Inchieste e correzioni di mercato mandano in rosso Piazza Affari

TRIESTE – Settimana contrastata per i listini asiatici, che nel mese di gennaio hanno registrato dati sul commercio cinese migliori delle stime – che si rifletteranno positivamente anche sulle aziende del Vecchio Continente che lavorano con questo paese – mentre il rally realizzato da novembre a gennaio dalla Borsa giapponese è stato importante per i riposizionamenti che potrebbero verificarsi nelle prossime settimane, anche se qualsiasi tensione sui mercati esteri o trimestrale deludente potrebbe far scattare prese di profitto da parte degli investitori.

Anche tra gli operatori a stelle e strisce è tornata la fiducia dopo la pubblicazione del dato relativo al deficit commerciale Usa, sceso inaspettatamente a dicembre segnando la contrazione maggiore in quasi quattro anni grazie al calo delle importazioni di petrolio, attestatesi al livello più basso dell’ultimo decennio.
Nessuna sorpresa dalle riunioni di giovedì scorso di Bank of England e BCE (Banca Centrale Europea) che non hanno mutato la loro politica monetaria riconfermando i tassi di interesse: fermo allo 0,5% stabilito nel marzo 2009 il saggio di riferimento inglese, consolidato allo 0,75% quello dell’Eurozona.

Nel corso della consueta conferenza stampa a commento delle decisioni il numero uno della BCE, Mario Draghi, ha ribadito che la risoluzione è stata presa all’unanimità, ricordando che l’istituto non assume nessun impegno sui tassi di interesse pur adottando una politica «accomodante e di sostegno alla crescita»; ha inoltre confermato la volontà di mantenere l’inflazione attorno al 2% in uno scenario economico che resterà debole nella prima parte dell’anno, mentre una lenta ripresa sarà possibile solo nei mesi successivi; Draghi ha inoltre affermato che sulle prospettive di crescita «continuano a prevalere i rischi».
I dati comunicati da Eurostat segnalano che il terziario in Europa, tranne che in Germania, resta in fase di contrazione, così come le vendite al dettaglio, queste ultime in flessione dello 0,8% su base mensile e del 3,4% su base annuale; buoni invece i dati sull’inflazione italiana, calata a gennaio al 2,2%.

Pessima la settimana di Piazza Affari, condizionata dal pesante ribasso registrato nella prima seduta di lunedì 4 febbraio: l’indice FTSE Mib della Borsa di Milano ha registrato una flessione complessiva del 3,98% che ne ha ridotto la crescita da inizio anno ad un misero 2,19%; tra i titoli a listino le performances peggiori della settimana sono state registrate dal Banco Popolare, che ha ceduto il 9%, e da Telecom Italia (-9%), sospesa per eccesso di ribasso dopo che il management ha deciso di dimezzare il dividendo che sarà staccato nei prossimi tre esercizi.
Lo spread tra il Btp e il Bund con scadenza a dieci anni – che misura la differenza di rendimento tra il titolo italiano (Btp novembre 2022) e quello tedesco – si è attestata a 295 punti, dopo che nel corso della giornata ha oscillato tra 291 e i 303 punti, portando così il rendimento del decennale al 4,55%; invariato invece lo spread tra i titoli con scadenza a due anni, stabile a 153 punti e ad un rendimento dell’1,7%.

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