ROMA – Che direbbero i giornalisti se un regista fosse nominato alla direzione di un TG? Che direbbero gli azionisti di una società telefonica se uno sceneggiatore divenisse amministratore delegato?
Ancora una volta dobbiamo constatare che i profili dei nuovi amministratori di Rai Cinema non corrispondono sulla carta ai bisogni di una moderna e innovativa industria di contenuti. Le competenze sul cinema non si inventano in un giorno, e l’Italia possiede profili professionali tali da poter rivestire con cognizione di causa e orgoglio questi delicati gangli dell’industria culturale, che bisogna conoscere e saper gestire.
Gli autori stanno dimostrando di saper guidare, per esempio, la più importante scuola di cinema; sta invece a chi ha nominato il nuovo CdA di Rai Cinema dimostrare la competenza l’autorevolezza, l’inventiva necessarie del nuovo CdA, in un momento di rivoluzione di produzione e distribuzione di cinema, per di più realizzata con soldi pubblici.
Ma ci chiediamo: ha ancora senso un CdA di Rai Cinema? Quale ruolo ha? Che politiche di innovazione del prodotto, di analisi di mercato ha espresso fino ad oggi? Sulla gestione corrente abbiamo trovato una solida e competente interlocuzione, consapevole del ruolo del servizio pubblico nella produzione di cinema e documentari.
Sulle scelte strategiche, di competenza del CdA, il confronto non c’è mai stato. Vorremmo che l’appuntamento di luglio con i nuovi obblighi di investimento sanciti per decreto trovi un’interlocuzione consapevole, in grado di assumere decisioni innovative.100Autori ha idee e programmi per uscire dalla crisi.
Rai e Rai Cinema vorranno un confronto? Cambiare si può, nel Paese come in RAI.