Banche centrali: BCE alla prova TLTRO, board cruciale per la Fed

TRIESTE – Dopo aver archiviato agosto come il miglior mese, dallo scorso febbraio, tanto per l’indice MSCI che rappresenta i mercati globali quanto per lo S&P500 di Wall Street, i listini hanno inaugurato la nuova ottava concentrati sulla riunione del Consiglio (board) della Banca Centrale Europea (BCE) di giovedì 4 settembre, le cui scelte di politica monetaria, influenzate dai dati sull’andamento economico dell’Eurozona e da quelli relativi all’inflazione, sono determinanti soprattutto per la ripresa del Vecchio Continente.

Alla vigilia dell’appuntamento dell’Eurotower, in serata, oltre Atlantico è stato pubblicato il Beige Book, periodico aggiornamento della situazione economica negli Stati Uniti due settimane prima della riunione della FED, vero e proprio termometro dello stato di salute del sistema produttivo americano, che ha segnalato come nelle settimane precedenti l’economia a stelle e strisce abbia continuato a crescere ad un ritmo modesto così come il mercato del lavoro, con il solo mercato immobiliare a non riuscire a tenere il passo.

La Germania ha invece registrato un aumento del 4,6% su base mensile degli ordini all’industria, dato decisamente superiore alle attese, che a sua volta ha prodotto un rialzo dell’1,9% della produzione industriale, maggior incremento mensile da marzo 2012; la bilancia commerciale tedesca,  beneficiata da un forte aumento delle esportazioni (+4,7%), ha invece chiuso con un saldo positivo (22,2 miliardi di euro) decisamente migliore delle previsioni degli analisti.

Secondo quanto indicato da una lettura preliminare dell’Eurostat non migliora invece l’economia europea nel secondo trimestre dell’anno, con il PIL di periodo della Zona Euro a crescita nulla e quello su base annua in rialzo dello 0,7%; entrambe gli indicatori hanno centrato le aspettative del consensus.

La congiuntura generale ha suggerito alla Banca d’Inghilterra di non variare i tassi ufficiali nel Regno Unito mantenendoli allo 0,5%, così come proseguirà invariato il suo programma di acquisto asset (Quantitative Easing) per 375 miliardi di sterline; abbiamo approfondito in un altro articolo la sorprendente decisione della BCE di ridurre ai minimi storici dello 0,05% il saggio di riferimento, risoluzione accompagnata dalla realizzazione, accanto all’imminente piano TLTRO (Targeted Long-Term Refinancing Operation), di un ulteriore programma di acquisto di ABS (Asset Backed Securities) e covered bond al fine di sbloccare il mercato del credito.

La decisione ha spinto al rialzo tutti i principali listini continentali, ivi compresa Piazza Affari: tra il 1° ed il 5 settembre il FTSE Mib, il principale indice azionario di Milano, ha messo a segno un rialzo del 4,62%; non altrettanto buona invece l’ottava conclusasi venerdì 12, quando la flessione dell’1,51% del medesimo indicatore ne ha ridotto il rialzo da inizio anno all’11,1%.

I principali dati macroeconomici della seconda settimana del mese hanno indicato l’incremento (a sorpresa) della produzione industriale in Francia (+0,2% su base mensile), anche se l’inflazione, in crescita dello 0,5% sia su base mensile che su base annuale, registra il livello minimo degli ultimi cinque anni; anche la locomotiva tedesca sta decisamente rallentando il passo, con l’indice dei prezzi al consumo (dato finale) che ad agosto ha registrato una variazione congiunturale (mese su mese) nulla ed una variazione tendenziale (anno su anno) in crescita dello 0,8%. Superiore alle stime degli analisti la produzione industriale nella Zona Euro a luglio, in crescita dell’1% su base mensile e del 2,2% su base annuale.

La notizia migliore per l’Eurozona riguarda però la Grecia, alla quale l’agenzia S&P ha migliorato il livello del rating sul debito sovrano portandolo da “B -” a “B”, in conseguenza alle misure politiche e fiscali adottate recentemente dal governo ellenico e dalle prospettive che per i prossimi trimestri rimangono “stabili”.

