“Il Padre e lo Straniero”. Una prova mancata per Ricky Tognazzi. La recensione

ROMA – In uscita l’ultimo film di Ricky Tognazzi “Il Padre e lo Straniero”, presentato alla 5° Edizione del Festival Internazionale del Film di Roma (novembre 2010).

Un film sospeso tra Oriente e Occidente, con due culture diversissime che si attraggono e si respingono. L’assunto del film è intrigante, i risultati non ne assecondano le aspettative.
Siamo a Roma, qui è ambientato “Il Padre e lo Straniero” di Ricky Tognazzi (lontano dalla macchina da presa da ben sette anni, con prove iniziali incoraggianti quali “Ultrà” e “La Scorta” poi contraddette da un poco amato “Canone Inverso”) che ha raccolto riscontri contrastanti alla recente kermesse romana. Il film è tratto dal libro omonimo di Giancarlo  De Cataldo.  
Diego (Alessandro Gassman) è un padre stanco e nervoso che segue il figlio handicappato; ad un centro di riabilitazione conosce Walid (Amr Waked), anch’egli padre di un figlio disabile, uomo d’affari siriano, stranamente sereno seppur nell’angoscia del  dramma filiale e molto ricco e affermato.

Da questo incontro fortuito nasce un’insolita amicizia che porterà entrambi a farsi l’uno spalla dell’altro, come dicono ad un certo punto: in queste situazioni difficili e dolorose “un padre non basta”.
Le premesse ci sarebbero tutte per la realizzazione di un prodotto di qualità, ma il film non decolla. Il personaggio di Alessandro Gassman si perde nella  macchietta, troppe sigarette fumate nervosamente, troppi tic, troppe scene sopra le righe, anche la povera moglie di Diego viene risucchiata in questo vortice, l’affascinante Ksenia Rappoport, che sembra recitare a fatica, priva di naturalezza, vagamente scocciata. Anche la bravura indiscussa del fascinoso personaggio siriano interpretato da Amr Walid perde via via di consistenza e validità esibendo una filosofia di vita e una saggezza morale dai contorni esotici che si perde nel luogo comune e nell’agiografia. A nulla valgono gli ambienti magici mediorientali  a risollevare l’atmosfera, che rimane da cartolina.
Anche la sceneggiatura risente di un taglio dato al film dicotomico, due film in uno, un primo tempo tutto centrato sulla commedia sentimentale che tratteggia i caratteri dei personaggi e le atmosfere; un secondo tempo che vira maldestramente verso l’action movie di stampo narco-terroristico. Un pasticcio.

Forse il problema sta proprio nella molteplicità dei temi che il regista voleva trattare: il dramma familiare, la disabilità, la diversità, il confronto fra culture; un intreccio non ben dosato che restituisce un film irrisolto. Insomma una prova mancata per Ricky Tognazzi dotato comunque di grande talento personale che sicuramente gli permetterà di rifarsi con le prossime prove.

Trailer



Trailer fornito da Filmtrailer.com

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