Complottismi. Il mondo rovesciato delle Torri gemelle fra elucubrazioni e dati di fatto (1° parte)

Complottisti: tutti quelli che, rispetto a un evento storico o di cronaca, insinuano esistere una trama segreta, nascosta da una versione ufficiale mendace. Si sottintende, ma nemmeno troppo, che costoro siano, quando va bene, delle menti labili, preda di fervida fantasia; o peggio, dei mentecatti, dei finti sapientoni che, nel tentativo di sembrare più furbi degli altri, si mostrano più idioti ancora. Com’è ovvio, chi accusa i complottisti non esclude che alcuni di essi abbiano interesse a mestare nel torbido, pubblicando libri o in qualche altro modo serva a far soldi.
Naturalmente, che tutta la storia ufficiale, che ci infliggono dalla tenera età, sia infarcita di ipotesi, avanzate casomai da Tacito anziché dai thruters americani, non scuote i tenaci affiancatori delle verità ufficiali, un caso per tutti nel panorama italiano: l’integerrimo, duro e puro razionalista Piero Angela.

Qualunque cosa si pensi del giornalismo , e molti ne pensano assai male, esso si nutre a volte di ipotesi, di insinuazioni, quando non di balle. Altrettanto si potrebbe dire della letteratura, per non parlare della già citata storia paludata. Così avviene anche in ambito giudiziario dove, a leggere le sentenze, ci si imbatte in costruzioni logiche basate su presupposti magari non verificati scientificamente o su testimonianze acquisite secondo circostanza. Un esempio di scuola sta diventando quello dell’omicidio di Via Poma: più testimoni hanno fornito alibi all’attuale condannato Raniero Busco, ma sono stati ignorati. Conta un filo di DNA, l’orma di un bacio e poco più.
Attestandoci sul frivolo, ma non troppo, con tre morti, la vicenda di lady D è la più famosa del secolo scorso, quello della decadenza monarchica mondiale. Noi abbiamo sempre creduto poco alle audaci ricostruzioni a posteriori, in cui entra già, curiosamente, l’antislamismo. Non esistono prove di una gravidanza della principessa, né di un grande amore da dover interrompere con la violenza, anche se nulla si può escludere.

Quella magnifica giornata di dieci anni fa

Torniamo alla fucina di complottisti più nota, dall’alba di questo millennio. Riassumiamo brevemente quella magnifica giornata di quasi dieci anni fa ( tale era laggiù e anche in Italia), a New York. Sono circa le nove di mattina del posto, momento della giornata in cui ancora le torri non brulicano di turisti – anzi dovremmo parlare di una sola, la sud, in quanto la nord, quella con l’antennone finale, in genere non si visitava, perché la terrazza era inaccessibile. I dipendenti delle varie società, invece, sono più o meno tutti presenti.
I filmati ufficiali, o quelli girati a mo’ di fiction in base alle notizie diramate dalle agenzia governative, con ausilio di alcune testimonianze di semplici cittadini, ci mostrano , in primis, degli operai intenti a lavori stradali, filmati chissà perché da una troupe francese; i quali tutti, udendo un fischiaccio sopra le loro teste, le alzano giusto in tempo per vedere il primo aereo che si ficca nella torre nord: il cameraman è ovviamente lesto a spostare l’inquadratura.
L’altro filmato, che History Channel ci ha propinato a più riprese ( ” I 102 minuti che sonvolsero il mondo”), è girato dal balcone dell’appartamento di una famiglia di Manhattan, che aveva la fortuna di abitare proprio in faccia ai due edifici ; tra urla di terrore, la piccola cinepresa che impazzisce ad inquadrare i volti smarriti, i reciproci incitamenti a fuggire, il gruppo si attarda però a capire che accade, fino a beccare e documentare il secondo impatto, circa mezz’ora dopo il primo, contro la torre sud: più frontale rispetto al primo, rimasto un po’ angolare.
Dell’assalto al Pentagono esiste solo un brandello di ripresa, con una fitta scia di fumo, dentro la quale dovrebbe trovarsi un aeroplano che vola raso terra, prima di bucare la facciata; dell’attacco abortito del quarto aerero, a Shakesville, in Virginia, riportiamo il ricordo di una foto con un’impronta leggera, che ricorda la sagoma di un aereo, e quasi nessuna traccia del botto, pezzi di lamiera o altro ( già ramazzati in tutta fretta, ci dicono, per evitare inquinamenti di prove). Sopravvissuti degli aerei: nessuno.
Qualche ora dopo crolla, esausto forse per il chiasso, il palazzo conosciuto come WTC 7, adiacente alle Twins Towers, un tranquillo parallelepipedo che niente ha colpito.

