Il diritto… al campo

MILANO – Qualsiasi essere umano dovrebbe avere, in un paese civile, il diritto inviolabile di edificare un riparo di fortuna, quando non sia in grado di vivere in una casa. Chi si batte contro i “campi Rom” segue un pensiero irrazionale e intollerante oppure non è in buona fede.

Chi definisce come “ghetti” i campi Rom non ha idea di cosa fossero i ghetti negli anni delle leggi razziali: luoghi di reclusione da cui si usciva solo per essere trasferiti verso i campi di lavoro coatto e quindi i luoghi di sterminio. Dai campi Rom si può uscire in qualsiasi momento, senza alcuna limitazione della libertà né degli obiettivi. La realtà è piuttosto semplice: chi non ha un’abitazione in cui riparare, costruisce una baracca. Tante baracche formano poi il cosiddetto “campo”. E’ un fenomeno spontaneo e una conseguenza diretta della povertà e dell’emarginazione, non una politica istituzionale. Ai governi e in particolare a quello italiano posiamo muovere tante accuse, ma non certo quella di voler confinare i Rom nei campi. Dobbiamo impegnarci per la libertà, l’eguaglianza e l’accesso al mercato del lavoro per tutte le minoranze. Chi ha un lavoro, può dire subito addio al campo e affittare un appartamento. Le persone e le associazioni che costruiscono “percorsi di integrazione” per i Rom sono arroganti. Tutte i popoli e i gruppi sociali di minoranza hanno il diritto sacrosanto di essere liberi e di avere pari opportunità rispetto alla maggioranza. Chi sostituisce il proprio pensiero all’autodeterminazione dei popoli e dei gruppi sociali è nocivo al progresso civile.

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