Le inutili parole dei politici

Che le parole abbiano perso il loro valore è un dato di fatto, da tempo nel nostro paese le parole sono solo fiato lasciato ai posteri, niente di concreto, vero, oggettivante un dato di fatto nell’immediato dopo la loro pronuncia; oggi parlare è diventato un mero sofisma, ove tutto è lecito, realizzabile, anche la repubblica della mignottocrazia, come tempo fa qualcuno ha scritto.

Le parole dei nostri politici oggi sono diventate irrealtà allo stato puro, da quanto tempo sentiamo e leggiamo che in questo paese il tempo dei balocchi, il tempo delle parole deve lasciare spazio ai fatti, che non è possibile andare avanti in questo modo, che il paese è fermo, immobile, che la disoccupazione è il dramma dei drammi, che non possiamo più vivere con un tasso di evasione come il nostro… parole che i cittadini italiani sentono da anni oramai, e non importa se sono quindici dieci quattro due uno non importa da quanto tempo queste vengono pronunciate perché dalle loro sentenze drammatiche restano solo i dati concreti di un paese allo sbando, povero, sempre più povero e senza una proverbiale via di fuga dalla disperazione dilagante.

Povertà e miseria si fronteggiano nelle classi meno abbienti, disperazione e mancanza di prospettiva in quelle generazioni che oggi dovrebbero essere ai vertici o nelle posizioni di rango della società ed invece latitano nei bassi fondi del paese, mercificando per tre euro e novantacinque l’ora una fetta miserrima di lavoro, e la morte non ha il prezzo di alcun capitalismo o posizione sociale che si rispetti;  la morte, quella morte ha il prezzo di un partito della gnocca che annichilisce ancor di più quel prezzo imposto dai nobili operatori sociali travestiti da buonisti quali sono i datori di lavori odierni – e a ragione il capo dello stato denuncia questa forma di mal-lavoro tipica del sud, ben disposto, il sud, a mascherare le mancanze dello stato con lavoro in nero, condizioni di vita desolanti, affiancandosi allo stile malavitoso che la storia del mezzogiorno da tempo immemore conosce -; che pur di non pagare tasse o altro ti offrono la libertà di una chimerica vita che ha il vanaglorioso aroma di una sigaretta intinta di odio e mestizia.
Intanto le parole corrono, e questa volta feriscono ulteriormente questo paese dilaniato dalle costanti prolusioni del dopo governo; sono giunte all’ombra di un autunno ancora vestito d’estate, il rating dell’Italia passa da A ad A2…il valore sonante della nostra posizione scema sempre più, mentre c’è chi compra una pagina di giornale per dire e attestare che questa classe politica è indegna, o almeno una parte di essa, quella che si decanta nei suoi simposi amorosi con starlette, subrette e puttane, perché di questo si tratta … ma là, per loro, le parole han seguito di realtà, case, posizioni sociali, politiche e poteri oggettivanti che discreditano ancora più il nostro paese.
Ma tutto questo serve a poco, ed il popolo lo sa, per questo le piazze sono sempre più gremite di cittadini stanchi e arrabbiati, delusi e detronizzati del loro potere, essere cittadini di classe A.
Poco importa che il resto del mondo rida e ci derida, e non si limiti più al semplice sorriso – nella possibile forma del peccato giovanile di una senilità sempre più presente di questa classe dirigente – per quel partito della gnocca sempre in prima pagina sia nella cronaca che nella vita quotidiana del parlamento e/o dei bar – accomunati sempre più nella forma e nella triste sostanza – , ben avviata in questi ultimi anni alla sua dispotica imperialità che non pare vicina alla sua fine, perché in un aspetto le parole del capo del governo colgono il segno e non risultano parole al vento, il governo, questo governo, durerà perché dall’altra parte, l’opposizione, sarà ferma al sul credo partitico-politico, primarie primarie e ancora primarie.

Intanto il popolo, quello vero, quello al quale se dici che domani piove la notte si prepara l’abito da pioggia, continua nella sua insana corsa verso una vita degna, e non più degna, perché costoro, quelli che pagano le tasse, quelli che vivono con ottocento mille euro al mese, ogni giorno si affacciano alla vita con la speranza che qualcosa cambi, e che cambi per davvero… perché loro non vogliono arrivare, forse non ci sanno arrivare, alla scelta fatta dai paesi del nord africa, né tanto meno vogliono fare la fine della Grecia; no, quel popolo, questo popolo, il suo popolo l’Italia lo deve recuperare, mettendo da parte parole insignificanti ed inutili.
Il valore di una parola non sta nella sua forma, ma nell’effetto che questa produce in chi l’ascolta, creando illusioni, idee, pensieri, creando uno status che fa di quelle parole il senso intimo del suo credo, una sorta di DNA che si interpone fra l’assoluta coscienza individuale e l’altrettanto assoluta coscienza sociale, in un amalgama saturo di libertà; quella libertà come valore unico e insindacabile di ogni soggetto, cittadino, persona.
E questa non potrà essere semplice utopia da bar!

Da questa sinergia potrà ri-nascere la credenza del cittadino verso i suoi politici, oggi sempre più politicanti e business man dove l’abito è solo lo specchio per le allodole di tempi andati e desueti, fra le rovine di un impero, quello romano, che ha lasciato a noi, nuovi residenti, le macerie o le reliquie di fasti che queste maleodoranti parole sviliscono sempre più.
Il partito della gnocca forse sarà solo una provocazione mediatica di questo instabile governo, resta il fatto che “Senza t-shirt sono ancora meglio” pare davvero il credo primo di questo vetusto governante.
La soluzione, quale che sia, questo paese ancora non l’ha trovata. E Roma brucia.

 

 

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