La cronaca puntuale , le obiezioni di tipo tecnico, comprese quelle sulla bizzarria dei filmati a caldo ( sembrano di vari colori, la prospettiva dello Skyline e dei ponti della città è alterata, il colore del fumo non è da incendio da kerosene, un qualunque corpo non crolla su se stesso come una pila di piatti presa a martellate, ma segue il principio della minore resistenza etc) li lasciamo a chi se n’è occupato professionalmente, il che significa come minimo sciropparsi il documentario Inganno Globale e il dossier su LuogoComune.net , dell’ottimo Massimo Mazzucco: impresa che abbiamo affrontato in realtà con vivo piacere, ma che non tutti potrebbero avere il tempo di completare.

Abbiamo anche scrupolosamente letto il bel resoconto di Roberto Quaglia nel suo libro” Il mito dell’11 settembre”. L’autore, esperto di fantascienza, spende pagine e pagine di premessa a supplicarci di non credergli. Però subito dopo demolisce la tesi governativa e ci lascia con un palmo di naso.

Teoria e controteorie sulle Twin Towers

Dichiariamo subito che , alla fine di tali estenuanti letture, siamo incuriositi, ma non più convinti di tanto, per esempio dalla teoria degli ologrammi, e dalle arrampicate a parete liscia per spiegare la scomparsa di quattro aerei civili, con dentro pure qualche passeggero famoso, come la vedova di Antony Perkins( e sorella di Marisa Berenson); e altri più conosciuti negli States, come una famosa giornalista, repubblicana di ferro, al cui vedovo dobbiamo la prima bufalaccia della Bush – versione, che egli accredita in pieno: la moglie lo aveva chiamato dal telefonino e avevano parlato accoratamente per un bel po’.
Altre testimonianze su chiamate intercorse, ci sono state addirittura ammollate in viva voce ( un ragazzo si presenta alla madre con nome e cognome, tipo, ciao mamma sono Filippo Bianchi…). Tutto ciò è difficoltoso adesso, dieci anni fa era addirittura impossibile: la comunicazione da un aereoplano sarebbe caduta di continuo, non essendoci copertura univoca sul territorio nazionale, nè collegamento tra le celle dei vari gestori.
Le ipotesi sulle sparizioni degli aerei ci stimolano a frugare addirittura negli annali cinematografici, ricordando un film, Starflight One, in cui un aereo finisce fuori dall’atmosfera e rischia di bruciare.
Insomma, per far sparire questi quattro Boeing, che trasportavano anche i commandos degli attentatori, si sarebbe dovuti ricorrere o a uno sceneggiatore di Hollywood; o a un’azione militare contro i passeggeri, secondo alcuni fatti scendere in qualche sperduto aeroporto desertico con una scusa, imbarcati su altri voli e da lì forse fulminati con qualche missile sul Pacifico. Ci stanchiamo le meningi solo a immaginarlo. Perché allora, si dovrebbe dar credito all’idea che a schiantarsi contro le torri non sia stato altro che un missile, coperto da un ologramma che lo “travisava”. E qui ci sentiamo maluccio.

Le obiezioni note e quelle meno note

Qualche obiezione alla versione nota, in realtà, affiora umilmente anche da noi. Mentre i grattacieli ardono, si infila in mezzo ad essi un temerario elicottero: che ci fa? Pare davvero un montaggio e non è mai stato chiarito. I top gun che avrebbero dovuto intervenire ci raccontano i tempi di allerta in quell’occasione, che sembrano davvero lunghi. Bush viene avvisato mentre visita una scuoletta e non tradisce emozioni: vabbé, è particolarmente inespressivo, si sa, ma nemmeno si alza in piedi sbalordito: sangue freddo da film, altro che occhi di ghiaccio, meglio dire: cuore di pietra.
Quanto a WTC 7, ci permettiamo di rammentare il disastro aereo di Amsterdam nel 1992. Un 747 appena decollato si schiantò su un palazzo: voragine, vittime, ma non crollò nulla e men che meno le fiamme fecero danni oltre il dovuto.

Dove , nonostante si tratti di un dramma, vien quasi da ridere, anzi da sghignazzare, è al capitolo sugli attentatori. Nella memoria collettiva è rimasto sostanzialmente Il corrusco egiziano Mohammed Atta, considerato il capo della squinternata band che, se le cose sono andate come ci hanno raccontato, conferma la tragica validità della legge di Murphy: tutto quello che potrà andar male, lo farà. Quindi ilustriamo lo scenario divulgato ( ma in parte già corretto nel 2006), alla luce di questa inossidabile regola, a metà tra l’esoterico e il fantozziano, con l’ausilio dei filmati e dei docufilm BBC.

Un certo sceicco megalomane, sanguinario e pure antipatico, deciso a sfanculare gli States, anche perché convinto che quasi tutto il mondo li detesti come lui, utilizzando un vecchio progetto dell’amico Ramzi Youssef, la mente organizzatrice di Khalid Shaykh Muhammad e con l’aiuto di gente che non sa nulla di volo e ingegneria aereonautica, studia l’attacco dell’11/9: che piace tanto, perché nella storia ne sono accadute altre in quella data lì . E poi, per gli americani, che mettono prima il mese, diventa 911, il numero della polizia, oltre il danno la beffa (I-continua).

LEGGI LA SECONDA PARTE DELL’ARTICOLO

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