Teatro Sala Umberto. Oblivion Show 2.0. Il Sussidiario. Recensione.Trailer

ROMA – Iniziamo col dire che gli Oblivion sanno come si fa il teatro. Diciamo anche che Gioele Dix sa come confezionare uno spettacolo comico scorrevole e omogeneo.

Diciamo che per questo splendido quintetto il banco di prova di Zelig è stato forse la scuola migliore per farsi conoscere e valutare l’impatto delle battute sul grande pubblico. Sembrerebbe uno spettacolo perfetto, questo Sussidiario. Cos’è allora che non convince del tutto?
Innanzi tutto, per quanto lo spettacolo sia omogeneo e scorrevole, non è coerente. Gli sketch si susseguono l’uno all’altro senza a filo logico. Ma trattandosi di una sorta di best of, questo non è poi così importante. Il problema più grande, se di problema si può parlare, è forse nella scelta dei contenuti. Gioele Dix dice degli Oblivion che la loro comicità “non è mai volgare”. Non si direbbe. Perché se è vero che quella di Zelig, come si è detto, è stata una palestra efficace per valutare i gusti del grande pubblico, è anche vero che il grande pubblico spesso non va in cerca di raffinatezze. Capita così che degli sketch deliziosi – e tecnicamente molto complessi,  va sottolineato – come quelli del mimo di due pezzi “storici” della canzone italiana o dei “mix” musicali (provateci voi a reinterpretare Bohemian Rhapsody usando le parole di Morandi!)siano affiancati da trivialità gratuite che, naturalmente, suscitano la più larga approvazione. Le battute più apprezzate diventano così quelle a doppio senso – quando non a senso unico – e i personaggi più amati diventano le caricature dei gay,che incarnano generalmente lo stereotipo della “checca isterica” con boa di struzzo e borsetta con paillettes. Ed è un peccato, perché pezzi di pura satira, come il risultato dello strano mix tra Zucchero e Ratzinger o dei capolavori di tecnica come il duetto vocalist – consonant passano rapidamente in secondo piano di fronte al rumore dello sciacquone della battaglia di Waterloo o alle “manovre di sfondamento” della guerra di Troia (che preferiamo  lasciare all’immaginazione del lettore).

Fin qui nulla di male: il teatro comico è anche questo, e la risata “intellettuale” alla lunga stanca. Lo sanno bene gli Oblivion, che nella loro parodia dei radical chic vestiti come Maurizio Malgioglio ricordano come sia prassi comune tra gli uomini di sinistra “dare un bacio alla moglie e poi andare coi trans”. Perché la parodia può dire ciò che vuole, ma deve rispettare le ferree regole della par condicio: se si prendono in giro le Olgettine, non può mancare la critica al PD, come nella migliore tradizione del Bagaglino. E bisogna essere politically correct, soprattutto: ridere degli anni ’20, sì, ma non troppo. La strofa finale deve ricordare comunque i massacri dei campi di concentramento, e poco importa se il tutto risulta un tantino forzato.
Il gruppo che si fece conoscere con la geniale rilettura dei Promessi sposi in 10 minuti, ha fatto certamente un grande salto, ma se questo sia di qualità, è ancora da stabilire. L’impressione è che la materia prima ci sia (gli Oblivion hanno una perfetta padronanza dei tempi comici, conoscono la musica, sanno recitare e possono fare pressoché qualsiasi cosa con la voce, giocandoci nei modi più impensati), ma che il tipo di comicità che propongono oggi abbia risentito pericolosamente dei passaggi in televisione, cercando la risata “facile”, a volte troppo. E dispiace, perché chicche come l’Infinito di Leopardi trasformato nel trailer di un film horror o il lucchetto che segna l’unione di Paolo e Francesca sotto il segno di Moccia, sono la riprova che il genio c’è. Ma anche che lo showbiz, spesso, preferisce farne a meno.
OBLIVION SHOW 2.0: IL SUSSIDIARIO
di Davide Calabrese e Lorenzo Scuda
con Graziana Borciani_Davide Calabrese_Francesca Folloni Lorenzo Scuda_ Fabio Vagnarelli
regia di GIOELE DIX
musiche di Lorenzo Scuda

Roma – Teatro Sala Umberto – fino al 4 novembre 2012

Oblivion show 2.0: il sussidiario – trailer

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