La politica monetaria domina i mercati, Europa contrastata

TRIESTE – Ottava di Borsa interessante quella che va a concludersi oggi, ricca di spunti e momenti clou, dalla riunione della BCE (Banca Centrale Europea) tenutasi ieri ai dati sulla disoccupazione americana comunicati nell’odierno pomeriggio, dagli indici PMI (Purchasing Managers Index, indicatore composito dell’attività manifatturiera e/o dei servizi che riflette la capacità dell’acquisizione di beni e prestazioni) al collocamento record della quinta tranche di BTP Italia di inizio settimana.

Eccezion fatta per l’asta dei titoli del Tesoro, della quale usualmente riferiamo dopo le considerazioni sull’andamento dello spread, tratteremo cronologicamente i singoli appuntamenti macroeconomici, stante soprattutto la dipendenza delle decisioni in materia di politica monetaria dall’evoluzione dei singoli fondamentali.

Nel mese di ottobre l’indice PMI manifatturiero, del quale il corrispettivo di 50 indica lo spartiacque tra una contrazione (valori inferiori) od un’espansione (valori superiori) del settore, denota una stentata crescita per l’Italia (50,7 punti, peggiore delle stime degli analisti) rispetto all’inversione di tendenza del dato europeo (51,3 punti rispetto ai precedenti 49,4) ed alla conferma di quello tedesco (51,7 punti); una situazione analoga si ripropone anche per il terziario, in generale calo congiunturale (cioè rispetto al mese precedente), che ripropone un Bel Paese in affanno (50,5 punti) rispetto a Francia (50,9 punti), Europa (51,6 punti) e Germania (52,9 punti). 

Se associamo questi dati al calo dei prezzi alla produzione industriale ed all’ulteriore discesa dell’inflazione, ne ricaviamo un quadro di una ripresa dell’economia europea non così evidente, con una disoccupazione attestasi a livelli record di oltre il 12% ed un mercato del lavoro nei paesi periferici ancora scarso; infine, come se tutto questo non bastasse, le ultime rilevazioni dell’indice dei prezzi al consumo (CPI)  più deboli di quanto previsto hanno sollevato forti preoccupazioni sulla possibilità di una deflazione in Europa.

Sulla base di queste premesse la Bank of England ieri non ha apportato modifiche alla propria politica monetaria, ribadendo il tasso d’interesse a quello 0,5% fissato nel marzo 2009 e confermando l’ammontare del programma di acquisto di titoli di Stato (Quantitative Easing) per un importo pari a 375 miliardi di sterline.

Dalla concomitante riunione della Banca Centrale Europea, in una giornata importante nella quale il suo presidente Mario Draghi si è giocato buona parte della propria reputazione, è arrivato un segnale forte ed a sorpresa nei confronti del mercato: un taglio dei tassi di interesse che ha ridotto il Refi rate di 25 punti base, portandolo al nuovo minimo storico dello 0,25%; ridotto anche il tasso marginale sui prestiti allo 0,75% dal precedente 1%. Una decisione che sembra aver colto di sorpresa un po’ tutti gli operatori, stando alla violenta reazione delle Borse (schizzate al rialzo) ed al forte deprezzamento dell’euro (sceso ai minimi da quasi due mesi rispetto al dollaro), giustificata dal principale obiettivo della BCE: la stabilità dei prezzi con un tasso di inflazione prossimo al 2%. 

Il rallentamento dei prezzi al consumo stava riproponendo nell’immaginario collettivo lo spettro della deflazione e questa decisione, in parte inaspettata, almeno come tempistica, lascia presagire che la politica monetaria possa essere allentata ulteriormente, magari attraverso operazioni di natura non convenzionale; di fatto questa decisione non implica nessun miglioramento nell’erogazione del credito al consumo od alle imprese e conseguentemente nessun cambiamento tangibile per l’economia reale, anche se i tassi euribor probabilmente scenderanno lievemente (con l’effetto di non vedere aumentare le rate dei mutui variabili), senza che tuttavia migliori sensibilmente la situazione finanziaria delle famiglie.

