Cina in flessione, Italia sempre più in affanno, s’allarga lo spread

TRIESTE –  Dopo una settimana all’insegna della volatilità, delle correzioni sui mercati e di un risveglio delle tensioni sugli spread è la cautela a prevalere anche a Piazza Affari che, dopo lo scivolone di giovedì sulle decisioni di politica monetaria della BCE (Banca Centrale Europea), ha concluso in rosso il periodo compreso tra il 3 ed il 7 giugno con il suo più significativo indice azionario, Il FTSE Mib (Financial Times Stock Exchange Milano Indice di Borsa), in flessione del 3,04%, una performance negativa che ne ha ridotto il progresso da inizio anno al 2,57%.

Dopo che il dato statunitense di venerdì scorso sui Non Farm Payrolls, importante indicatore statistico ed economico rilasciato mensilmente dal Dipartimento del Lavoro americano come parte del più vasto rapporto sullo stato del mercato del lavoro, ha mostrato una crescita occupazionale maggiore delle aspettative, quest’oggi la pubblicazione del rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) di giugno conferma anche in Italia un «cambiamento positivo» sulla strada del rilancio, così come «un moderato miglioramento della crescita nella maggior parte delle grandi economie»; in sintesi: mentre negli Stati Uniti (e nel Giappone) si evidenzia un consolidamento della fase di sviluppo, nella Zona euro continua ad evidenziarsi una fase di ripresa.
A questi segnali che invitano ad una contenuta e prudente positività si contrappongono nel Bel Paese le stime dell’Istat, al ribasso rispetto alle previsioni: nel primo trimestre 2013 il PIL (Prodotto Interno Lordo) è diminuito dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e del 2,4% rispetto al primo trimestre 2012, settimo calo consecutivo a livello congiunturale.
Anche la produzione industriale è peggiorata, con una flessione dell’indice in termini tendenziali nel trimestre febbraio-aprile, corretta per gli effetti di calendario, pari al 4,6% rispetto al trimestre precedente; calati in modo significativo i beni di consumo (-5,8%), quelli strumentali ed intermedi (-4,5%), diminuzione più contenuta per  l’energia (-2,3%) mentre settori in crescita sono quelli della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica ed ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+10%), della produzione di prodotti e preparati farmaceutici (+3,6%) e della fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche (+1,4%).
I non esaltanti dati sull’andamento della produzione industriale e del PIL sono rapidamente rimbalzati dall’Istat all’assemblea di Assolombarda, la Confindustria della Lombardia, dove Giorgio Squinzi, il numero uno degli imprenditori, ha chiaramente attaccato la politica di austerità perseguita dall’ex premier Mario Monti, criticato perché nonostante il rigore ed i sacrifici richiesti il debito non è sceso: «Accettando la vulgata monetarista abbiamo finito con compromettere il mercato interno, attenendoci ai dettami di un’austerità fine a stessa e accettando di ridurre il rapporto debito/Pil asetticamente, senza una logica economica che accompagnasse questa scelta».
Apertura di ottava positiva per i listini asiatici, dove la Borsa di Tokyo ha guadagnato il 4,51% grazie all’effetto congiunto dei dati sull’occupazione USA e del risultato dell’economia giapponese, superiori alle previsioni iniziali.  
Contrastate invece le Borse cinesi, con Hong Kong appena sopra la parità e Shanghai in flessione dell’1,73%; a preoccupare gli operatori il rallentamento economico dell’ex Celeste Impero, colpito da una generale stagnazione: in calo dello 0,3% le importazioni (contro le attese di un +6%) ed esportazioni ai minimi da 10 mesi, proprio quando produzione industriale e dinamica dei prestiti non hanno centrato le aspettative.
Avvio di settimana all’insegna dell’incertezza per Piazza Affari e le principali Borse europee, che scontano il deludente risultato delle esportazioni cinesi; buona partenza di Madrid e Milano che però a metà seduta perdono il loro smalto; poi, sugli alti e bassi di Wall Street, complice la debolezza dei titoli delle commodity a causa del calo del prezzo del rame (che risente anche del minore richiesta da parte di Pechino), i listini del Vecchio Continente hanno chiuso in maniera contrastata: Piazza Affari (FTSE Mib -0,81%, FTSE Italia All-Share -0,69%) ha scontato la seduta negativa dei finanziari, appesantiti dalla risalita dello spread; Francoforte in rialzo dello 0,64%, mentre anche Londra (-0,18%) e Parigi (-0,21%) hanno terminato la seduta in territorio negativo.
Oltre alle vendite sui bancari (Montepaschi -4,67%, Intesa Sanpaolo -2,92%, Unicredit -1,87%), petroliferi a due velocità (Eni -0,4%, Saipem +3,02%); crollo di Telecom Italia (-4,48%) sul taglio di valutazione espresso da JP Morgan a causa del peggioramento del settore in Italia ed alla riduzione sulle stime di redditività, accompagnato da quello di Fiat (-4,67%), la cui integrazione con Chrysler sembra scontare il delisting a Wall Street.
Sul fronte del debito sovrano aumento dello spread tra il Btp e il Bund con scadenza a dieci anni nella prima seduta di una settimana che si caratterizzerà per le aste dei BOT annuali e dei BTP: la differenza di rendimento tra il titolo italiano (Btp maggio 2023) e quello tedesco è risalita a 275 Bp (Basis point, punti base) dai 269 di venerdì scorso, con un tasso pari al 4,29%; in allargamento anche lo spread tra i titoli con scadenza a due anni, portatosi a 167 Bp con un rendimento prossimo all’1,85%.

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