Jacko e il rivale bianco – racconto sesto

I Jackson 5, ancora di più il solista Michael Jackson, agli inizi degli anni ’70 trionfavano in USA e si affacciavano al mondo. Pur non partecipando attivamente alla politica,  i cinque musicisti neri senza saperlo contribuirono ad attuare una rivoluzione culturale: Jacko stava diventando la prima grande star di colore in un’era in cui molti si battevano per il riconoscimento dei diritti civili. 

Certa America desiderava favorire l’integrazione e il successo della famiglia Jackson esemplificava la possibilità di abbattere le discriminazioni in modo pacifico. La musica e la danza,  linguaggi universali, in loro avevano un appeal capace di superare le barriere. Michael era simbolo di un ritmo e di un erotismo superiore ai bianchi, al tempo in cui le riviste rifiutavano di mettere in copertina foto di artisti afroamericani. Supportati dal vento progressista degli anni ’60 e ’70 – lo stesso che ha aperto le porte della Casa Bianca a Barak Obama, il primo Presidente di colore – i dischi dei Jackson 5 mutavano le coscienze, abbattevano il razzismo, con la seduzione.

Nel 1971 venne creata una serie TV di cartoni animati “The Jackson 5” in onda il sabato mattina.  Se la famiglia era riunita in soggiorno, al 4651 di Hayvenhurst, bellissima villa di Encino nella quale i Jackson erano andati a vivere dal 5 maggio, dopo averla comprata grazie ai dischi venduti, Katherine li guardava assieme ai ragazzi seduta sul grande divano :
Vi hanno immortalato persino nei cartoons,  siete grandi…  
Spegni, non sopporto queste cretinate! – sbuffava Jacko.
Ma cosa dici!
Infastidito dall’alterco, il pappagallo del re del pop appollaiato sul trespolo,  gracchiava:
Michael Michael …
Jacko allora si dirigeva verso lo sgargiante pennuto per porgergli un seme. Poi, ricordandosi del serpente che aveva preteso in casa, chiedeva s sua madre:
Hai dato da mangiare al boa?
La domestica lo avrà fatto…
Controlla…
Katherine non si era ancora del tutto abituata alla nuova vita, le era dispiaciuto lasciare i vecchi amici di Gary, Hayvenhurst aveva cinque bagni e sei camere da letto, una piscina olimpionica, un campo di basket, ma lei era determinata a viverci mantenendo un senso di normalità e i piedi per terra. Michael le tornò vicino, le sedette accanto contento di poggiare il capo sulla sua spalla.
–  Ecco cominciano! – esclamò la mamma alzando il volume

Jackson 5 – Cartoni animati


***

A quel tempo, le majors della musica leggera furono talmente influenzate dal successo dei Jackson 5,  che pensarono di lanciare la formula del gruppo familiare in versione bianca:  toccò agli “Osmond”, cinque fratelli di Salt Lake City. L’ equivalente di Michael era Donnie Osmond, che aveva solo sei mesi più di lui ed era il più esuberante della formazione. La stampa musicale si divertì ad ingigantire la leggenda dell’antagonismo tra i due gruppi, con tanto di resoconti più o meno veri. I fan formarono tifoserie opposte: l’una a  sostegno dei fratelli neri, l’altra dei rivali bianchi. Era una moda  tifare per i Jackson o per gli Osmond, come lo era per i Beatles o per Rolling Stones.

Intervistato da un giornalista Michael un giorno rilasciò questa dichiarazione: “ La gente crede che siccome gli Osmond hanno successo con dischi che sembrano incisi dai Jackson 5, noi siamo invidiosi… Non è così… gli Osmond sono un buon gruppo, simile a noi, ma non siamo invidiosi…”.   

