ROMA – Sembra in lieve calo la disoccupazione nei Paesi dell’Unione europea che hanno la moneta comune, i cosiddetti Paesi dell’Eurozona, ma non così positivi come ci si aspettava dalle stime.
Secondo i nuovi dati resi noti da Eurostat, l’istituto di statistica della Ue, il numero dei disoccupati nel trimestre Aprile – Giugno 2010 non è aumentato rispetto al periodo precedente di Gennaio – Marzo; ma il rallentamento percentuale della disoccupazione è stato minore di quanto ci si aspettasse: un rallentamento solo dello 0,6% rispetto a quello più deciso dell’1,2% precedente. In Italia, in particolare, si è verificata una controtendenza: nel primo trimestre i disoccupati sono dapprima diminuiti (le percentuali sul numero degli occupati erano infatti cresciute di + 0,3%), ma nel secondo trimestre i disoccupati sono tornati ad aumentare leggermente (il numero degli occupati è infatti proporzionalmente diminuito: 0,1 punto percentuale in meno). Secondo l’Eurostat, in Europa ci sono ora 144,3 milioni di lavoratori. Il settore maggiormente colpito è quello dell’agricoltura, flessione minore per l’industria, mentre aumentano i posti di lavoro nei settori dei servizi finanziari e degli altri servizi.
Il 27% dei giovani italiani fra i 15 e i 24 anni è disoccupato, un dato più altro fra le donne (29,4%) che fra gli uomini (26,8%). In entrambi i casi i numeri superano la media Ocse, rispettivamente al 15,7 e al 17,6%. Fra i giovani italiani che lavorano, invece, il 46% ha un contratto precario. Quest’ultima percentuale è cresciuta di 9 punti dal 2007. Ma l’insicurezza non si registra solo sul fronte dei contratti. I problemi non mancano nemmeno sul fronte dei salari: nel 2010 l’italiano ha guadagnato in media l’equivalente di 36.773 dollari, mentre allargando l’obiettivo all’intera Eurozona la cifra sale a 44.904 dollari. Il salario medio italiano è superiore a quelli di Spagna (35.031), Grecia (29.058) e Portogallo (22.003), ma inferiore a Francia (46.365 dollari), Germania (43.352) e Gran Bretagna (47.645). Per di più in Italia lo Stato sociale “gioca un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro” rispetto ad altri Paesi dell’Ocse.
Le misure di consolidamento dei conti pubblici contenute nella manovra approvata nei giorni scorsi dal Parlamento italiano non avranno “nessun impatto sulla crescita del Pil di quest’anno”. Lo ha precisato il Commissario Ue agli Affari Economici e monetari Olli Rehn, aggiungendo che “queste misure avranno un impatto sulla crescita dal 2012 al 2014: procederemo a una valutazione completa degli impatti sia sull’economia che sui conti pubblci nelle previsioni economiche di autunno che riguarderanno proprio l’andamento nel 2012 e 2013”. “Siamo in contatto con le autorita’ italiane – ha detto ancora Rehn – che hanno tenuto in considerazione” le previsioni di un rallentamento della crescita. Ma il rapporto diffuso oggi dalla Commissione, le “previsioni intermedie”, come ha spiegato Rehn, riguarda il 2011 mentre la manovra italiana avra’ effetto solo sull’andamento dell’economia dei prossimi anni. Per sapere se la manovra avrà l’atteso effetto sulla crescita, dunque, sara’ necessario aspettare il mese di novembre, quando a Bruxelles saranno pubblicate le previsioni economiche d’autunno.
La Commissione europea ha confermato le stime di maggio per l’intero 2011 sulla crescita del Pil per l’eurozona (1,6%), mentre ha portato dall’1,8 all’1,7 quella dell’Ue a 27.Il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale (Fmi), Christine Lagarde, dopo le recenti polemiche seguite al suo attacco riguardo la necessità di un’ulteriore ricapitalizzazione degli istituti di credito europei, ha sostenuto che “Senza una azione collettiva e incisiva, c’è il rischio reale che le principali economie scivolino indietro invece di andare avanti.” “La crescita globale sta rallentando – ha aggiunto – con le economie avanzate di fronte ad una ripresa anemica e incerta. Al contrario, le economie emergenti si trovano in una situazione di surriscaldamento con aumento dell’inflazione, forte crescita del credito e l’espansione del disavanzo delle partite correnti” Lagarde ha inoltre detto che la timida crescita economica e la debolezza dei bilanci pubblici nei paesi sviluppati si stanno influenzando l’un l’altro, alimentando una crisi di fiducia e un calo della domanda, degli investimenti e dell’occupazione.