Pd e la ‘questione morale’, a trent’anni da Berlinguer

ROMA – Luciano Violante, chiamato a rispondere sulla questione morale apertasi nel Pd dopo i casi Tedesco e Penati,  in un’intervista a L’Unità, ha affermato: “Il Pd non è il Pci del XXI secolo. Il nostro è un partito nuovo, nato in una società aperta, rapportarlo a modelli del passato è sbagliato. Quel discorso (si riferisce all’intervista di Eugenio Scalfari a Berlinguer apparsa su La Repubblica il 28 luglio 1981. N.d.R.) fu fondamentale nella società del suo tempo ma non può essere automaticamente catapultato nella società di trent’anni dopo”.

Questo è ciò che afferma Violante. Ma leggiamo, per capire meglio, alcuni stralci di quella lunga intervista dove Berlinguer affermava la ‘diversità’ del Pci dagli altri partiti dell’arco parlamentare, e come questa ‘differenza’ fosse sostanziale e vitale per il partito e per l’Italia.

“Per noi comunisti la passione non è finita. Ma per gli altri? Non voglio dar giudizi e mettere il piede in casa altrui, ma i fatti ci sono e sono sotto gli occhi di tutti. I partiti di oggi sono soprattutto macchine di potere e di clientela: scarsa o mistificata conoscenza della vita e dei problemi della società e della gente, idee, ideali, programmi pochi o vaghi, sentimenti e passione civile, zero. Gestiscono interessi, i più disparati, i più contraddittori, talvolta anche loschi, comunque senza alcun rapporto con le esigenze e i bisogni umani emergenti, oppure distorcendoli, senza perseguire il bene comune. La loro stessa struttura organizzativa si è ormai conformata su questo modello, e non sono più organizzatori del popolo, formazioni che ne promuovono la maturazione civile e l’iniziativa: sono piuttosto federazioni di correnti, di camarille, ciascuna con un ‘boss’ e dei ‘sotto-boss’. La questione morale esiste da tempo, ma ormai essa è diventata la questione politica prima ed essenziale perché dalla sua soluzione dipende la ripresa di fiducia nelle istituzioni, la effettiva governabilità del paese e la tenuta del regime democratico.”
Non ci sembra che questo discorso appartenga solo al “ XXI secolo”  né siamo d’accordo che non possa essere “catapultato nella società di trent’anni dopo” cioè nella nostra società. Notiamo invece il discorso di un grande politico che aveva ben chiaro il significato di “bene comune”, e aveva un visione lucida sulla partitocrazia, che non chiama ‘casta’ solo perché il termine non era stato ancora abbinato al potere dei partiti. Potere che era già esistente ma che nel Pci di Berlinguer ancora non aveva preso piede … ancora.

“ … molti italiani – continua Berlinguer – secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni. Ma gran parte di loro è sotto ricatto. Hanno ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperano di riceverne, o temono di non riceverne più”.
Anche queste frasi, che raccontano benissimo i fatti di oggi, non solo sono sorpassati come vorrebbe Violante, ma sono illuminanti perché spiegano perfettamente il sistema della partitocrazia italiana.
Ma continuiamo a leggere le parole di Berlinguer che raccontava ciò che non doveva accadere, ed invece è accaduto.

“Noi ( il Pci N.d.R.) pensiamo che il privilegio vada combattuto e distrutto ovunque si annidi, che i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, vadano difesi, e gli vada data voce e possibilità concreta di contare nelle decisioni e di cambiare le proprie condizioni, che certi bisogni sociali e umani oggi ignorati vadano soddisfatti con priorità rispetto ad altri, che la professionalità e il merito vadano premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica debba essere assicurata.
Scalfari : “Onorevole Berlinguer, queste cose le dicono tutti.”
Berlinguer: “Già, ma nessuno dei partiti governativi le fa.”

In effetti, ora, non solo nessuno dei partiti governativi fa “queste cose”, ma quasi nessuno le dice così chiaramente, neppure nel Partito democratico, che di quel Pci dovrebbe essere l’erede. Né tantomeno esiste qualcuno che sappia parlare con una tale visione globale della realtà sociale come sapeva fare il segretario del Pci: “(penso) si possa e si debba discutere in qual modo superare il capitalismo inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati. Sta qui, al fondo, la causa non solo dell’attuale crisi economica, ma di fenomeni di barbarie, del diffondersi della droga, del rifiuto del lavoro, della sfiducia, della noia, della disperazione. È un delitto avere queste idee?”
Sembra proprio che, ora, è un delitto avere queste idee, che per Violante sono sorpassate. E forse ha un po’ ha ragione visto che nessuno sa produrre un discorso del genere facendo questi affascinanti nessi che legano insieme cause ed effetti, come ad esempio tra sfiducia e droga, tra rifiuto del lavoro e disperazione, tra crisi economica e barbarie.

Concludiamo con una domanda e una risposta di quell’epica intervista:
Scalfari: “Lei ha detto varie volte che la questione morale oggi è al centro della questione italiana. Perché?”
Berlinguer: “La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. (Noi sostenemmo che il consumismo individuale esasperato produce non solo dissipazione di ricchezza e storture produttive, ma anche insoddisfazione, smarrimento, infelicità …)”
Di fronte a questi discorsi enormi che in questi ultimi anni sono così alieni dalle parole di chi, tra i politici si dichiara di sinistra, si rimane due volte esterrefatti: per l’assenza totale di idee di sinistra dei politici del Pd, e per la ricchezza del pensiero di Berlinguer che legava la politica alla realtà umana, accennando addirittura di fermare la corsa ad uno sviluppo disumano che avrebbe portato solo a “insoddisfazione, smarrimento, infelicità”.  Ma, dice amaramente Berlinguer “non fummo ascoltati.”

