Libri. ‘Miele e latte sotto la tua lingua’, il desiderio per il diverso

ROMA – Nelle nostre città, basta uscire di casa, prendere un autobus, o salire sulla metropolitana, per tuffarsi in un mondo interetnico , fatto di vestiti, volti, corpi, colore della pelle, movimenti dei corpi e lingue diversi tra loro . Ce ne siamo accorti tutti e molti, quelli che non vedono passivamente ma guardano attivamente l’altro da sé, si accorgono, dal modo di camminare o di gestire, se non esattamente da quale stato, da quale regione continentale proviene quella donna che attraversa una piazza con la dignità della regina di Saba.

Soltanto i nostri politici non se ne sono accorti, soprattutto quelli che han fatto dell’odio razziale e della xenofobia la loro bandiera, ma anche gli altri che cincischiano sulla ‘sicurezza’, messa, secondo loro, in pericolo da qualche migliaia di ‘clandestini’ mentre la criminalità organizzata sottomette l’Italia intera alla sua logica di potere e sopruso, associandosi con politici e industriali.

Gli autori di questo libro, sembrano aver superato, i rumori molesti che la parte peggiore della nostra società crea ogni giorno per cercare di persuadere la parte migliore di aver odio e paura del diverso, il quale essendo ‘diverso’ è per sua stessa natura criminale. Hanno fatto persino una legge che criminalizza la clandestinità. Che dire di più.
‘Miele e latte sotto la lingua’ che ha per sottotitolo ‘Sessualità e latenze dell’eros multietnico’, curato da Silvia De Marchi, e pubblicato da Compagnia delle Lettere, come dicevamo, non solo va oltre questa miopia, che a volte diventa pericolosamente cecità, ma opera una vera e propria ‘catastrofe’  nel suo stretto senso etimologico, vale a dire un totale ‘rovesciamento’ di visione della realtà umana di queste persone che vengono percepite come strane ed ostili. Rovesciamento che irride a cliches e percezioni aprioristiche canalizzate dai media che come specchi non fanno altro che riverberare una cultura eurocentrica che ha come suoi fari la ragione occidentale e il sistema filosofico giudaico-cristiano, stupidamente tragici, per aver creato e difeso, per millenni, l’idea del ‘barbaro’ e del ‘popolo eletto’, generando in questo modo una percezione delirante verso il diverso da sé. Per la visione androcentrica occidentale, il diverso da sé, non è mai un uguale, perché il  modello di riferimento è il maschio della specie, bianco, adulto, cristiano, e preferibilmente appartenente alle classi di potere. Tutto ciò che non appartiene a questo ‘modello’ è, se donna un’anomalia della specie -Aristotele- o, se uomo, un essere da sfruttare perché non predestinato dal dio monoteista cristiano, ad una piena umanità.

Già nella bellissima prefazione di Blas Boca Rey, questo ‘rovesciamento’ appare chiaro, perché egli passa a volo d’aquila sopra queste banalità della ragione, per poi tuffarsi a picco nella vera essenza irrazionale che appartiene, per sua stessa natura, allo sconosciuto: il desiderio. E non parla di desiderio cieco, produttore di genitalità più che di sessualità, ma della “ spudoratezza allegra e irrefrenabile di andare incontro allo sconosciuto, fidandosi (solo) di uno sguardo (per) vivere la spinta più bella e forte che esista, senza che nessuno possa fermarla: quella di un essere umano verso un altro essere umano”. Esseri umani “uno davanti all’altro senza maschere della convivenza civile, senza parole da aggiungere” come scrive nel racconto ‘Mondi Ideali’ Natascia Agazzi.

I quindici racconti brevi raccolti in questo ‘Cantico dei cantici’ dell’amore e del desiderio verso l’altro da sé, sono di tredici autori di vari paesi. Quasi tutti sono riusciti, chi più chi meno, a creare con poche pennellate, fatte di parole italiane, che però, a volte, contengono il suono originario della lingua madre dell’autore, i suoni del rapporto sessuale che, anche nella sua apparente crudezza, come nel racconto di Marina Sòrina, ‘Novembre, sera e notte’, non annulla l’altro da sé, perché anche negli incontri fugaci l’uno, o l’una,  è ben presente in tutta la sua molteplice e universale umanità, nel pensiero dell’altro, o dell’altra.
Anche in questo amore clandestino, narrato stupendamente da Sòrina, che si accende e si spegne nel giro di poche, c’è un’attenzione per l’altro, e una presenza umana, che riscatta il frettoloso amplesso per contorsionisti vissuto all’interno di un’utilitaria e poi nel freddo e nella nebbia di una pianura del Nord Italia.

Un solo racconto, per la freddezza e l’anaffettività, che emerge dalle sue pagine, esce dalla promessa, inscritta nella prefazione, di “spudoratezza allegra e irrefrenabile di andare incontro allo sconosciuto”: ‘Yaakov, un altro omo-neoralista’. L’autore, Calogero Pirrera,  è bravissimo a delineare un ambiente nel quale viene depredata la sessualità impoverendola e portandola alla genitalità mercenaria. Un ambiente romano nel quale ragazzi stranieri, anche minorenni, vengono comprati e usati da chi con trenta euro vuole soddisfare un bisogno fisiologico, allo stesso livello di urinare o defecare nell’altro. L’io narrante si fa specchio del Jean Genet del ‘Journal du voleur’, ma più che un ladro egli si racconta come predatore cinico, lucido e compulsivo, che ha per unico scopo l’annichilimento dell’altro da sé.
Nel racconto ‘Il sari rosso’,  Paolo Izzo, tracciando immagini tra veglia e sogno, narra invece di un rapporto uomo donna che nasce da un “tremare, senza movimento del corpo” di una ragazza sconosciuta, incontrata per caso, ‘sentito’, dal protagonista. Izzo ci dice che basta il nome della donna sconosciuta “gettato su di lui come una promessa impossibile” per seminare dentro la realtà umana del protagonista un’immagine interna indistruttibile che egli cerca, senza darsi pace, nelle strade tragiche e colorate di Jaipur.

Compagnia delle Lettere Editore – Collana Luoghi Comuni – 12 Euro
Il 12 giugno ore 18.30
“Miele e latte sotto la tua lingua”
sarà presentato alla Libreria Griot
ROMA Trastevere – Via S. Cecilia 1/A
Interverranno: Silvia De Marchi, Guergana Radeva,
Calogero Pirrera e Paolo Izzo

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe