Lavoro. CNEL, fallito il liberismo, crolla l’occupazione, ma il peggio non ha limiti

ROMA – Un quadro nerissimo emerge da numeri e cifre del rapporto del CNEL sul mercato del lavoro in Italia nel biennio 2011-2012, che il Consiglio Nazionale Economia e Lavoro ha presentato oggi a Roma e di cui erano già state date alcune anticipazioni relative solo alla produttività a chiaro supporto della “campagna” di Monti che ha posto questo problema come  l’unico motore della crescita scaricando le responsabilità sulle parti sociali, i sindacati in particolare. 

Si  è così battuto il testo della produttività che è andata costantemente diminuendo, lasciando supporre che la colpa sia dei lavoratori. Il rapporto ha un respiro ben più ampio. Se il presente è nero il futuro lo sarà ancora di più. Entro il 2020 i disoccupati potrebbero crescere di 1,5 milioni di unità e, spiega il presidente del Cnel, Antonio Marzano, “Si pensava che l’occupazione tenesse di più ma l’aumento della cassa integrazione preoccupa, è il segnale premonitore della caduta dell’occupazione”.
E tutto ciò verrebbe dopo un periodo tremendo, in cui si è perso oltre un milione di posti di lavoro dal 2008  tra gli under 34, per il CNEL infatti il mercato del lavoro non ha ancora risentito appieno della recessione.

Graduale riduzione del livello di tutela dei lavoratori

Negli ultimi anni si è assistito ad una graduale riduzione del livello di tutela dei lavoratori. Contratti atipici e fantasiosi hanno sostituito i lavoratori garantiti di una volta, tutto in nome della maggiore elasticità del e della maggiore occupazione è perciò pesantissimo leggere questa frase nel Rapporto del CNEL:
“Le forti perdite occupazionali registrate nei settori dell’industria e delle costruzioni, e il fatto che queste appaiano di carattere permanente, rappresentano evidentemente un problema dal punto di vista del reinserimento nel mercato di coloro che hanno perso un lavoro. Vi è il rischio che l’aumento della disoccupazione in corso sia di carattere strutturale. Diversi indicatori depongono a favore di un graduale aumento del tasso di disoccupazione di equilibrio.”
Una frase che potrebbe essere presa a requiem del progetto di iper flessibilizzazione e di ultra liberismo all’italiana solo addolcito dalla precisazione che “dal punto di vista delle prospettive, un aumento della disoccupazione di equilibrio incide sulla crescita potenziale. Uno degli obiettivi delle politiche dei prossimi anni, dovrà essere proprio quello di trasformare la crescita dell’offerta di lavoro in un altrettanto ampio numero di occupati, per prevenire un incremento significativo dello stock di lavoratori disoccupati.”

2020. 1,5 milioni di disoccupati in più

E’ questa la stima contenuta nel Rapporto del Cnel secondo cui, in mancanza di “una svolta dal versante delle produttività, potrebbero prevalere pressioni deflazionistiche sui salari e sui redditi interni, assecondate da politiche fiscali di segno restrittivo”, ovvero in mancanza di una impennata della produttività saranno i salari ad essere assaliti per rendere competitivo il Paese mentre lo Stato continuerà in questa follia iper rigorista.
A minor reddito corrisponderà però più partecipazione al mercato del lavoro, con l’accentuarsi del fenomeno detto del ‘lavoratore aggiuntivo’, cui segue il progressivo aumento del tasso di disoccupazione, cominciato già dagli ultimi mesi del 2011.
Si calcola che entro il 2020 il numero dei disoccupati aumentera’ di oltre 1,5 milioni di persone per la popolazione d’eta’ compresa tra 15 e 66 anni con una forte riduzione dei giovani attivi e degli adulti fino a 54 anni, compensata dall’aumento dalla crescita della forza lavoro immigrata (oltre 1,3 milioni di persone) e soprattutto delle forze lavoro anziane.

Secondo il CNEL “Il mercato del lavoro però non ha ancora risentito, se non in misura marginale della nuova recessione. I risultati recenti, se rapportati all’evoluzione del quadro macroeconomico complessivo, non sono quindi così sfavorevoli, considerando che fino a inizio 2012 le ore lavorate si sono ridotte con gradualità mentre l’occupazione addirittura non è mai scesa.”

Un domani con tanti anziani senza pensione e senza lavoro

La riforma Fornero delle pensioni comporterà nl corso del tempo una sostanziale riduzione delle tutele cui corrisponderanno dei risparmi di spesa
significativi, oltre ad un forte incremento delle entrate per effetto dei maggiori
contributi versati da ciascun lavoratore.
Per il CNEL l’effetto derivante dalla riforma sotto il punto di vista di aumento dell’offerta di lavoro, di quelle persone che cioè non potendo ancora andare in pensione conserveranno il loro posto o saranno costrette a cercarne un altro, “risulta pari ad un aumento aggiuntivo di 830mila persone nel 2020 rispetto alle tendenze spontanee del sistema che si sarebbero osservate in assenza di politiche.
Il ritardo nel pensionamento concorrerà quindi a determinare una accelerazione nell’aumento delle forze di lavoro rispetto alle tendenze degli ultimi anni.
L’ovvio rischio conseguente, come sottolinea anche il CNEL, è che “parte della maggiore offerta potenziale di lavoratori anziani non riesca a trovare un impiego”.
Lontani dalla pensione e senza un lavoro una intera generazione che già oggi sa che domani non c’è alcun futuro.

Una conclusione a tinte fosche

Secondo il CNEL va inoltre valutato l’effetto che avrà sul mercato del lavoro la sua crisi. Secondo il Rapporto, infatti, il fatto che il lavoro in Italia sia in ginocchio potrebbe portare dei vantaggi dato che:”è anche possibile che un mercato del lavoro più difficile determini una diminuzione del numero di lavoratori immigrati che entrano nel paese.”.
Che sarebbe a dire che visto che non si trova lavoro i nostri giovani non avranno più la concorrenza degli immigrati, per i quali non saremmo più una meta di emigrazione in grado di attrarli, e così un qualche lavoretto lo si riuscirebbe a mettere insieme.Il problema resta la crescita.Illuminanti le parole del CNEL:”È però certo che, se la crescita non ripartirà, a farne le spese saranno soprattutto i giovani, che si dovranno confrontare con un mercato del lavoro con poche opportunità per i nuovi entranti.”

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