I fondamentali spingono le Borse. Piazza Affari su, spread giù

TRIESTE –  La nuova ottava di Borsa si avvia ancora una volta nel segno dell’incertezza, con i mercati mondiali tormentati, secondo una consuetudine che si sta recentemente affermando, da segnali contrastanti che spaziano dal rallentamento del sistema produttivo cinese ai timori per le prospettive future della Germania.

Il clima di generale incertezza non ha risparmiato Piazza Affari, come dimostrato dalla frazionaria flessione registrata tra il 24 ed il 28 giugno scorsi dall’indice FTSE Mib – il più significativo indicatore di Borsa Italiana – che ha perso lo 0,1%, portando così il calo da inizio anno ad uno sconfortante -6,35%.
A tenere banco in questa prima seduta della settimana sono le indicazioni sulla produzione industriale del Vecchio Continente: a fronte di un leggero peggioramento dei dati provenienti dalla Germania, gli indici PMI (Purchasing Managers Index, riflettono la capacità d’acquisizione di beni e servizi tenendo conto di nuovi ordini, produzione, occupazione, consegne e scorte) manifatturieri di Francia ed Italia, quest’ultima ai massimi relativi degli ultimi 23 mesi, hanno timidamente superato le stime degli analisti, anche se le statistiche confermano il permanere del settore in una generale fase di contrazione.
Connesso alla fase di stagnazione economica il tasso di disoccupazione, che a maggio è cresciuto nella Zona Euro al 12,1% dal 12% del mese precedente: 19,222 milioni di uomini e donne senza lavoro con punte da brivido in Spagna (26,9%), Grecia (26,8%), Portogallo (17,6%) e Cipro (16,3%) rispetto alle ben più virtuose Austria (4,7%), Germania (5,3%) e Lussemburgo (5,7%).
Nel Bel Paese i dati sul mercato del lavoro comunicati dall’Istat parlano di una disoccupazione che, a maggio, ha toccato i livelli più alti a partire dal 1977, quando sono cominciate tanto le rilevazioni mensili quanto quelle trimestrali: la percentuale dei senza lavoro ha raggiunto il 12,2%, 480mila unità in più rispetto al 2012 per un saldo totale di 3,140 milioni di inoccupati; tra questi 647mila giovani compresi tra i 15 ed i 24 anni, il 10,7% della popolazione in questa fascia d’età, stabilmente oltre il livello di guardia.
Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha così tratteggiato il quadro generale in cui versa l’occupazione del nostro paese: «La situazione resta molto grave, questi dati non fanno che richiedere ancora di più un impegno da parte del Governo ma anche delle imprese per un rilancio dell’economia italiana».
Non c’è da stupirsi che, in un simile contesto, ben il 38% degli Italiani si aspetti un andamento negativo dalle opportunità d’investimento di quest’anno: è quanto emerge dalle interviste dell’ultimo Schröders Global Investment Trends Report a 14.800 investitori (mille in Italia) in 20 Paesi d’Europa, Asia e Stati Uniti intenzionati ad investire almeno 10mila euro nei prossimi dodici mesi. La crisi del debito nell’Eurozona è la principale preoccupazione per il 45% dei nostri connazionali, a conferma di quanto incidano i fattori macroeconomici sulla propensione all’investimento; tra le ulteriori maggiori preoccupazioni degli intervistati di casa nostra figurano anche l’instabilità politica (43%) e la lentezza della ripresa economica (35%), mentre preoccupa meno la volatilità dei mercati (29%).
Per rimanere in tema di preoccupazioni, mercati asiatici negativi nella prima sessione settimanale. Ad innervosire i listini la constatazione che l’indice PMI della Cina,  che anticipa il ciclo economico attraverso le impressioni dei direttori degli acquisti, a giugno è in brusca frenata, e con esso anche le aspettative per la produzione industriale del colosso asiatico, ai minimi degli ultimi quattro mesi: un calo dello 0,7 che porta il dato complessivo a quota 50,1 cioè ad un passo dalla  stagnazione economica, in ogni caso sopra a quella fatidica “soglia 50” che indica lo spartiacque tra una prospettiva di espansione ed una di contrazione per l’economia.
In netta controtendenza la Borsa di Tokyo, in progresso dell’1,28% sulla scia del ritrovato ottimismo degli imprenditori del Sol Levante; a sostenere il primo giudizio “ottimista” da parte delle grandi imprese manifatturiere dal settembre 2011, i miglioramenti macroeconomici stimolati dalla così detta Abenomics, quel complesso mix di politica monetaria, fiscale e strategie di crescita messe in campo dal premier Shinzo Abe con il supporto della Bank of Japan per risollevare il Giappone da quella crisi finanziaria che lo attanaglia da oltre un decennio.

Le principali borse europee hanno brindato nel miglior modo all’ingresso della Croazia come ventottesimo Paese dell’Unione, ignorando l’allarme cinese ed aprendo al rialzo la settimana di contrattazioni; una seduta con un andamento altalenante quanto i segnali macroeconomici di cui abbiamo trattato sopra, con una decisa accelerazione nella seconda parte della giornata, propiziata dai buoni dati e dalla forza impressa da Wall Street: a trainare i listini i dati sulla produzione industriale, scesa meno delle attese, con operatori ed investitori che sembrano ormai aver accettato l’idea che la Federal Reserve possa interrompere gli aiuti all’economia; le Borse europee hanno dunque allungato tutte il passo: Francoforte guadagnando lo 0,31%, Parigi lo 0,76%, Londra l’1,49% e Madrid l’1,86%.
Avvio di settimana decisamente positivo anche per Piazza Affari (FTSE Mib +1,45% FTSE Italia All-Share +1,39%), che svetta tra le migliori grazie soprattutto ad una spumeggiante Rcs Mediagroup (25,9%), rimasta sospesa per eccesso di rialzo per gran parte della giornata; positiva prova del comparo finanziario, guidato da un’ottima Mediobanca (+5,2% dopo che UBS ha migliorato le stime sull’utile per azione per i prossimi due esercizi), incalzata da un agguerrito Monte dei Paschi di Siena (+3,64%) e dalle più contenute Unicredit (+1,11%) ed Intesa Sanpaolo (+0,73%). Tra i petroliferi Eni in recupero dell’1,2% dopo che gli analisti di Bank of America ne avevano leggermente ridotto le stime, in forte progresso Saipem (+8,09%).
Sul fronte del debito sovrano nuova contrazione dello spread tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, portatosi a 269 Bp (Basis point, punti base) con un rendimento del titolo italiano (Btp maggio 2023) scesa al 4,41%.
Ristrettosi a 287 Bp anche il differenziale tra i titoli di Spagna e Germania, con i Bonos che pagano oggi un rendimento del 4,58%.

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