Gli avevano detto di dire così e sembrò convincente. Eppure, quando gli Osmond superano i Jackson nelle heats,  alla Motown si preoccuparono davvero. Joe, sempre più spesso, a tavola con la famiglia si lamentava perché la casa discografica non vi poneva rimedio:
Berry Gordy, oltre a essere un cattivo pagatore, non fa abbastanza…
Pensa ad amoreggiare con Diana Ross… – commentava sua moglie
Quel che non fa è buona promozione per questo abbiam venduto meno  degli Osmond stavolta – si arrabbiava il marito
Per lui non siamo gamba ?  –  chiese Michael
Non dire sciocchezze! – Joe lo guardò bieco

***

Michael, seduto dietro sull’automobile della Motown che  lo portava con i fratelli negli studi televisivi per registrare un’intervista, sfogliava un settimanale di musica con interesse. Una grande foto di Donnie Osmond attrasse la sua attenzione: si chiese se quel cantante fosse fisicamente più attraente di lui.  Segretamente si sentiva inferiore a chi aveva la pelle bianca, non che preferisse quel colore, ma distingueva una razza di privilegiati, si nasceva bianchi come ricchi o nobili. La sua famiglia guadagnava molti soldi, ma sua madre aveva continuamente paura che tutto ciò finisse:  le mode passano, ripeteva, sarebbero tornati  bastardi  senza  pedigree. Una cosa gli piaceva di Donnie: il naso a punta, così elegante, diverso dal suo, ereditato da un pugile che per di più  lo sfotteva chiamandolo “big nose”.

Arrivati alla Tv, raggiunta la sala di registrazione,   i Jackson 5 sedettero su un divano nello studio dove li aspettava un giornalista giovane,  cordiale e abile. Dopo averli salutati calorosamente, l’intervistatore li mise a loro agio, cominciò a far  domande simpatiche, chiedendo a ciascuno i gusti in fatto di donne e particolari della loro vita. La conversazione divertiva, fu lunga, affabile e gli animi si riscaldarono  tanto da  arrivare alle confidenze.
Jackie all’improvviso si sporse verso il giornalista con aria sorniona:
Sai qual’ è il soprannome di Michael?
Jacko divenne serio. L’intervistatore si incuriosì:
–     Qual’è?
Jackie non dirlo! – Michael voltò la testa per nascondersi
–    Il suo soprannome è… – il fratello lo guardò canzonatorio
Non dirlo… – Michael aveva le lacrime agli occhi.
E’ Nasone! –  sbottò Jackie
Tutti  scoppiarono a ridere, Michael rimase di sasso,  provò una vergogna tale che non volle più parlare.

***

Berry Gordy, con il quale l’idillio si stava ormai incrinando,  convocò Michael e suo padre. Le rampogne di Joe, il successo crescente degli Osmond, lo avevano costretto a mobilitarsi perché   molto preoccupato della situazione finanziaria. Quando li vide entrare nel suo studio, sprofondato dietro una scrivania studiata per sottolineare il suo potere
–     Joe ho delle novità per tuo figlio – disse Berry Gordy
Era ora!
Phil Karlson sta girando un film horror… “Ben”… Ben è un  topo molto intelligente, che diventa amico di un bambino malato e sopravvive ad una guerra con gli esseri umani…
Fantastico! – esclamò Jacko
I due uomini sorrisero.
–   Hayvenhurst é sempre piena di pavoni e pappagalli?  – e Berry indicò Michael con aria eloquente
–  Fossero solo quelli – suo padre scosse la testa – abbiamo anche un boa conscrictor…  vorrebbe una scimmia…
L’imprenditore s’illuminò:
– Se ama tanto gli animali questo è proprio il disco per Michael!   Era stato proposto a Donnie Osmond, va forte quella faccia slavata,  ma lui stava in tournée  e io sono riuscito a portarglielo via…
– Fantastico! – Joe si battè un ginocchio – il nostro rivale bianco è una spina nel fianco… lo sconfiggeremo!

Michael, orgogliosissimo della canzone strappata al rivale,  incise la colonna sonora di Ben nel 1972.  Un motivo melodico che amò  e interpretò con sentimento. Una delle canzoni che restò per sempre tra le sue preferite. Più di una persona gli chiese: “Perché un testo così bello per una bestia tanto schifosa?”  Il piccolo Jacko rideva,  non sapeva cosa rispondere. Michael non trovava che Ben fosse disgustoso, stava dalla sua parte. Lui si era identificato nel topo perché,  malgrado il successo,  si sentiva brutto e nero al punto che  gli sarebbe piaciuto cambiare faccia, risplendere, per diventare il prescelto.

Michael Jackson – Ben



( continua)

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