Nel corso della consueta conferenza stampa a commento delle decisioni di politica monetaria, il numero uno della BCE, Mario Draghi, ha precisato che la decisione di tagliare i tassi è in linea con l’attuale situazione macroeconomica in Europa, dove l’inflazione è scesa sotto l’1%: pur prevedendo un prolungato periodo di bassa inflazione, si è affrettato ad escludere un possibile scenario deflattivo simile a quello giapponese, ribadendo che i tassi di interesse resteranno a questi livelli od a valori inferiori per un esteso periodo temporale. Draghi ha inoltre precisato che l’istituto è tecnicamente pronto ad un’eventuale riduzione del tasso dei depositi sotto lo zero, evenienza della quale si è discusso in consiglio, nell’auspicio che l’attuale decisione di ridurre il tasso d’interesse possa consentire alla banche più sane dei Paesi europei in maggior difficoltà di accedere più facilmente al mercato del credito.

Per quanto concerne invece i mercati asiatici, l’odierna seduta negativa è da ascrivere allo sconto dei timori di un avvio anticipato del “tapering”, il piano di acquisti di titoli di Stato da parte della Federal Reserve, dopo i buoni dati del PIL a stelle e strisce nel terzo trimestre; le mosse delle Banche Centrali hanno condizionato anche Tokyo (-1%), producendo un deprezzamento dello yen che ha fatto scattare le vendite sui titoli delle società maggiormente condizionate dall’export; il calo delle Borse cinesi di Shanghai (-1%) ed Hong Kong (-0,6%) è invece da ricondurre ad una stretta alle erogazioni al sistema finanziario da parte della banca centrale, stante la ripresa dell’export ad ottobre (+5,6%) dopo il temporaneo calo registrato il mese precedente.

Chiusura di ottava debole per le principali Borse europee, che ai timori per le prossime mosse della Fed aggiungono in avvio di sessione le preoccupazioni per il declassamento della Francia da parte di S&P, dovuto a prospettive di una lenta crescita dell’economia e dell’insufficienza a supportarla nel medio termine dalle riforme allo studio del Governo. La seduta è proseguita all’insegna del timore che manchino nuovi impulsi agli acquisti in caso di riduzione delle iniezioni di liquidità d’oltreoceano, chiudendo contrastata: Londra (+ 0,09%), Madrid (+0,07%) e Francoforte (-0,03%) sostanzialmente invariate, Parigi (-0,48%) negativa in ragione del declassamento subito.

In controtendenza Piazza Affari (FTSE Mib +0,52%, FTSE Italia All Share +0,42%), nonostante la pioggia di vendite su Telecom Italia (-5,56%), protagonista di uno stop per eccesso di ribasso a causa della forte flessione dei ricavi (-7,6%) dovuta a ben 2,2 miliardi di euro di svalutazioni, nonché all’altrettanto deciso ribasso di Finmeccanica (-5,99%), alla quale il perdurare della crisi della controllata Ansaldo Breda non consentirà di raggiungere gli obiettivi di redditività attesi. Senza direzione i bancari, guidati da Unicredit (+0,84%) ed IntesaSanpaolo (+0,86%) alle quali si è accodata Montepaschi (+0,54%); tra i titoli a maggior capitalizzazione pressoché invariata Generali, balzo di Enel (+3,58%) su risultati di bilancio superiori alle attese, in guadagno RCS Mediagroup (+2,04%).

Sul fronte del debito sovrano in leggera contrazione lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude a  238 BP (Basis point, punti base) per un tasso del 4,14%; il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza si attesta invece a 235 Bp per un rendimento del titolo iberico del 4,11%.

In flessione anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, portatosi a 118 Bp per un rendimento sceso sotto l’1,3%.

Come anticipato uno sguardo sul collocamento della quinta tranche del BTP Italia, titolo indicizzato all’inflazione e riservato alla clientela retail: un’emissione record pari a 22,27 miliardi di euro in soli due giorni, che polverizza il risultato del collocamento dell’ottobre 2012 di poco più di 18 miliardi di dollari in 4 giornate di offerta. Il nuovo titolo quinquennale, che ha godimento 12 novembre 2013 e scadenza il 12 novembre 2017, paga in due cedole semestrali un tasso (reale) annuo definitivo pari al 2,15%.

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