Dopo “L’incredibile Hulk”, assunto come personal trainer, Michael Jackson si preoccupò di ingaggiare per il tour di “This is it” un medico che lo soccorresse in caso di crisi.
Non molto dopo la diffusione delle foto di Michael in sedia a rotelle, il famoso giornalista investigativo Ian Halperin, che stava pubblicando una biografia non autorizzata sulla popstar, lanciò affermazioni che annientarono i fan: Michael Jackson sarebbe stato affetto da una sindrome chiamata AIAD, malattia causata dalla mancanza di una proteina protettiva dei polmoni, che lo aveva già reso cieco dall’ occhio sinistro e impossibilitato a parlare. Unica probabilità di salvarlo, secondo Ian Halperin, il trapianto del polmone.
I problemi economici all’inizio del 2007 divennero per Michael Jackson una preoccupazione autentica e mai sperimentata, per la prima volta si rendeva conto che, senza danaro, qualcosa di importante può esserci negato: per lui, abituato a pagare suite d’albergo inutilizzate solo per averle a disposizione, ciò rappresentava la perdita di un lusso superfluo, inservibile e simile a un vizio, per questo necessario come il pane.
Prince, Paris, Blanket! - sprofondato in un puff dai colori sgargianti Michael chiamò a raccolta i suoi figli che, trotterellando, gli andarono incontro. Il più piccolo, poco più di tre anni, inciampò nei pantaloni e cadde, si rialzò, raggiunse suo padre osservandolo serio.
Gavin Arvizo, curato, vestito di una elegante camicia blu e pantaloni neri, sedette al banco dei testimoni lanciando un’occhiata a sua madre, al giudice Rodney Melville, al procuratore distrettuale. Colse lo sguardo di Michael e di nuovo lo fuggì.
Dopo la perquisizione del 18 novembre 2003 Michael Jackson non aveva potuto continuare ad abitare a Neverland. La sua isola di Peter Pan nei fatti “non c’era” più: snaturata, popolata da fantasmi, ora lo deprimeva, come un bastimento affondato.
La mattina del 16 gennaio 2004, in un’alba che stentava a illimpidirsi, tre lussuosissime berline nere lasciarono Neverland dirette al tribunale di Santa Maria, nella contea di Santa Barbara. Dall’alto degli elicotteri tutte le televisioni più importanti le seguirono per documentare il viaggio di Michael Jackson verso la prima udienza preliminare.
Il 3 febbraio 2003 la rete televisiva inglese ITV mandò in onda nel Regno Unito il documentario di Martin Bashir “Living with Michael Jackson” e dal 6 all’8 febbraio venne trasmesso da ABC negli Stati Uniti.
Nell’estate del 2001, durante il quarantunesimo compleanno di Michael Jackson, nello stesso momento in cui era ospite il rabbino Shmuley Boteach, a Neverland arrivò la famiglia di un bambino malato per il quale il cantante stava pagando tutte le cure: Gavin Arvizo.
Quella mattina Prince Michael e sua sorella Paris viaggiavano in automobile da Neverland a Los Angeles per un controllo medico.
Nel 2001 tra i frequentatori di casa Jackson c’era il cantante, chitarrista e produttore cinematografico Lenny Kravitz. Newyorkese, di padre ebreo americano e madre originaria delle Bahamas - uno degli artisti pop rock di maggior successo della storia della musica, con più di 30 milioni di dischi venduti - lui e Jacko passavano a Neverland molte ore insieme perché, oltre all’interesse per il lavoro, condividevano l’amore per i figli. Lenny nel 1988 aveva avuto dall’attrice Lisa Bonnet una bambina che si chiamava Zoe, che portava quasi sempre con sé quando andava a trovare Michael. Padre orgoglioso , in quella piccola bellezza in fiore vedeva una sicura promessa, creatura di cui essere fiero, perfetta testimonial del cognome.
Michael Jackson, dopo la nascita di Prince Michael, prese molto sul serio le responsabilità verso la famiglia “non tradizionale”. I suoi problemi psichici originavano dai cattivi rapporti con i genitori, dall’infanzia mancata, dalla paura delle donne, dalle tendenze sessuali non riconosciute, dalla sovraesposizione mediatica, dalle relazioni senza rete con nugoli di cavallette mascherate da sostenitori che volevano il suo oro.
Michael Jackson poco più che ventenne, iniziò a frequentare a Beverly Hills lo studio del dermatologo Arnold Klein, perché una malattia, diagnosticata nel 1984 come vitiligine e lupus, stava compromettendo il colore della sua pelle.
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