“Burn”, i Deep Purple infiammano

“Quarant’anni fa usciva l’album del gruppo rock, il primo dopo l’uscita di Ian Gillan

“Ritchie è quello con più esperienza, sia come musicista che come performance.  Penso sia il chitarrista più dotato tecnicamente che abbia mai calcato un palco. 

Tutto il resto è moda o una questione di gusto, lui, è un grande showman.  

Ha la reputazione d’essere lunatico, come quando si rifiuta di concedere bis.  Anche questo è vero, ma molte volte non è capito. In effetti è molto timido e silenzioso”

(Ian Gillan)

“Il rock  è stato un periodo importante della mia carriera 

e della mia vita, ma è un capitolo chiuso. Capisco che molti si sentano spiazzati, ma credo che alla lunga apprezzeranno la mia scelta, e per tanti sarà una piacevole sorpresa. 

Per evitare fraintendimenti a qualcuno che si aspetta del rock dallo show, ho preteso che sul manifesto del tour venisse ben sottolineato che quello a cui vanno ad assistere è un concerto acustico di musica medioevale”

(Ritchie Blackmore)

Trionfi e separazioni

Nel vasto e variegato panorama del rock i Deep Purple occupano un posto di sicuro rilievo. Nati nella seconda metà degli anni ’60, all’inizio del decennio seguente s’imposero con un sound duro e sofisticato caratterizzato dalla fusione del rock’n’roll e del blues con elementi della musica classica, in particolare Bach. L’estremizzazione del loro suono, l’uso massiccio di distorsori portò la stampa specializzata dell’epoca a coniare il termine hard rock. Quando il secondo album dei Led Zeppelin trionfò in tutto il mondo, alla fine del 1969, i neonati Deep Purple intuirono che quello era il genere musicale da seguire. Dopo tre acerbi album di transizione è con “In rock”, pubblicato nel giugno del 1970, che i Deep Purple crearono il loro suono e il loro stile. Il successo fu immediato e travolgente. L’album si aggiudicò cinque dischi d’oro: i Deep Purple erano diventati delle vere e proprio superstar in alternativa ai Led Zeppelin sul dominio delle classifiche di tutto il mondo. Una delle chiavi del successo fu la line-up: con “In Rock” la band inglese era costituita da Ritchie Blackmore alla chitarra, Jon Lord all’organo Hammond, Ian Gillan alla voce solista, Roger Glover al basso e Ian Paice alla batteria, ovvero la formazione denominata “Mark II”, quella del periodo di massima creatività, successo e anche grandi tensioni. All’inizio dei trionfi internazionali, tutto sembrava filare liscio: i concerti erano seguiti da folle immense. La band era richiestissima in tutto il mondo. Dopo “In Rock” i Deep Purple pubblicarono “Fireball” nel luglio del 1971 e raggiunsero la definitiva maturità artistica e compositiva con “Machine Head”, uscito nel marzo del 1972. L’album conteneva i ‘classici’ del gruppo, da “Highway star”, “Smoke on the water” (uno dei riff chitarristi più famosi della storia del rock) e la suite psichedelica “Space truckin” in cui emerse tutto il talento dell’organista Jon Lord. Insieme ai Led Zeppelin e ai Rolling Stones, i Deep Purple nel 1972 erano il gruppo rock più famoso e apprezzato della scena internazionale. Il doppio album dal vivo “Made in Japan”, pubblicato nel dicembre del 1972 mostrò una band all’apice creativo-strumentale. Tutto sembrava funzionare alla perfezione. I cinque musicisti avevano trovato l’intesa ideale. La chitarra di Blackmore e l’organo di Lord si sfidavano in duelli di grande impatto emotivo, la voce di Gillan competeva sul registro più acuto con le sei corde, le possenti linee del basso di Glover e il drumming di Paice assicuravano una base ritmica di grande classe. Dietro questa facciata luminosa, i problemi personali tra i cinque emersero prepotentemente durante le registrazioni di “Who do we think we are” avvenute tra la seconda metà del 1972 e l’inizio del 1973. L’enorme successo della band in tutto il mondo aveva minato la stabilità interna dei cinque musicisti. Problemi caratteriali e le profonde diversità tra Blackmore e Gillan incisero prima sulla qualità della musica (“Who do we think we are” fu ritenuto un album mediocre e non ebbe il successo degli album precedenti) e poi portarono alla frattura della storica formazione Mark II: Il cantante Ian Gillan e il bassista Roger Glover furono letteralmente cacciati dal dispotico e lunatico Ritchie Blackmore. L’album “Burn”, nacque in questo delicatissimo momento della storia dei Deep Purple, un gruppo sull’orlo di una crisi di nervi. Il compito di Blackmore fu quello di trovare al più presto due degni sostituti di Gillan e Glover. Il chitarrista scelse il cantante David Coverdale e il bassista Glenn Hughes, entrambi 23enni. Il primo, praticamente sconosciuto, non aveva nessuna esperienza professionale, mentre il secondo oltre ad essere un ottimo bassista era anche un cantante di talento orientato verso il rhythm’n’blues e il soul ed aveva militato nei Trapeze. Con questi importanti cambiamenti di formazione i Deep Purple registrarono il nuovo attesissimo album.

“Burn”, le fiamme del rock 

I cinque musicisti si recarono negli studi di registrazione di Montreaux, in Svizzera. I veterani Blackmore e Lord si occuparono della produzione mentre tutti parteciparono ala composizione dei brani. L’inserimento di Coverdale e Hughes portò un significativo cambiamento nella musica del gruppo. Il sound dei Deep Purple divenne più orientato al boogie, assimilando elementi soul e funk che sarebbero diventanti più mercati con il successivo “Stormbridger”. Jon Lord oltre all’organo Hammond, impiegò diffusamente i sintetizzatori, il pianoforte e il clavinet. L’unico brano che ricorda gli album precedenti è la celebre title track che da il nome al disco, in cui Blackmore esegue un solo di chitarra mozzafiato e poi Lord si cimenta alle tastiere con una tipica fuga dell’amato Bach. Gli altri brani risultano meno hard grazie al background soul e blues di Coverdale e Hughes che partecipano attivamente alla scrittura e agli arrangiamenti. Appare molto curato il suono grazie al lavoro dell’esperto Martin Birch che trovò il giusto equilibrio tra l’energia rock di Blackmore e la voce soul di Coverdale. L’apporto di Jon Lord in questo disco fu molto importante sia per l’ampliamento del rack di tastiere (nei lavori precedenti suonava solo l’organo) che contribuì al mutamento stilistico della band. “Burn” all’epoca fu una grande sorpresa per i fans che si attendevano un disco di puro hard rock. La musica era invece tecnicamente più complessa, variegata e stilisticamente più interessante e innovativa.

L’album, pubblicato il 15 febbraio del 1974 fu un notevole successo in tutto il mondo dopo il mezzo flop del precedente. “Burn”, molto apprezzato dalla critica specializzata per la nuova freschezza delle composizioni arrivò al primo posto in Austria, Norvegia e Germania, al terzo posto in Gran Bretagna, al quarto in Francia, al quinto in Finlandia, al settimo in Australia, Canada Olanda, al nono negli Stati Uniti e all’undicesimo in Giappone. Il nuovo lavoro dei Deep Purple si aggiudicò complessivamente quattro dischi d’oro.

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