TRIESTE – L’ultima settimana di luglio si è rilevata ricca di appuntamenti macroeconomici di assoluto rilievo, dalla disoccupazione e dal PIL degli USA all’andamento del mercato del lavoro in Germania e nel Vecchio Continente, alle nuove indicazioni di politica monetaria ed alla prosecuzione del “tapering” da parte della Federal Reserve: un periodo caratterizzato da una forte incertezza, pagata da Piazza Affari con il terzo calo mensile consecutivo dell’indice FTSE Mib, in flessione del 3,35%.
Alcuni dati statunitensi deludenti, una ventata di semestrali tormentate ed inquietudini per una ripresa dell’Eurozona più lenta del previsto si sono sommate al riaccendersi delle tensioni geopolitiche (Libia, Medio Oriente, Ucraina) ed ai timori di un nuovo default dell’Argentina, deprimendo i mercati. In realtà il fallimento tecnico di Buenos Aires, il secondo nell’arco di 13 anni dopo il drammatico crack del 2001, era atteso, preannunciato tanto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che dalle agenzie di rating (Standard & Poor’s aveva già messo il Paese in “default selettivo” mentre Moody’s l’aveva inserito tra gli emittenti altamente speculativi con prospettive “Negative”); poiché finora l’avvenimento non sembra aver pesato sulle Borse c’è da chiedersi quando comincerà a farlo, con le prossime sedute ad indicarne chiaramente l’entità.
La recente fase di bassa volatilità dei mercati può essere in parte giustificata da cambiamenti strutturali prodottisi nel panorama economico e finanziario: maggiore stabilità macroeconomica ed aspettativa di tassi d’interesse bassi per un prolungato periodo hanno contribuito a contenere le fluttuazioni del mercato, ma i listini, dipendenti dall’enorme liquidità introdotta in questi anni nel sistema dal Quantitative Easing, potrebbero prezzare a breve la politica monetaria della Fed. Se a ciò si aggiungono le tensioni internazionali derivanti dalle sanzioni alla Russia decretate dall’Unione Europea per la questione ucraina ed il possibile fallimento del Banco Espirito Santo, il maggiore istituto di credito portoghese in perdita di 3,57 miliardi di euro ed il cui ex presidente è stato arrestato con l’accusa di frode fiscale, abuso, falsificazione e riciclaggio, le tinte fosche assunte dalle Borse appaiono del tutto lecite.
Da qui l’importanza assunta dalla riunione della Fed della scorsa settimana nella quale, con un solo voto contrario del board, la banca centrale USA ha mantenuto invariati i tassi di interesse in un intervallo compreso tra lo 0% e lo 0,25%, ai minimi di sempre, proseguendo nella riduzione (il così detto “tapering”) di altri 10 miliardi di dollari del programma di acquisto di titoli a lungo termine, sceso a 25 miliardi di dollari, procedura che giungerà a totale compimento il prossimo mese di ottobre.
Nel frattempo in Europa è migliorato l’indice di fiducia economica (salito a 102,2 punti) e peggiorato quello della fiducia dei consumatori (sceso a -8,4 punti), con l’inflazione (prezzi al consumo, stima flash) in incremento dello 0,4% su base annuale ma in contrazione (-0,5%) rispetto al mese precedente.
A giugno sono salite più delle attese degli analisti sia le vendite al dettaglio in Germania (+1,3% su base mensile e +0,4% su base annuale) che l’indice dei prezzi al consumo (dato preliminare) di luglio (+0,8% su base annuale ma -0,3% su base mensile); nel Belpaese rallenta invece l’inflazione (-0,1% rispetto a giugno 2014 e +0,1% rispetto a luglio 2013) a causa dell’ampliarsi della flessione su base annua dei prezzi degli energetici regolamentati.
Calo a giugno del tasso di disoccupazione nella zona Euro (11,5%) con i disoccupati scesi a 18,41 milioni di persone; in Germania sono invece calati di 12mila unità, con il relativo indice attestatosi allo stesso livello di giugno (6,7%); tasso di disoccupazione in diminuzione di 0,3 punti percentuali in termini congiunturali ma in aumento di 0,1 punti nei dodici mesi a giugno in Italia, dove la quota dei 15-24enni disoccupati rappresenta il 43,7% sul totale degli occupati o in cerca.