Oggi sono passati esattamente trent’anni da che il discorso sulla ‘questione morale’ fu pubblicato. Sono passati trent’anni, questi pensieri non sono divenuti parte della cultura politica. Il bambino di Berlinguer, forse per una carenza di vitalità dovuta alle radici marxiste, non è riuscito crescere e a svilupparsi.
Morto il bambino della ‘questione morale’ in culla, i politici che si definiscono di sinistra hanno smarrito la strada della ricerca sulla realtà umana, che in termini grossolani significa pensare e lavorare per fare in modo che la realizzazione delle esigenze identitarie dei cittadini siano garantite a tutti. Questo come piattaforma di base, per potere sviluppare poi una società giusta, non giustizialista; ugualitaria, non di eguali con la stessa giacca grigia; libera da condizionamenti religiosi, non libertaria dove il più furbo bramoso è libero di depredare l’ingenuo che divide volentieri il pane con l’altro da sé.

È chiaro che in questo frangente, dove anche politici del Pd sono indagati per corruzione ecc., qualcuno ne approfitti come oggi ha fatto anche Pippo Civati, consigliere regionale della Lombardia per il Pd e leader con Matteo Renzi dei Rottamatori, ma il problema è serio, ed è enorme.
Ciò che è normale per la destra, che la corruzione ce l’ha nel Dna, non può andare bene per la sinistra che ha invece, come nascita un patrimonio che parla di eguaglianza e solidarietà, di libertà e di laicismo, e un’idea di trasformazione in divenire della società. La sinistra, e Berlinguer lo dimostra con le sue parole, non ha nel suo Dna l’idea della sopraffazione del più forte sul più debole. La sinistra è nata naturalmente sana, e, quindi, se sta in queste condizioni, e ovvio che si è ammalata. E se si è ammalata è ovvio che può anche guarire, riprendendo gli ideali della Rivoluzione francese ai quali Berlinguer aderiva: uguaglianza , libertà e fraternità. A queste idee di base si deve aggiungere l’idea di una trasformazione antropologica e poi culturale.

Ma, se, queste idee di trasformazione sostanziale della società si impantana nelle paludi di un riformismo fatto a parole, non ci siamo, non ci siamo per niente. Più i partiti, che si dichiarano di sinistra, assomiglieranno, nei fatti, ai partiti di destra, più si dissolveranno, perché i propri elettori, quelli di sinistra non andranno più a votare come hanno fatto finora tappandosi il naso. Un politico di sinistra che ruba, o è complice di chi ruba o tace per convenienze politiche su chi ruba, non può più definirsi di sinistra. E allora che vada a sedersi negli scranni della destra … come forse farà Tedesco che oggi ha lasciato il Pd, ma non lo scranno parlamentare.
Ed è inutile che Bersani urli allo scandalo lo sanno anche gli idioti che in ogni ufficio amministrativo, in ogni ufficio dei Vigili Urbani, in ogni pur piccolo centro di potere, anche dove amministra il Pd, persino nella Cgil, c’è una forte percentuale di individui che corrompono e si fanno corrompere. Vogliamo dire che nelle amministrazioni del Pd ci sono meno ladri? E diciamolo, ma non è una percentuale minore di corrotti che fa la quella ‘differenza’ di cui parlava Berlinguer.
Il Pd in questi giorni ha dimostrato ampiamente che sta con la ‘casta’ della politica, lo ha dimostrato ampiamente perché non ha voluto rinunciare ai suoi privilegi: il caso Tedesco e il silenzio sulle vicende assurde denunciate da Spider Truman parlano chiaro.

Un partito come il Pd o sceglierà di essere di sinistra, non di centro sinistra, che non significa niente, ma di sinistra, o lentamente si dissolverà perché gli elettori di sinistra lo sorpasseranno a sinistra, come stanno già facendo, e il Pd diventerà, o forse lo è già diventato, un partito di destra, perché essere di destra o di sinistra non è un fatto di nomi o di parole è un fatto relativo: se c’è qualcuno che è veramente di sinistra l’altro è di destra è ovvio.  
Il Pd aderisce ai Patti lateranensi, confermati da Togliatti nel ’48, tacendo sui milioni di euro che vengono sottratti agli italiani per essere trasferiti nello Stato vaticano; Il Pd non alza un dito per difendere gli operai contro una globalizzazione selvaggia e contro una Confindustria che ha talmente rosicchiato le conquiste sindacali degli anni ‘60 e ’70 che le ribellioni dei plebei contro i patrizi nell’antica Roma repubblicana, per la classe operaia, è una traguardo quasi irraggiungibile.

Caro Bersani e caro Violante, se siete di sinistra, andate a rileggervi i testi sulla ‘questione morale’ di Enrico Berlinguer, e prendete quelle parole come un punto di partenza, non come idee superate. Si può partire anche da li per ricostruire, non il partito comunista, ma la sinistra, forse come non c’è mai stata. E fatelo senza dimenticare che “di sinistra si nasce, di destra ci si diventa” … quando ci si ammala.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe