ROMA – La fine del 1775 fu freddissima. La neve aveva coperto di un bianco folgorante Versailles e Parigi. Luigi e Maria Antonietta trascorrevano molto tempo davanti al camino, lui leggendo dossier, lei con la principessa di Lamballe a far piani per rendere interessante la vita.
Con un clima come questo da noi si andava in slitta – raccontava la regina all’amica.
In slitta? – sgranava gli occhi, la Lamballe – cosa sarebbe?
Non la conoscete? Deve essercene qualcun’anche in Francia…
Vecchie slitte, usate dal padre di Luigi XVI, antiquate, ma in buono stato, furono trovate nelle scuderie e allineate all’aperto.
Dobbiamo costruirne di più moderne! – esclamò sua maestà vedendole.
In pochi giorni i principi del sangue e i signori della corte ne ebbero una ciascuno, finché un mattino, trainate da cavalli con pennacchi bianchi e tintinnanti sonagliere, le slitte furono lanciate nel parco tra le risa dei passeggeri.
Fantastico! – gridava Maria Teresa di Lamballe
Sono contenta che vi piaccia… – la regina le strinse la mano.
Qualche giorno dopo fu deciso di estendere le corse sino a Champs Elysées e la Lamballe acconsentì, rilevando:
State lanciando una moda nordica.
Partirono festanti.
La Parigi che si scaldava a fatica nei tuguri, vide sfilare lungo i boulevard signore in maschera sopra carrozze mai viste. Caroline Chevrier risalendo i giardini delle Tuileries con i piedi avvolti in calzature di stracci si fermò stupita e Marianne, la bambina avuta da un rapporto mercenario dopo la morte del marito, la scrollò:
– Che cosa sono?
– Carrozze…
– Che carrozze?
– Una schifezza austriaca…
– Schifezza austriaca! – gridò la piccola al passaggio di una slitta.
Sua madre le mollò un ceffone:
– Vuoi farci finire alla Bastiglia?
Marianne non capì, scoppiò in un pianto disperato.
Caroline prese in braccio l’unica sua creatura, giacché gli altri li aveva falcidiati la tubercolosi. Mentre si allontanava affondando nella neve disse:
Marianne non parlare mai ad alta voce se passa la regina…
***
Il periodo che seguì fu spensierato. Maria Teresa di Lamballe, divenuta sovrintendente della casa, organizzò numerosi balli ai quali Maria Antonietta prese parte con gioia. Il potere conferitole da sua maestà le aveva dato alla testa, litigava a sproposito con le dame d’onore e di compagnia per mantenere il controllo su tutto, coinvolgendo Antonietta sempre più stanca di lei e dei suoi battibecchi. Tempo prima però la regina, durante un ricevimento, aveva avuto un incontro destinato a cambiarle la vita.
Nel salone degli Specchi, alla fine di una quadriglia, la contessa di Artois si era avvicinata:
Maestà… conoscete la mia dama d’onore, Diane de Polignac?
La regina aveva assentito.
Permettete di presentarvi sua cognata che si trova a corte per la prima volta…
Una giovane bella, forse la più bella in quel momento, arrossì e s’inchinò:
Yolande de Polignac… se preferite Jules vostra umile servitrice…
Maria Antonietta notò la freschezza dell’ovale incorniciato dai capelli castani, la fronte alta sopra uno sguardo azzurro, il collo lungo, tornito, l’abito semplice, quasi dimesso. Provò un moto di simpatia e s’incuriosì.
Si appartò con lei:
– Come avete detto di chiamarvi?
Yolande de Polastron, contessa di Polignac.
Come mai non vi ho visto prima?
Abitualmente vivo a Claye, nelle mie terre…
E qui non siete mai venuta?
L’esser priva di mezzi mi ha impedito di prender parte anche alle vostre nozze… – arrossì violentemente.