Ultimo giorno della scorsa settimana ricco di dati importanti su entrambe le sponde dell’Atlantico: a luglio l’economia USA ha creato 209mila nuovi posti lavoro con un tasso di partecipazione alla forza lavoro salito al 62,9%, primo incremento negli ultimi 4 mesi; leggero calo invece per l’indice sulla fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan, al quale si affiancano la perdita di forza del settore manifatturiero stimata da Markit e la crescita di redditi e spese personali dei cittadini americani. Settore manifatturiero in espansione anche nel mese di luglio in Europa, con l’indice PMI stabile ai 51,8 punti del mese precedente; è salito a 52,4 punti in Germania, mentre invece è sceso in Italia (51,9 punti) ed in Francia (47,8 punti).
La nuova ottava, coincidente con la prima settimana di agosto, si è dunque aperta oggi riproponendo gli stessi temi di fondo di sette giorni fa: le tensioni geopolitiche internazionali, il default dell’Argentina, il sempre incombente rischio deflazione nell’Eurozona. Ancora una volta, giovedì prossimo, sarà una banca centrale a catalizzare l’attenzione generale con le proprie decisioni in tema di politica monetaria: riflettori puntati sulla Banca Centrale Europea (BCE) e sulla successiva conferenza stampa di Mario Draghi per verificare tanto l’applicazione delle nuove misure di sostegno dell’economia, annunciate già da giugno ma non ancora messe in pratica, quanto l’impatto dell’adozione delle sanzioni economiche contro la Russia già concordate con gli Stati Uniti.
A preoccupare è soprattutto la questione Ucraina: è stato calcolato che le sanzioni potrebbero determinare una flessione del PIL dello 0,3% quest’anno e dello 0,4% nel 2015, ma se il conflitto dovesse aggravarsi questo implicherebbe anche un loro inasprimento con ripercussioni più pesanti sull’economia, tali da poter nuovamente trascinare l’Eurozona in recessione.
Seduta negativa per i listini asiatici con l’indice MSCI della regione appena sotto quota zero, sotto pressione per il default dell’Argentina e per i problemi dell’istituto portoghese Banco Espirito Santo, gli stessi elementi che venerdì hanno pesato su New York. La Borsa di Tokyo (-0,3%) ha chiuso oggi per la terza seduta di fila in ribasso, complici anche l’onda lunga della negativa performance di Wall Street della scorsa settimana ed il recupero dello yen sul dollaro. Di tutt’altra intonazione le Borse cinesi: l’aspettativa che il governo del Dragone accelererà la riforma relativa alle aziende controllate dallo Stato ha sostenuto Shanghai (+1,7%) ed Hong Kong (+0,2%).
Inizio di settimana positivo per le principali Borse del Vecchio Continente, reduci la scorsa ottava di tre sedute consecutive in rosso, proseguito in maniera contrastata nonostante il sospiro di sollievo per il via libera al salvataggio di Banco Espirito Santo (BES) in Portogallo; questa notizia ha dato un po’ di benzina ai listini di Eurolandia per quasi tutta la giornata, ma il cambio di direzione di Wall Street ha poi condizionato le operazioni anche da quest’altra parte dell’Atlantico, portando a chiusure contrastate: pressoché invariata Londra (-0,02%), in discesa Francoforte (-0,61%), positiva Parigi (+0,34%).
Piazza Affari (FTSE Mib +0,09%, FTSE Italia All Share +0,05%) ha inaugurato la nuova ottava con gli indici in altalena a causa dei pesanti ribassi subiti la scorsa settimana, risoltasi poi con la tenuta dei bancari ed una chiusura ad indici sostanzialmente invariati. Buona giornata per IntesaSanpaolo (+1,42%) e segno più anche per Unicredit (+0,77%), performance negativa, invece, per il Monte dei Paschi di Siena (-1,12%); tra gli altri finanziari Generali (+0,58%) ha portato a casa la promozione da parte degli analisti di Credit Suisse.
Segnaliamo la flessione di Mediaset (-1,13%), dovuta alle incerte prospettive del mercato pubblicitario, i guadagni di Telecom Italia (+1,41%), favoriti dall’ingresso della People’s Bank of China tra i maggiori azionisti della compagnia telefonica, la deludente prestazione di Fiat Chrysler (-0,63%) imputabile al calo delle immatricolazioni sul nostro territorio nazionale. Sul fronte del debito sovrano leggero ribasso in avvio d’ottava per la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp marzo 2024) ed il corrispondente omologo tedesco, con lo spread sul Bund sceso a 156 Bp (Basis point, punti base) dai 160 Bp della chiusura di venerdì, pari ad un tasso del 2,69%.
In contrazione anche lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, portatosi a 50 Bp dai 55 della chiusura precedente, per un rendimento ridottosi allo 0,52%. Continua a scendere anche lo spread tra Bonos spagnoli decennali e Bund tedeschi, ora a 136 punti base per un tasso del 2,5%.