Oltre Atlantico da rilevare che l’indice sulla fiducia dei consumatori elaborato dall’Università del Michigan in collaborazione con Thomson Reuters è salito a 84,6 punti a metà settembre (lettura preliminare) dagli 82,5 di fine agosto battendo le  attese degli analisti, il livello più alto da luglio del 2013.

Protagoniste degli ultimi sette giorni ancora una volta la BCE, con il suo bollettino mensile, e l’Italia, con nuove aste di Bot e Btp, con l’Eurogruppo di venerdì scorso a Milano a chiudere la tornata di appuntamenti di rilievo. 

Secondo il bollettino dell’Eurotower «Restano rischi sulle possibilità del governo italiano di centrare l’obiettivo di un deficit di bilancio pari al 2,6% del PIL nel 2014, soprattutto dopo che il quadro economico è risultato peggiore del previsto», ragion per cui «è importante che l’Italia rafforzi ulteriormente la posizione di politica fiscale così da adempiere alle norme del Patto di Stabilità e di Crescita, in particolare per quanto riguarda la riduzione del rapporto debito pubblico/PIL». Come dire che per mantenere l’impegno di un rapporto deficit/PIL sotto al 2,6% dovremo soprattutto abbattere l’indebitamento, il che significa disporre di un bilancio strutturale (al netto del costo del debito e della congiuntura eccezionale) in pareggio dal 2015.

Impegno non da poco, considerato che gli economisti della BCE pronosticano che «nel terzo trimestre la crescita dell’Eurozona, secondo gli indicatori disponibili fino ad agosto, perderà slancio e l’espansione proseguirà ad un ritmo modesto» e che sulla ripresa continuerà a pesare «un elevato tasso di disoccupazione»; a conferma di quanto recentemente affermato dal governatore Mario Draghi a Jackson Hole, se le condizioni economiche dovessero restare deludenti e «se si dovessero affrontare i rischi di un periodo troppo prolungato di bassa inflazione, il consiglio direttivo della BCE è unanime nel suo impegno a fare ricorso ad ulteriori strumenti non convenzionali nel quadro del suo mandato», lasciando quindi una porta aperta per un possibile “Quantitative Easing”.

L’ipotesi di una moratoria biennale sul Six Pack risparmierebbe all’Italia una Legge di Stabilità “lacrime e sangue”, consentendo al Belpaese maggiori margini per attuare politiche espansive e “provare a rianimare il paziente”, cioè provare a far ripartire la crescita: in sostanza ad ottobre si potrebbe evitare una maxi manovra da 25 miliardi di euro a base di ulteriori tagli draconiani o maggiori tasse per 8/10 miliardi di euro.

Nel frattempo l’Istat ha comunicato che, per effetto dei cambiamenti introdotti al sistema di misurazione dall’adozione delle nuove regole europee, il Prodotto Interno Lordo (PIL) italiano è stato rivalutato del 3,7% (59 miliardi) rispetto al precedente valore, passando da 1.579,9 a 1.638,9 miliardi di euro; relativamente ai principali parametri di finanza pubblica, l’insieme dei cambiamenti negli aggregati combinati all’aumento del PIL hanno prodotto un rapporto tra deficit e PIL (del 2011) al 3,5%, in miglioramento di 0,2 punti percentuali rispetto alla stima precedente.

Purtroppo, ad agosto 2014, in Italia l’inflazione è aumentata dello 0,2% rispetto al mese precedente ma è diminuita dello 0,1% nei confronti di agosto 2013 (era +0,1% a luglio), confermando la stima preliminare, mentre a luglio la produzione industriale ha registrato un forte calo (-1%) rispetto al mese precedente, così come è drasticamente scesa (-0,8%) la media del trimestre maggio-luglio rispetto al trimestre antecedente, anche se nei primi sette mesi del 2014 è rimasta invariata rispetto all’anno precedente.

La recente corsa al ribasso dello spread e la conseguente riduzione del costo del debito si sono tradotte in una nuova boccata d’ossigeno per le casse del Stato: l’asta Bot si è conclusa con un rendimento fissato allo 0,271%, nuovo minimo per questi titoli, con i collocamenti di Btp a tre ed a sette anni rispettivamente scesi ad una resa dello 0,52% e dell’1,71%; la quarta tranche dei Btp 1° marzo 2030 ha registrato invece tassi in calo al 3,01%.

Meno piacevole la comunicazione della Banca d’Italia secondo la quale a luglio il debito pubblico ha toccato un nuovo massimo storico sfiorando i 2.169 miliardi di euro, circa 100 miliardi in più rispetto all’inizio del 2014.

Lo scorso venerdì il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan, ha presentato all’Ecofin, il Consiglio degli omologhi Ministri europei che discute di questioni economico-finanziarie dell’UE (Unione Europea), un pacchetto di iniziative, tra le quali trovano posto cartolarizzazioni (cessioni di attività o beni di una società a terzi attraverso l’emissione ed il collocamento di titoli obbligazionari) e “mini-bond” (titoli emessi da piccole e medie imprese, per avere un canale di finanziamento alternativo a quello bancario) su scala europea: in questo modo la BCE potrebbe acquistarli con il nuovo programma appena varato, favorendo un abbassamento dei tassi di interesse per le aziende dell’Europa periferica.

Interrogato da quanti chiedevano se l’Italia conta di rispettare l’obiettivo di un deficit al 2,6%, il ministro Padoan ha risposto che «Rispetteremo gli impegni presi con l’Europa, ma la stima del deficit al 2,6% era con un altro quadro macroeconomico. Stiamo lavorando alla legge di stabilità». Una frase che lascia intuire che nel prossimo DEF (Documento di Economia e Finanza) non si potrà considerare valida quella previsione, che verosimilmente verrà peggiorata: «La BCE ammette che il quadro macroeconomico è molto peggiore di sei mesi fa e c’è l’ovvia implicazione per i conti pubblici» ha chiarito il titolare del dicastero dell’Economia.

Nell’informale incontro tenutosi il giorno prima a Milano, Mario Draghi aveva insistito sulla necessità di investimenti sottolineando che la «ripresa è fragile, ma continuerà», subito ripreso dalle parole del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem: «Credo che tutti siano d’accordo sull’idea che le priorità in Europa siano la crescita e l’occupazione, il grande dibattito è su quali politiche usare per ottenere la crescita occupazionale e l’occupazione e quale mix di politiche si tengano insieme».

Chiusasi con quest’evento la scorsa settimana, la nuova ottava si è aperta oggi nuovamente all’insegna delle banche centrali: mercoledì negli USA le decisioni della Federal Reserve sui tassi daranno indicazioni sulla politica monetaria del prossimo futuro, mentre in Europa la BCE celebrerà il primo appuntamento con le aste TLTRO (Targeted Long-Term Refinancing Operations), nuove iniezioni di liquidità per il settore bancario quasi “a costo zero”, vincolate al reimpiego a sostegno dell’economia e non, come avvenuto in passato, utilizzabili per speculazioni mediante l’acquisto di remunerativi titoli di Stato.

Giovedì si deciderà invece dell’indipendenza della Scozia, un referendum dagli esiti temuti sia dal Regno Unito che dai mercati, stanti le possibili ripercussioni sulla sterlina.

Nel corso della giornata odierna l’Eurostat ha comunicato i dati di luglio relativi alla bilancia commerciale dell’Eurozona: un surplus di 21,2 miliardi di euro migliore delle attese degli analisti, conseguito grazie ad un incremento del 3% delle esportazioni.

Per quanto riguarda lo scenario internazionale, presentazione da parte dell’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) dell’Interim Assessment con l’aggiornamento sulle condizioni economiche dei principali Paesi dell’area: gli esperti prevedono per l’esercizio in corso un calo del Pil italiano nell’ordine dello 0,4%, stima che si confronta il +0,5% indicato nel precedente report di maggio; secondo l’organizzazione francese l’economia italiana dovrebbe tornare a crescere nel 2014, anche se la stima di aumento del PIL è stata limata dall’1,1% ad un anemico 0,1%. Anche l’agenzia di rating S&P ha fornito nuove stime sull’economia italiana: prevede per l’esercizio in corso una crescita nulla del PIL (+0,5% l’indicazione di giugno), per un ritorno alla crescita nel 2015 (+0,7% la stima) con successiva “accelerazione” nell’esercizio successivo (+1,2%).

Entrambe i team di esperti non escludono che, con un’inflazione prossima allo zero, possa diventare concreto il rischio di uno scenario deflattivo, con possibili difficoltà nella gestione del debito pubblico.

Seduta negativa per i listini asiatici, con l’indice MSCI (-0,2%) della regione in calo a causa di alcuni dati macro cinesi al di sotto delle attese, tali da rendere più difficile alla prima economia del mondo il raggiungimento dei suoi obiettivi di crescita. Dopo aver archiviato la scorsa settimana con un nuovo guadagno che ha portato l’indice Nikkei ai massimi da otto mesi, oggi la Borsa di Tokyo è rimasta chiusa per le celebrazioni del “Respect for the aged day”, la festa dedicata alle persone anziane.

Nonostante gli odierni guadagni abbiano portato Shanghai Composite(+0,3%)al più alto livello dal marzo del 2013, la produzione industriale cinese ad agosto (+6,9%) ha rallentato significativamente rispetto a giugno (+9,2%) e luglio (+9%), mentre meno marcata è stata la frenata delle vendite al dettaglio (ad agosto +11,9% contro il +12,2% nel mese precedente); gli investimenti in capitale fisso nelle aree urbane, un indicatore dell’attività nel settore delle costruzioni, sono aumentati nel periodo gennaio-agosto del 16,5% contro una previsione del 16,9%. Gli investitori scommettono ora che Pechino prenderà ulteriori misure per stimolare l’economia.

Il parziale rallentamento dell’economia cinese combinato all’attesa per il meeting della Federal Reserve ed il referendum sull’indipendenza scozzese hanno portato le principali piazze europee ad un’apertura negativa, mentre i dati al di sotto delle attese sulla produzione industriale cinese sona la causa del proseguimento della seduta in territorio negativo; il comparto energetico, sempre molto sensibile alle notizie che riguardano la prima economia emergente mondiale, ha poi completato l’opera, facendo lo sgambetto all’Europa: sostanzialmente invariate, seppur con segni opposti, Londra (-0,04%) e Francoforte (+0,09%), progressivamente negative Parigi (-0,29%) e Madrid (-0,44%).

Piazza Affari (FTSE Mib -1,04%, FTSE Italia All Share -1,06%) ha iniziato la settimana con gli indici in rosso, complice la doppia bocciatura di Standard and Poor’s e dell’OCSE sul PIL italiano. A Milano sotto pressione il comparto energia, con A2A (-1,14%) in discesa per la quarta seduta consecutiva ed Iren (+0,66%) in timido rimbalzo mentre il mercato continua a speculare sulla possibilità di una fusione fra le due utility; Eni (-1,01%) invece ha pagato anche la questione delle tangenti in Nigeria.

Sul fronte del debito sovrano senza scosse la differenza di rendimento tra il titolo decennale italiano (Btp settembre 2024) ed il corrispondente omologo tedesco, oggi a 145 Bp (Basis point, punti base) per un rendimento del 2,46%. Stabile lo spread tra il Btp e il Bund tedesco con scadenza a due anni, fermo ai 50 Bp della chiusura di venerdì con un rendimento dello 0,42%.

Lo spread tra titoli spagnoli decennali e Bund tedeschi ha chiuso a 132 punti base, pari ad un rendimento del Bonos del 2,34%.

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