Le invenzioni del Caimano, mentre i finiani sono a rischio liquefazione

Il premier spinge, nel suo discorso al Senato, i moderati a votarlo per una maggioranza allargata. I dissidenti finiani sull’orlo della scissione. Casini gelido ma su di lui incombono le lunghe ombre di Tarcisio Bertone e Camillo Ruini, anime nere del tardo berlusconismo

ROMA – Allo stato non si sa cosa farà la truppa dei finiani domani, quando sarà il momento di votare sì o no a Berlusconi. Nonostante la sicurezza mostrata dal loro leader ieri durante la trasmissione “In ½ ora” (“il Governo sarà sfiduciato e noi passeremo all’opposizione”), la realtà oggi è che almeno sei deputati pare non vogliano seguirlo e si mostrano disponibili a votare la fiducia al governo. Questa sera, ennesima riunione del gruppo, per decidere una posizione comune. Ma tira una brutta aria. Silvano Moffa, il leader della fronda interna, Giuseppe Consolo, Roberto Menia, Maria Grazia Siliquini, Carimme Patarino, Catia Polidori, si sono incontrati più volte nello studio del Presidente della Camera (l’ultima durante l’ora di pranzo) ma rimangono sulle loro posizioni, sulla nevessità, cioè di giungere ad una tregua con il magnate di Arcore, dopo aver votato la fiducia ad una nuova coalizione e ad un nuovo governo. Ma come ciò possa conciliarsi con le posizioni assunte a Bastia Umbra resta un mistero e Moffa farebbe bene a spiegarlo ad un’opinione pubblica che ben difficilmente riesce a comprendere come si possa prima staccarsi dal berlusconismo, chiedendo maggiore indipendenza dalla Lega e un’azione di governo veramente efficace, per poi rimangiarsi tutto, nel momento delle lusinghe delle sirene di Arcore, senza che ciò sia derivato da una qualche accettazione delle richieste finiane da parte del premier.

L’azione di Moffa e dei suoi accoliti sembra piuttosto un ripensamento in dirittura di arrivo, quasi una sorta di sabotaggio dell’azione coraggiosa di Gianfranco Fini, tesa a portare l’Italia fuori dalle secche di un berlusconismo drammaticamente dannoso per tutti. I sei parlamentari frondisti avrebbero dovuto esprimere tutti i loro dubbi subito dopo la dura presa di posizione di Bastia Umbra per non destare sospetti e non adesso, a ridosso del voto parlamentare dove il loro leader si gioca perfino il suo futuro politico.

Il Caimano, nel suo intervento al Senato di questa mattina, ha inventato “soluzioni mai raggiunte dall’azione di governo”. Quali siano nessun lo sa. Un intervento tutto teso a recuperare i moderati della coalizione. “Sono certo che in questo momento nessuno di voi può avere dimenticato la lunga strada che abbiamo percorso insieme dal 1994 ad oggi, le battaglia che abbiamo condotto insieme, le mete che abbiamo raggiunto, quei traguardi che fino a pochi anni fa sembravano addirittura irraggiungibili” ha detto, per poi aggiungere: “Sono altrettanto certo che nessuno di voi intende gettare via così frettolosamente tutto ciò che in questi anni abbiamo costruito insieme”. Toni e sostanza suadenti, sembrano scritti apposta per personaggi come Moffa e Menia, che probabilmente non dormono sonni tranquilli senza la cadrega pronta sotto le terga. “Se il governo otterrà la fiducia da domani lavoreremo per ricomporre l’area moderata, per allargare quanto possibile l’attuale maggioranza a tutti coloro che condividono i valori e i programmi dei moderati, a partire da chi si richiama alla forza politica più forte in Europa, alla grande famiglia della democrazia e della libertà che è il Partito del popolo europeo. Lavoreremo anche per rafforzare la squadra di governo e sono fermamente convinto che alla fine la ragionevolezza e la responsabilità vincono sempre sull’irragionevolezza e sull’irresponsabilità”.

I “moderati” hanno sentito tutti un fremito sulla pelle a sentire il Caimano ritrarre gli artigli e farsi suadente, lui che è il principe dei rivoltosi e dei sobillatori revanscisti. Ma questa è l’immagine che riesce a contrabbandare – grazie anche ai Moffa e ai Menia e alle supercorazzate televisive – al popolo italiano. L’appello strappalacrime è rivolto non solo ai deputati finiani rivoltosi ma anche all’Udc di Casini. Quest’ultimo è stato oggetto, nelle ultime settimane, delle indecorose pressioni di personaggi quali il segretario vaticano di Stato Tarcisio Bertone e dell’ex capo dei vescovi Camillo Ruini, che rappresentano la vera “anima nera” del berlusconismo, decisi a spingere il leader dei cattolici moderati, l’erede dei giovani leoni democristiani, ancora nelle braccia del magnate di Arcore, in cambio di soldi alle scuole private e di una legge “ad Vaticanum” in materia di testamento biologico. Non si sa se Casini sia sul punto di cedere: i nobili principi elargiti da Bertone e Ruini hanno un fascino irresistibile, soprattutto quando sono del tutto slegati dai cordoni della borsa pubblica. Ha giudicato “ottimo” il discorso di Berlusconi ma ha precisato che dovrebbe spiegare “la ragione per la quale non si va a dimettere e perché si è avventurato in questa caccia all’ultimo voto”, cioè “una megacompravendita parlamentare”.

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