Europa ko sulle prese di profitto, sempre debole Piazza Affari

TRIESTE – Dopo la contrastata seduta di venerdì scorso, la nuova ottava di Borsa si apre con una mattinata nella quale non verranno rilasciati particolari dati macroeconomici ma con un primo pomeriggio che potrebbe essere foriero di volatilità di breve termine, a seguito delle pubblicazioni d’oltreoceano riguardanti il mercato immobiliare e la produzione industriale a stelle e strisce.

Ovviamente l’attenzione dei mercati internazionali è ancora focalizzata sulla riunione del FOMC (Federal Open Market Committee), il Comitato di politica monetaria della Federal Reserve, in apertura domani e che si protrarrà sino a mercoledì: poco probabile che emergano novità rilevanti dopo il recente rischio di default del Governo Usa e la persistente debolezza dell’economia, fattori considerevoli che dovrebbero spingere la Banca Centrale americana a rinviare ancora una volta l’inizio del “tapering”, la progressiva riduzione delle iniezioni di liquidità a sostegno di finanza ed economia.

Tuttavia il vero nodo centrale, senza nulla togliere al meeting del FOMC, potrebbe in realtà riguardare la forza del dollaro americano, con il governo di Washington ad un passo dall’abisso e la Cina, il suo maggiore creditore estero, preoccupata per il molto che avrebbe da perdere: dei 12mila miliardi di dollari (16.700 aggiungendo il passivo detenuto da altri organismi pubblici) che costituiscono il debito pubblico degli Stati Uniti, quasi l’11% del totale (1.300 miliardi di dollari) erano detenuti dall’ex Celeste Impero lo scorso luglio, per un’imponente esposizione in titoli pubblici e semipubblici americani di circa 2mila miliardi di dollari, ivi ricompresi i circa 700 miliardi di dollari in obbligazioni emesse da agenzie del Governo Usa (Fannie Mae e Freddie Mac). 

Nessuna particolare benevolenza od attrazione per i rendimenti e l’apparente assenza di rischio dei Treasuries, quanto piuttosto la funzionalità di tale scelta ad una politica valutaria e ad un modello di crescita imperniati sull’export: dal 1994 la Cina è in attivo nel saldo con l’estero e, grazie a questi risparmi, ha potuto accumulare imponenti riserve di portafoglio in valuta estera, il 60% delle quali in titoli di Stato americani denominati in dollari, al fine di contenere qualsiasi rivalutazione dello yuan rispetto al dollaro, moneta di riferimento a livello mondiale.

Una situazione che all’America calza a pennello, altrimenti in passivo nella bilancia commerciale a causa del bassissimo tasso di risparmio interno che riesce a colmare soltanto grazie all’intervento degli investitori esteri; gli acquisti della Cina contribuiscono a tenere bassi i tassi di interesse e garantiscono sostegno anche ad altri mercati (come quello azionario e immobiliare), mentre i consumatori americani traggono beneficio dalle importazioni di prodotti cinesi a basso costo. Se proseguirà il momento di debolezza della domanda aggregata negli Usa e gli esportatori cinesi si vedranno sottratto il supporto del loro principale mercato estero, modelli e politiche sinora adottate da Pechino saranno rimesse in discussione, con il rischio concreto di una rapida fine degli acquisti illimitati di buoni del Tesoro americani.

Tornando al Vecchio Continente, è Piazza Affari ad essere protagonista di quest’avvio di settimana. Dopo che l’agenzia Fitch ha confermato il rating sul debito sovrano dell’Italia a “BBB+” con outlook negativo e l’Istat ha comunicato che ad ottobre l’indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane è peggiorato (dai 82,8 punti di settembre agli attuali 79,3), tutti gli occhi saranno puntati sulla “tre giorni” di aste di titoli del Tesoro che si avvia oggi e che testerà l’attuale fase di relativa debolezza delle attività di investimento italiane. Per primi finiranno sul mercato CTz e BTp decennali indicizzati all’inflazione europea per un massimo di 3 miliardi di euro, cui faranno seguito domani BoT semestrali per 8 miliardi ed infine di mercoledì,  giornata clou, sarà la volta di 5-6 miliardi di BTp nominali a 5 e 10 anni. 

