Ansia per la Grecia e sfiducia nella Fed deprimono i mercati

TRIESTE – Lunedì scorso, ad inizio di ottava, avevamo facilmente indicato nella riunione della Federal Reserve, la banca centrale degli Stati Uniti d’America, l’evento clou della settimana finanziaria.

Il  FOMC (Federal Open Market Committee, il principale strumento per influenzare i tassi di interesse sui mercati monetari e finanziari) ha mantenuto invariato il saggio tra lo 0 e lo 0,25% mentre a proposito del Quantitative Easing 3 (una delle modalità con cui avviene l’iniezione di moneta nel sistema economico) che vede attualmente la Fed acquistare 40 miliardi di dollari al mese in Treasury (i titoli di Stato Usa) ed altri 45 in Mortgage Backed Securities (titoli legati ai mutui immobiliari), Ben Bernanke, presidente dell’ente, ha commentato le nuove stime «di moderata espansione» dell’economia americana affermando che l’istituto potrebbe «pensare di moderare l’acquisto di asset nel corso di quest’anno» ed «arrivare a una conclusione entro la metà del 2014».
La reazione dei mercati si è subito fatta sentire in quello che, a parere unanime, è stato il “Giovedì Nero” delle Borse: tutti i listini europei hanno chiuso in profondo rosso (Milano ha segnato un ribasso del 3,09%) con l’indice Stoxx 600 (che fotografa l’andamento dei principali titoli quotati del Vecchio Continente) a cedere il 2,97%, l’equivalente di 230 miliardi di capitalizzazione (Piazza Affari, con un calo del 2,95% dell’indice FTSE Italia All-Share, ha bruciato da sola in un’unica seduta oltre 11 miliardi); mai così male nel 2013 anche Wall Street, con il Dow Jones che dopo i record delle scorse settimane crolla (-2,34%) spazzando via i guadagni di maggio e giugno; seduta negativa infine anche per la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei in ribasso dell’1,74%.

Questa reazione dei mercati è apparsa un po’ eccessiva agli addetti ai lavori, che hanno tentato di spiegarla paragonando l’operato della Fed ad una droga somministrata a grandi dosi, capace di creare una pericolosa crisi d’astinenza alla sola aspettativa di una propria riduzione o mancanza: con simili premesse il prossimo futuro non può che essere improntato ad una grande volatilità, probabilmente accompagnata da veri e propri scossoni in dipendenza della natura dei vari dati macroeconomici di prossima pubblicazione, con particolare riferimento a quelli relativi al mercato del lavoro statunitense.
Un quadro globale complesso, soprattutto se al possibile disimpegno della Fed si aggiungono le preoccupazioni per la Cina, dove l’indice manifatturiero è sceso sotto il livello di guardia, e per la Grecia, che secondo il sito del Financial Times vedrebbe sospendersi da luglio gli aiuti del FMI (Fondo Monetario Internazionale) nel caso i Governi europei non si impegnassero a coprire il nuovo “buco” di 3-4 miliardi di euro emerso a causa dei ritardi nel programma di privatizzazioni concordato con Atene e, soprattutto, dal rifiuto di alcune banche centrali di rinnovare l’acquisto di bond greci in scadenza; senza contare la richiesta del premier cipriota Nicos Anastasiades all’Unione Europea di una revisione del piano di salvataggio, poiché il Paese non sarebbe in grado di rispettare gli impegni.

Non a caso il Governatore della BCE (Banca Centrale Europea) Mario Draghi ha dichiarato, a margine di un convegno organizzato dalla Banca d’Israele a Gerusalemme, che l’istituto centrale è pronto ad agire, se necessario, usando la leva del tasso di interessi o misure non convenzionali, ricordando che la politica monetaria della Zona Euro resterà accomodante per tutto il tempo necessario ad uscire dalla crisi.
Nonostante il momento cruciale e la paura di disastrosi scenari per l’Europa, non si deve però dimenticare che i mercati finanziari sembrano aver ricominciato a salire e che il trend economico è prossimo ad un’inversione: gli indicatori mensili mostrano dati migliori delle attese, come il calo della disoccupazione in Spagna e una positiva ripresa del sentiment delle società; in Germania a giugno l’indice Zew, che misura la fiducia delle imprese, è salito in controtendenza al corso osservato negli ultimi mesi, mentre in Italia fatturato ed ordini all’industria hanno entrambe evidenziato una crescita dello 0,6% sul mese precedente, così come le retribuzioni orarie contrattuali hanno registrato un incremento tendenziale dell’1,9% per il settore privato e una variazione nulla per la Pubblica Amministrazione.  
Una conferma di quanto sia controversa l’attuale situazione economica arriva dai listini asiatici, dove l’onda lunga dei timori per le possibili decisioni della Federal Reserve e la crisi di liquidità in Cina ha fatto prevalere le vendite, che hanno portato l’indice Msci Asia Pacifico a perdere l’1%; in controtendenza invece Tokyo che, dopo un avvio in flessione a causa della debolezza di Wall Street, è riuscita ad invertire la rotta chiudendo positivamente l’ultima seduta della settimana.

In una giornata povera di dati macroeconomici, avvio all’insegna di un timido recupero per le Borse europee dopo il crollo di ieri, portatesi poi tutte in negativo anche se con flessioni meno marcate di quelle di Milano: Madrid  cede l’1,17%, Francoforte lo 0,95% e Parigi lo 0,43%, mentre Londra lascia sul campo lo 0,13%; sprofonda Atene (-6%), trascinata a picco dal  calo dell’11,44% della National Bank of Greece.
Piazza Affari ha chiuso una settimana difficile con un’altra seduta negativa: nonostante un avvio improntato ad un mini recupero, i principali indici della borsa milanese hanno presto innestato la retromarcia (FTSE Mib -1,89% e FTSE Italia All-Share -1,76%); il settore finanziario è stato quello ad evidenziare maggiori difficoltà: pessima giornata per Mediobanca (-9,42%) alla presentazione del suo nuovo piano industriale, giù Unicredit (-4,05%) ed IntesaSanpaolo (-3,72%), in affanno Montepaschi (-2%) sulla conferma di Fitch del suo rating a “BBB” con un outlook “negativo”. Tra gli industriali Fiat ha perso il 2,65% dopo il rinnovo di una linea di credito revolving triennale per 2 miliardi di euro con un gruppo di 9 banche, mentre ennesimo scivolone per Rcs Mediagroup (-6,63%) alle prese con l’aumento di capitale.
Sul fronte del debito sovrano lo spread tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni è in frazionale crescita a 289 Bp (Basis point, punti base) dopo il balzo di ieri a quota 288 Bp, con il tasso del titolo italiano (Btp maggio 2023) in deciso rialzo al 4,62%; in netta ascesa anche lo spread tra i titoli con scadenza a due anni, mentre il differenziale tra i titoli spagnoli e tedeschi ha chiuso a 318 Bp, con il tasso dei Bonos al 4,91%.

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