La regina fu affascinata da quell’aura di dignitosa sventura:
Oh non dovete preoccuparvi! Se non conoscete il piacere delle feste, rimedieremo subito…
***
I Polignac erano una famiglia decaduta: un secolo prima avevano posseduto terreni molto vasti nel Velay ma a causa della passione per il gioco e per il lusso sfrenato, nell’arco di poche generazioni, si erano mangiati tutto. Il conte Polignac ora viveva nelle terre di Claye con 8000 luigi di rendita insieme alla moglie Yolande. Grazie all’ammissione a palazzo della sorella Diane, come dama di compagnia della contessa di Artois, il loro tenore migliorò e presero a frequentare la corte. Quando Maria Antonietta conobbe Yolande, provò per lei un trasporto simile a un innamoramento adolescenziale, ne ammirava la bellezza, la modestia, la mancanza di opportunismo. Le sue relazioni extra coniugali stuzzicavano la regina: Yolande era amante del conte di Vaudreuil e per una come Antonietta, nel fiore degli anni, frustrata da un consorte inadatto e impotente, da una vita in fondo ripetitiva e noiosa, la giovane era una ventata d’avventura e d’invidiabile trasgressione.
Durante un soggiorno a Fontainebleu, con grande dispiacere della principessa di Lamballe, la regina e Yolande si appartarono spesso, alternando al gioco d’azzardo conversazioni molto confidenziali.
Volete dire che invitate il conte di Vaudreuil a casa vostra? – chiedeva stupita sua maestà.
E’ così…
Davvero? E’ vostro marito?
E’ tanto comprensivo, un marito perfetto…
Maria Antonietta ammirata e sorniona:
Credete che sappia?
Sì, ma non lo darà mai a vedere.
Dio mio! Una relazione pericolosa…
Quando la vacanza finì Yolande de Polignac prese commiato sottolineando con parole opportune lacrime sincere:
La mia limitata disponibilità finanziaria non mi permette di restare oltre…. Ancora non ci vogliamo così bene da soffrire per la lontananza, ma sta per succedere…. Permettetemi di evitare che accada, lasciatemi partire prima che sia tardi…
Oh Yolande! – la regina le buttò le braccia al collo e pianse – già adesso mi sento male al solo pensiero di non vedervi. Restate vi prego…
Si baciarono sulle guance, sulle mani, sul capo.
Il conte di Artois, fratello di Luigi XVI, che le aveva spiate da una porta socchiusa, scoppiò a ridere e insinuò maliziosamente:
Non fate complimenti mesdames!
La giovane donna cedette alle suppliche disperate della regina e diversi giorni dopo, lei e il marito, si trasferirono in un appartamento di Versailles.
L’appassionata amicizia di Antonietta per Yolande de Polignac detta “Jules”, suscitò a corte commenti malevoli e invidia per i favori di cui avrebbero beneficiato la favorita e la sua famiglia. La calunnia attecchì, tanto che un giorno sua maestà arrivò a sfogarsi con la madre:
15 dicembre 1775
Madame mia cara madre
(…) Siamo in una epidemia di canzoni satiriche. Ne sono state fatte per tutti a corte, uomini e donne, la leggerezza francese ha toccato persino il re. L’operazione è stata mossa dalla maldicenza contro il sovrano. Dal canto mio non sono stata risparmiata. Mi hanno attribuito a sproposito le due tendenze, per le donne e per gli amanti.
***
Maria Antonietta non amava il grasso fratello di Luigi, il conte di Provenza, e lo teneva a distanza. Passava il suo tempo con Artois, più giovane e scavezzacollo, a caccia, a cavallo, al gioco: Artois aveva introdotto a corte la moda inglese delle corse dei cavalli, unica innovazione che riuscì a donare alla Francia. Quel giorno però, avanzando verso il castello di Brunoy, la regina dovette ammettere che “monsieur”, com’era chiamato Provenza, in quel palazzo comprato a un marchese caduto in disgrazia, dava le feste più raffinate e grandiose mai viste. La reggia di Brunoy, lussuosamente ristrutturata, sorgeva sul fiume Yerres, non lontana dalla foresta di Senart e aveva giardini rigogliosi.
Giunti al primo boschetto la regina e il seguito s’imbatterono con stupore in un gruppo di cavalieri armati che, appese lance e scudi ai rami, si erano addormentati ai piedi degli alberi. Si guardarono in silenzio, non parlarono Yolande de Polignac, il conte di Vaudreuil, il barone di Besenval, i signori di Guines e di Coigny, che a quel tempo costituivano una compagnia fissa. Ma i giovani, che avevano sentito il fruscio dei piedi sull’erba, si alzarono di scatto.
Maestà – disse uno di loro inchinandosi profondamente
Non ci sono belle signore a tenervi svegli? – chiese Maria Antonietta civettuola
Nessuna vostra pari – il cavaliere avanzò – nessuna ispira imprese come quelle di Carlo Magno… soltanto voi ci avete tratti dal letargo…
La regina sorrise.
Vogliamo dimostrarvi tutto il nostro valore maestà…. – prese lancia e scudo facendo segno di seguirlo – ora vedrete.
Condusse il drappello di nobili a una arena magnificamente decorata nello stile degli antichi tornei. Maria Antonietta decise di prendere posto con gli altri sugli spalti. Lo spettacolo iniziò: cinquanta danzatori vestiti in abiti da paggio consegnarono ai cavalieri venticinque cavalli bianchi e venticinque cavalli neri splendidamente bardati. La giostra partì. Il partito con i colori della regina era comandato da Vestris, alla testa della fazione opposta stava il maestro di ballo della corte di Russia. Tutti sapevano che avrebbero vinto le insegne di sua maestà, ma questo non tolse suspense alla gara.
Come mai non è venuto il duca di Lauzun? – chiese a un tratto Yolande
– Non verrà più con noi– disse Maria Antonietta
E perché?
E’ un impertinente… sapete che mi aveva regalato una bellissima piuma di airone?
Certo.
Per ringraziarlo ho voluto indossarla… volevo capisse che lo apprezzavo… Lauzun ha frainteso…
Cioè?
Non so cosa abbia creduto, si è montato la testa… un giorno si è buttato in ginocchio e mi ha fatto una dichiarazione d’amore…
La Polignac allargò gli occhi scandalizzata.
Un vero impertinente – concluse Maria Antonietta
Una lancia si spezzò contro uno scudo, un cavaliere cadde a terra.
Mio Dio! – esclamò Yolande .
Il cavaliere si rialzò, partì al galoppo e travolse il nemico. Furono issate le insegne della regina e scoppiarono battimani fragorosi: sua maestà aveva vinto.
***
In pieno accordo con Maria Teresa, dal 18 aprile al 31 maggio 1777, l’imperatore Giuseppe II si recò in Francia per rinsaldare l’alleanza con l’Austria e indagare sulle ragioni dell’infecondità della sorella. Giuseppe, Luigi e Maria Antonietta cenarono spesso insieme, in maniera raccolta e informale, serviti da pochi “ufficiali della bocca”. L’imperatore parlava, il re lo ascoltava assentendo in maniera disarmante e quasi ottusa.
Gran paese la Francia – diceva Giuseppe con spiccato accento teutonico – ammirevole l’arte, il Lussemburgo, la scuola militare… meno la moda eccentrica delle francesi….
Maria Antonietta allargò gli occhi.
Non trovate ridicolo il loro modo di pettinarsi? – l’imperatore guardò dritto Luigi.