Nonostante una previsione di abbondante liquidità (garantita dalla coincidente scadenza di altri titoli italiani per 11 miliardi e dalla maturazione di cedole per 5,6 miliardi), non sono da escludersi possibili “tensioni” in termini di rendimenti dovute al sorpasso effettuato dalla Spagna la scorsa settimana (4,16% contro 4,22% sulla scadenza decennale).

Seduta positiva per le Borse asiatiche, dove l’indice Msci della regione ha chiuso la prima seduta della settimana in progresso dell’1,1%. Dopo il tonfo di venerdì scorso la Borsa di Tokyo (+2,19%) ha rimbalzato e recuperato, trainata soprattutto dall’indebolimento dello yen nei confronti del dollaro e dalla serie positiva di dati trimestrali delle società giapponesi.

Apertura in territorio positivo anche per le principali Borse europee, in scia alla chiusura in rialzo di Wall Street di venerdì scorso ed alla buona performance odierna di Tokyo; prosieguo di seduta  prudente ma con intonazione positiva, in attesa dei dati americani sulla produzione industriale e sul settore immobiliare. I cospicui guadagni sinora conseguiti sui listini europei, l’interlocutorietà della fase di mercato e l’attesa di elementi in grado di muovere al rialzo i mercati con decisione giustificano dunque le prese di profitto che, a dispetto dell’iniziale ottimismo e complice la cattiva intonazione di molti titoli del comparto auto, colpiti dal downgrade degli analisti di JP Morgan, hanno sancito la debolezza delle principali piazze: Londra (+0,07%) e Francoforte (-0,08%) sostanzialmente invariate, debole Parigi (-0,48%), in netto ribasso Madrid (-0,81%).

Piazza Affari (FTSE Mib -0,24%, FTSE Italia All Share -0,29%) comincia la nuova ottava recuperando gran parte delle perdite nel finale, riportandosi così in linea con gli altri listini del Vecchio Continente; hanno pesato le vendite sui titoli del comparto bancario, dovute all’allarme lanciato da Moody’s sulla capacità di molti istituti di credito italiani di rispettare i vincoli di bilancio richiesti dalla Banca centrale europea: in rialzo Monte dei Paschi di Siena (+2,07%) sulle indiscrezioni secondo cui alcuni hedge fund americani punterebbero alla partecipazione all’aumento di capitale da 3 miliardi di euro; molto bene anche Mediobanca (+3,32%) dopo la diffusione di una trimestrale superiore alle attese. Debole Unicredit (-2,08%) dopo che gli analisti di Deutsche Bank hanno ridotto a “hold” (mantenere) il giudizio sul titolo accrescendo invece il target price di Intesa Sanpaolo (-2,33%), la cui possibile emissione di un prestito obbligazionario in dollari con durata quinquennale sembra non piacere ai mercati. Tra alti e bassi i petroliferi, tra i quali spiccano Saipem (+5,1%), nonostante i dati di bilancio aggiornati prospettino una perdita d’esercizio, ed Eni (-0,34%), penalizzata dai rumors sulla possibile cessione della quota detenuta dal Tesoro; tra le società a maggior capitalizzazione giornata nervosa per Telecom Italia (+0,89%) e scivolone per Fiat (-3,2%), che sconta il downgrade di JP Morgan a “neutrale”.

Sul fronte del debito sovrano in leggera contrazione lo spread, la differenza di rendimento tra il Btp ed il Bund con scadenza a dieci anni, che chiude in calo a  244 BP (Basis point, punti base) pari ad un tasso del 4,19%; il differenziale tra il Bonos spagnolo (decennale) ed il Bund tedesco avente stessa scadenza si attesta invece a 233 Bp, undici punti sotto il livello di quello italiano, per un rendimento del titolo iberico del 4,08%.

A segno anche la prima asta del Tesoro italiano in programma questa settimana: collocato il massimo del quantitativo previsto (3 miliardi di euro), con tassi in calo rispettivamente all’1,392% e al 2,73% in virtù di una domanda sempre sostenuta. In particolare il CTz con scadenza 30 giugno 2015 ha registrato un rapporto di copertura (ammontare di titoli richiesti su titoli offerti) di 1,78 in leggero aumento rispetto all’asta di settembre, mentre il Btp settembre 2023 indicizzato all’inflazione ha evidenziato una richiesta leggermente minore rispetto all’asta di aprile (tasso di copertura di 1,18 anziché 1,91).

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