso sono tratti da libri, romanzi o racconti, a dimostrazione che alla base del cinema di qualità c’è una letteratura italiana di qualità.

E’ tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Bonini il lungometraggio d’esordio di Stefano Sollima, Acab (con Pierfrancesco Favino, Filippo Nigro, Marco Giallini, Andrea Sartoretti), acronimo di “All cops are bastards”, che racconta con toni cupi avventure e disavventure di un reparto della celere, la violenza legalizzata contro la violenza ultrà, contaminando cinema di genere e cronaca.

E’ tratto da un racconto, di Pietro Grossi, anche “Cavalli”, opera prima di Michele Rho, con Michele Alhaique, Vinicio Marchioni e Giulia Michelini, storia, ambientata  in un paesino degli Appennini, di due fratelli diversi e legatissimi, che alla morte della madre ricevono in dono dal padre due bellissimi puledri non ancora domati.

Altro film tratto da un romanzo, in questo caso scritto dallo stesso regista, è l’esordio dietro la macchina da presa di Ivan Cotroneo, “La kriptonite nella borsa”, con Valeria Golino, Cristiana Capotondi, Luca Zingaretti e Libero De Rienzo. Ambientato a Napoli, racconta la storia di una famiglia affollata e piuttosto scombinata, vista con gli occhi del componente più piccolo, Peppino Sansone. Peppino ha un cugino più grande, Gennaro, che si crede Superman. Quando Gennaro muore, riportarlo in vita con la fantasia sarà per Peppino l’unico modo per affrontare con serenità e disincanto le vicissitudini della sua famiglia e accostarsi al mondo degli adulti.

Sempre ambientato in Campania, ma stavolta a Castel Volturno, è il film rivelazione della 68° Mostra del Cinema di Venezia: “Là-bas”, opera prima di Guido Lombardi, con Kader Alassane, Moussa Mone, Esther Elisha. Lungometraggio coraggioso e splendidamente diretto, “Là-bas” racconta dal punto di vista degli immigrati africani in Italia la realtà della “più africana tra le città europee”. Yussouf, un giovane immigrato, è combattuto tra la dura realtà dei suoi connazionali onesti, ridotti a vendere fazzolettini di carta ai semafori, e tra la ricca vita dello zio e di chi come lui ha scelto la carriera criminale.

Si sale da sud verso il centro del nostro Paese con “Qualche nuvola”, divertente commedia di Saverio di Biagio, nei cinema italiani dal 27 giugno, con Michele Alhaique, Greta Scarano, Aylin Prandi, Michele Riondino e Giorgio Colangeli. In una borgata romana vive Diego, giovane coscienzioso che dopo 10 anni sta per convolare a nozze con la fidanzata di sempre, Cinzia. Per guadagnare qualche euro in più Diego accetta un lavoro extra da svolgere a casa di della bella e giovane nipote del capo. E’ lei lo spunto per una sua lacerante, pur se divertentissima, riflessione sull’eterno dilemma pre-matrimoniale: vale davvero la pena sposarsi?

Dal Lazio ci si sposta in Toscana e poi nell’estremo nord d’Italia e oltre con l’ottava opera prima in gara, “I primi della lista”, dell’italo americano Roan Johnson, con Claudio Santamaria, Fabrizio Brandi e Francesco Turbanti, commedia on the road ispirata a un episodio realmente accaduto in un periodo caldo della nostra storia recente. Nel 1970, a Pisa, due studenti, invece di prepararsi per l’esame di maturità, fortemente condizionati dal più grande Pino Masi, cantautore ben inserito negli ambienti della contestazione, si fanno da lui convincere a intraprendere un lungo viaggio per scappare dall’Italia, dove pare sia imminente un colpo di stato militare. Per non essere “i primi della lista”, i primi prigionieri politici del nuovo regime, fuggono oltreconfine, affrontando varie peripezie.

E va oltreconfine anche l’ultima opera prima in concorso a Maremetraggio 2012: “Missione di pace”, di Francesco Lagi, con Silvio Orlando, Alba Rohrwacher, Francesco Brandi, Filippo Timi e Bugo, nei panni di attore e autore della colonna sonora del film. Opera profondamente pacifista, l’esordio di Lagi nel lungometraggio dissacra ironicamente una missione del nostro esercito nei Balcani. Al capitano Vinciguerra viene assegnato il compito di stanare e catturare un criminale di guerra nel territorio ancora caldo della ex Jugoslavia, ma a raggiungerlo per cause fortuite nel corso della sua missione sarà il figlio Giacomo, infervorato pacifista. L’incontro-scontro tra padre e figlio risulterà in una liberatoria presa in giro delle ideologie dure e pure, in sintonia con il pensiero di Giorgio Gaber, riportato in coda al film: “l’uomo è quasi sempre meglio dell’ideologia che sostiene”.

I 9 lavori in gara si disputeranno ben 8 premi: il premio alla migliore opera prima, il premio al miglior attore e attrice, il premio coraggio al produttore che più ha saputo “osare”, il premio della critica alla migliore opera prima, quello del pubblico.
 
Per il quarto anno consecutivo continuerà inoltre la collaborazione con Officine Artistiche, che anche in questa edizione del festival premierà il migliore esordiente con il premio scommessa: un riconoscimento davvero speciale che permetterà al vincitore di accedere direttamente a Officine Lab, il “nido” di Officine Artistiche che ogni anno seleziona dieci tra gli attori più promettenti del panorama italiano e, per un biennio, li aiuta a muovere i primi passi nel mercato cinematografico, mettendoli in contatto con casting directors e addetti del settore. 

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