Che volete… – l’altro fece spallucce – ammetto che non ho mai visto signore spendere così tanto per rendersi ridicole…. Un anno e mezzo fa c’è stata un’epidemia di abiti color “pulce”, come io stesso avevo soprannominato una stoffa marroncina … a Versailles ha fatto furore…
Color pulce, questa è buona! – Giuseppe scoppiò in una risata
Che cosa avete contro la moda? – la sorella reagì – la pulce è stata un trionfo in onore del re…. C’erano abiti color pulce vecchia, pulce giovane, dorso di pulce, ventre di pulce, anche coscia…
Giuseppe II bevve il suo malaga e fece una smorfia:
Puh! Pettinature alte al punto da non entrare in carrozza… tutto quel rosso sulle guance… troppa affettazione, troppa etichetta… credo che la principessa di Lamballe complichi la vostra vita con cerimonie e liti inutili…
Lo sguardo di Maria Antonietta fu desolato:
Ho sbagliato a nominarla sovrintendente della casa.
Il giudizio di Giuseppe II sulla povera Maria Teresa di Lamballe diede il colpo di grazia a una relazione affettiva ormai al tramonto, le rare visite che la regina faceva alla favorita di un tempo s’interruppero. Ormai vedeva solo Yolande Martine Gabrielle de Polastron, contessa di Polignac, che senza colpo ferire, senza mai chiederlo, era riuscita a sistemare a corte tutti i suoi e a usufruire di un passaggio diretto tra le sue stanze e quelle di sua maestà. Jules era una seduttrice autentica: sapeva catturare la benevolenza altrui grazie a una disarmante noncuranza che i parenti, più interessati di lei, sfruttarono al massimo. La fresca e misteriosa “Jules” ascendeva veloce mentre Maria Teresa cadeva in picchiata.
I cortigiani presero a disertare i ricevimenti della Lamballe ostentando con sadico piacere fedeltà alla regina, l’accusarono d’incapacità, di pedanteria, di rigore esagerato, di avarizia, di mancanza di spirito e di assurde gelosie. Ammalatasi di rosolia, lei si ritirò per lunghi periodi nella sua tenuta di Penthièvre. Pianse e cadde in depressione: niente riusciva a restituirle la felicità che aveva conosciuto come favorita di sua maestà, nemmeno i numerosi viaggi in Olanda.
Una sera d’inverno, nel castello di famiglia, invitato il suocero, l’amabile duca di Penthièvre, davanti al camino acceso, la principessa rivangava ancora:
Quando vedo il ritratto che mi ha fatto la Vigée Le Brun, mi sembra di essere un’altra persona, sono passati mille anni da allora…
Non esagerate – disse il duca – siete giovane…
Conoscete la Polignac?
Ne ho sentito parlare…
Una santarellina all’apparenza – sibilò rancorosa – ma com’è stata brava dietro quel sorriso pulito ad accaparrarsi di tutto e di più! Il conte di Polignac suo marito è diventato subito colonnello del reggimento del re e primo scudiero della regina. Ha avuto un appartamento a Versailles e uno in ogni castello reale, il titolo di duca ereditario che ha fatto entrare Jules nella cerchia di Maria Antonietta, poi la direzione delle poste e la baronia di Fénétrange. L’amante di Yolande, quel Vaudreuil… una pensione di trentamila luigi…
– Gesù – sospirò il duca
– … e l’incarico di gran falconiere di Francia… sua zia, la contessa d’Andlau, pure lei una pensione sostanziosa… suo suocero ha avuto l’ambasciata di Berna e suo cugino quella di Colonia… sua figlia Aglae quando si sposerà, avrà una dote favolosa, il re le ha promesso ottocentomila luigi!
– Non è possibile… una dote è di seimila…
– Vi dico che è così… l’abate Vermond, l’ambasciatore Merci Argenteau sono scandalizzati al punto che l’abate si è allontanato per quindici giorni…
Il mite duca di Penthiévre scosse la testa.
– Questa manna immeritata è uno scandalo… come può il nostro buon Luigi permettere questo?
– Non ne ho la minima idea…. So solo che la Polignac col suo finto candore ha stregato Maria Antonietta che sta dilapidando tutto per lei…
Ciò detto Maria Teresa Luisa di Savoia Carignano, sua altezza serenissima principessa di Lamballe, prese il fazzolettino blu profumato alla violetta, regalatole da sua maestà, e si asciugò una lacrima.