Oscar 2015: il trionfo di Julianne Moore

Dopo trent’anni Hollywood premia un’attrice intensa e profonda

ROMA – Dopo una prestigiosa carriera trentennale Hollywood ha premiato una delle attrici più sensibili del panorama internazionale. Julianne Moore è un’artista completa: le sue straordinarie capacità espressive le permettono di poter interpretare con profondo realismo una vasta serie di carattere e personaggi. Su tutto domina però il registro drammatico: molte sue caratterizzazioni hanno dipinto donne fragili, disperate, sole e con grandi sofferenze interiori. Ricordiamo le sue performance in “America oggi” (1993) di Robert Altman, “Boogie Nights”(1997) di  Paul Thomas Anderson, “Magnolia” (1999) dello stesso regista, “Lontano dal paradiso” (2002) di Todd Haynes e “The Hours” (2002) i Stephen Daldry. All’edizione 2015 degli Oscar, Julianne Moore era effettivamente una delle favorite con la sua intensa interpretazione di una malata di Alzheimer nel film “Still Alice” di Richard Glatzer e Wash Westmoreland. La meritatissima statuetta premia una carriera dedicata alle complessità dell’animo umano e alle mille sfaccettature dell’universo femminile.

Julianne Moore nasce il 3 dicembre del 1960 nella Carolina del Nord, figlia di Anne Love, assistente sociale psichiatrica, emigrata negli Stati Uniti dalla Scozia, e Peter Moore Smith, avvocato militare, giudice, pilota d’elicottero e Colonnello dell’esercito di discendenze albanesi. A causa del lavoro del padre, è cresciuta tra gli Stati Uniti e l’Europa, studiando alla Frankfurt American High School di Francoforte, in Germania, diplomandosi nel 1979, e laureandosi infine in Belle arti presso la Boston University.

Nel 1983, all’età di 23 anni, si trasferisce a New York, dove lavora per qualche tempo come cameriera e appare in produzioni teatrali off-Broadway. Il successo ottenuto con la piéce “Serious Money” la mette in luce agli occhi di alcuni produttori televisivi, che la ingaggiano per interpretare un doppio ruolo nella soap opera Così gira il mondo, per cui vince un Emmy Award nel 1988. La scelta del suo nome d’arte è stata un po’ complessa, infatti presso il Screen Actors Guild erano già registrate attrici con il nome di Julia Smith e Julie Moore, ed infine la scelta definitiva è caduta su Julianne Moore.

Inizia una lunga gavetta televisiva e cinematografica, con ruoli marginali in film come “La mano sulla culla”, “Body of Evidence”,  “Il corpo del reato” e “Benny & Joon”. Inizia ad ottenere i primi riconoscimenti, venendo candidata all’Independent Spirit Awards 1994 come miglior attrice non protagonista per “America oggi” di Robert Altman, due anni più tardi viene nominata nuovamente al premio come miglior attrice protagonista per “Safe” di Todd Haynes, con cui inizia una proficua collaborazione che la porta ad apparire in quasi tutti i suoi film, diventando sua attrice feticcio. Grazie ai molti riconoscimenti ricevuti inizia ad ottenere parti in film di stampo hollywoodiano, come “Nine Months – Imprevisti d’amore” e il block buster “Il mondo perduto – Jurassic Park”; entrambi i film ottengono ottimi incassi al botteghino. Nel 1998 ottiene la sua prima candidatura all’Oscar come miglior attrice non protagonista per “Boogie Nights” di Paul Thomas Anderson, due anni dopo viene nominata nuovamente all’Oscar come miglior attrice per “Fine di una storia”. Recita quindi in “La fortuna di Cookie”, “Un marito ideale” e “Magnolia”, uno dei suoi vertici recitativi, dove torna ad esser diretta da Anderson. Negli anni seguenti si alterna tra produzioni commerciali e film indipendenti, nel 2001 accetta di recitare in”Hannibal”, ereditando il ruolo dell’agente dell’FBI Clarice Starling che fu di Jodie Foster ne “Il silenzio degli innocenti”.

Nel 2003 ottiene una doppia candidatura all’Oscar, come miglior attrice per “Lontano dal paradiso” ancora sotto la regia di Haynes, per la cui interpretazione però riceve la Coppa Volpi al Festival di Venezia, e come non protagonista per “The Hours”, ma anche questa volta non le viene assegnata l’ambita statuetta. Risulta una delle poche attrici ad aver ottenuto la doppia candidatura e una delle tre che ha perso entrambe le nomination insieme a Sigourney Weaver nel 1989 e Cate Blanchett nel 2008.

Negli anni seguenti partecipa a svariate pellicole più o meno di successo come “Il colore del crimine”, “The Forgotten”, “I figli degli uomini” e “Next”. Nel 2007 è protagonista del controverso ed incestuoso film di “Tom Kalin Savage Grace”, nello stesso anno viene di nuovo diretta da Todd Haynes, che le riserva una piccola parte nel pluripremiato “Io non sono qui”.

Nel 2008 partecipa al film di Fernando Meirelles “Blindness – Cecità”, presentato al Festival di Cannes 2008 e al Toronto Film Festival, successivamente prende parte all’esordio alla regia dello stilista Tom Ford con “A Single Man”.

Nel 2010 recita con Annette Bening nella commedia “I ragazzi stanno bene” di Lisa Cholodenko. Sempre nel 2010 partecipa al famoso calendario Pirelli, l’edizione 2011 è firmata Karl Lagerfeld e ha come tema la mitologia, la Moore veste i panni di Era. Nel 2011 ha recitato nel film “Crazy, Stupid, Love”. Nel 2012 la sua interpretazione di Sarah Palin nel pluripremiato film TV “Game Change” le regala un Premio Golden Globe, un Premio Emmy, un Critics’ Choice Television Award ed uno Screen Actors Guild Award.

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