Gli italiani prima di voltare pagina devono modificare il loro Dna

ROMA – In questi giorni si parla molto del nuovo governo Monti e degli obiettivi imposti dalla finanza europea per salvare il Paese dal fallimento. Ogni occasione è buona per disquisire sui piani programmatici della UE, diventati insostenibili dal punto di vista sociale e soprattutto incompatibili con il pianeta collassato dallo sfruttamento indiscriminato delle sue risorse naturali, fonte di ricchezza per pochi e conseguente privazione per tutti gli altri.

Insomma, l’Italia con il suo liberismo spregiudicato finisce sempre per far pendere la bilancia dalla stessa parte, dove i poteri forti dettano legge. Dal recente bilancio dello Stato dobbiamo recuperare 45 miliardi di euro per pareggiare i nostri conti in profondo rosso. Ancora sacrifici. Qualcuno parla di “sangue e lacrime” per i soliti noti, mentre – come riporta Peacereport –  nel solo 2010 abbiamo speso 23 miliardi e mezzo per nuovi armamenti. E quest’anno la spesa è addirittura aumentata, senza contare i nuovi caccia “invisibili” F-35, che da soli costeranno alla collettività la modica somma di 13 miliardi. Viene da sè la conclusione:   basterebbe, infatti, eliminare queste voci dal bilancio per pareggiare i conti in rosso, evitando una situazione irreversibile. E in questo caso la supremazia bellica significa mantenere l’opportuno controllo sugli altri, mantenendo inalterata la disuguaglianza nel pianeta.
Dicono che i nati tra la fine della seconda guerra mondiale fino ai giorni nostri saranno le persone più odiate nella storia dell’umanità per il loro comportamento privo di coscienza e buon senso. L’eredità che lasceranno alle nuove generazioni avrà un carico pesantissimo da sopportare in termini sociali, economici, ambientali. Sempre ammesso che si riescano a superare i prossimi 50 anni.
Una nemesi storica annunciata.
E in Italia pare difficile che le cose possano cambiare il corso della storia. A meno che non venga completamente sradicato quel Dna che ci lega indissolubilmente alla mentalità  “mafiosetta”, del “tu  mi dai e io ti do”, della raccomandazione, del nepotismo. Oggi l’italiano medio si indigna quando le malefatte delle caste o delle cricche vengono a galla, alza il dito contro colui che ha rubato i soldi pubblici, s’indigna, impreca, bestemmia. Eppure fino a poco tempo fa le cose andavano diversamente, lo spirito di emulazione era così sentito tanto da provocarne l’invidia generale. Berlusconi ne è la prova vivente.
Tuttavia oggi più di prima la sensazione riguarda quel cambiamento che per forza di cose deve partire dal basso con l’esempio e con ferrea disciplina di tutte quelle regole , che, ahimè,  in Italia spesso vengono cancellate a seconda dei casi dalle eccezioni.
Non è neppure la colpa dei pochi controlli, perchè in Italia la mentalità diffusa rimane sempre quella del furbetto del quartierino:  “Io l’ho fatta franca, non ho pagato le tasse”. “Sono stato assunto perchè mio cugnino è l’amministratore”. “Non faccio la fila perchè mia sorella lavora in posta”. “Io ho il biglietto perchè conosco”. “Io non pago perchè ho le conoscenze giuste”. “La multa mi è stata strappata. Mio fratello è vigile”. E così via. Di esempi se ne potrebbero a centinaia. E non sono frasi fatte, bensì rientrano nel comportamento dell’italiano medio. Eccone uno a dir poco indicativo.

Autostrada del sole. Il tachimetro è fisso alla massima velocità consentita di 130 chilometri orari quando spunta all’improvviso un’auto all’orizzonte. Si scorgono due fari abbaglianti a intermittenza dallo specchietto retrovisore, quasi il conducente fosse preso da un improvviso attacco di panico. Non è una vettura della Polizia e nemmeno una del 118 che sfreccia per salvare un vita umana, ma è un comune cittadino come tutti noi. Certo,  man mano che la sua auto si avvicina si scorge il luccichio del metallizzato fiammante, mentre i fari continuano a puntare dritti su di noi, quasi volessero entrare prepotentemente all’interno della nostra vettura per illuminarci il cruscotto. A quel punto  dallo specchietto scorgiamo il  volto del conducente,  visibilmente agitato.  I suoi imprechi sembrano scagliarsi come i granelli del catrame, quando ancora fresco battono sulla scocca della vettura.   E’ bastato un semplice spostamento di corsia per evitare un probabile contatto, se non addirittura una tragica collisione per vedere sfrecciare l’auto ad una velocità incontrollata, quasi si trattasse di un jet supersonico il cui pilota si è un attimo assentato per fare la pipì. E non ci sono autovelox che tengono in questo caso, perchè può anche succedere che il conducente abbia le conoscenze giuste per poterla fare franca.
Altro che regole violate. E’ solo uno dei tanti esempi indicativi  per capire cos’è l’Italia, anzi come funziona la vita sociale di questo paese che somiglia semopre più al Far west.  Almeno per quelli furbi e quelli che vorrebbero esserlo nel tentativo di raggiungere la tanto agognata posizione del “privilegiato”. Oggi ci si indigna un po’ di più rispetto a qualche tempo fa, specie se fai parte di quella classe sociale a cui hanno tolto qualcosa per via della crisi, ma la sostanza non è poi così tanto cambiata. E’ solo una mera questione di convenienza. Convenienza individuale, intendiamoci.
La società italiana si basa sull’inventiva di aggirare la regola, o meglio le regole. Sarebbe il caso di ristrutturare completamente il nostro pensiero, riappropriandoci di quell’educazione civica scomparsa e che un tempo veniva insegnata come un valore inestimabile. D’altra parte in cambiamenti epocali partono dalle piccole cose.

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