Scontri a Roma. Cronaca dell’esasperazione

ROMA – Alla manifestazione del 14 dicembre a Roma, indetta per manifestare contro il governo Berlusconi e le sue politiche economiche e sociali, hanno partecipato decine di migliaia di studenti, ricercatori, precari, insegnanti delle scuole, disoccupati.

Impossibile quantificare l’esatto numero, anche perché in realtà i cortei organizzati erano almeno quattro. Dall’Università della Sapienza sono partiti gli studenti più grandi di Roma1, Roma2 e quelli provenienti da tutto il resto d’Italia, molti ricercatori, alcuni istituti superiori.
A Piazza della Repubblica il concentramento a cui prendevano parte alcune sigle sindacali studentesche e il “popolo viola”. Dalla stazione Ostiense si sono mossi la maggior parte degli studenti delle superiori e di Roma3 mentre dal Colosseo è partito lo spezzone della rete “Uniti contro la crisi”, alla quale aderiscono alcuni centri sociali e la FIOM. Considerando che si trattava di un giorno feriale e non era stato proclamato nessuno sciopero generale, si può tranquillamente affermare che è stata una vera e propria manifestazione di massa.
Tutti uniti nell’obiettivo di abbattere il governo di centro-destra e bloccare, come prima conseguenza, la legge Gelmini sull’istruzione e la ricerca.
Roma si presentava blindata, come già successo durante le precedenti manifestazioni, anche se in realtà in una zona molto circoscritta del centro-storico.
Slogan, striscioni, cartelli fino al ricongiungimento di tre cortei con quello proveniente da Ostiense presso via S.Marco.
A via degli Astalli un blindato dei Carabinieri era stato posizionato per impedire il transito ai manifestanti che hanno iniziato a lanciare bottiglie, petardi e sacchetti della spazzatura provenienti da quella Napoli che il premier ha ripetutamente annunciato di voler ripulire in pochissimi giorni, ormai da oltre due anni e mezzo. Nel parapiglia le forze dell’ordine restano dietro al blindato e quando provano ad affacciarsi dai lati si trovano alcune decine di persone che con cinghie e bastoni  dimostrano le loro intenzioni.

Molti studenti hanno paura, qualcuno grida “basta” ai manifestanti e il corteo finalmente riprende il suo percorso non prima di aver assaggiato qualche lacrimogeno sparato dai Carabinieri.
Già in molti sanno della scontata fiducia votata al Senato.
Quando all’altezza di Corso Vittorio Emanuele si sparge la notizia che anche la Camera ha votato a favore del Governo la testa del corteo, quella dei “Book Block” si trova, – stando alle testimonianze raccolte proprio nei pressi di Montecitorio – nel tentativo di sfondare la zona rossa blindata dalle forze dell’ordine.
Le banche e le telecamere di sorverglianza su Corso Vittorio subiscono danni: vetri e bancomat infranti da centinaia di persone arrabbiate per l’esito del voto ma che – a sentire le loro parole –  non credono, allo stesso tempo, alla fallimentare opposizione parlamentare. Probabilmente, le cose sarebbero andate lo stesso così anche se il governo Berlusconi non avesse ricevuto la fiducia parlamentare.

Giunti sul Lungotevere da un furgoncino scoperto di materiali edili vengono prelevati mattoni e manici di legno, i quali vengono usati contro alcune scuole private dal contributo statale bi-partisan, un SUV e un’auto blu vengono date al fuoco.

Prima di giungere a Piazza del Popolo,  dove era previsto un comizio di chiusura da parte della rete “Uniti Contro la Crisi” per poi ripartire in corteo verso il Muro Torto direzione “La Sapienza”,  si veniva a sapere  – stando sempre  alle voci che circolavano in quei drammatici momenti  – che erano in corso scontri lungo via del Corso e quelle adiacenti.
All’incrocio con Ponte Margherita una Jaguar veniva data alle fiamme, le quali si propagavano ad una vicina Smart. I pompieri giungevano sul posto una trentina di minuti dopo per spegnere l’incendio.
Finalmente giunti a Piazza del Popolo, che si andava via via riempiendo, si intuiscono i cruenti scontri in tutte le vie del “Tridente” (il “Corso”, “via del Babuino” e “via di “Ripetta”). E’ forte l’odore di lacrimogeni e si vedono centinaia, forse migliaia, di persone mascherate e non, con e senza caschi, partire in direzione dei palazzi parlamentari.
Sembrava fosse partito l’Assalto al Cielo, insomma.
Vicino una delle Chiese Gemelle, un altro cantiere forniva gratuitamente palanche di legno in gran quantità.
Tanto che le forze dell’ordine tentano di entrare in Piazza da via del Babuino ma vengono respinte. Il blindato della Guardia di Finanza retrocede e poi viene smantellato prima di essere dato alle fiamme insieme ad una vicina auto. A via del Corso le scene sono analoghe, quelle di una guerriglia urbana.
Dopo una mezzora di cariche e contro-cariche, cambia lo scenario, si potrebbe dire “la polizia replica”, lanciando uno dei suoi blindati a folle velocità per la piazza, coadiuvato da altri mezzi simili delle altre forze dell’ordine, contro i manifestanti che gremiscono i larghi spazi della piazza.

Una parte dei finanzieri-celerini sale verso i manifestanti più tranquilli con un altro blindato.
A quel punto è il panico ma vengono erette almeno tre barricate e dati alle fiamme numerosi cassonetti lungo la strada che da piazza del Popolo arriva a Ponte Regina Margherita. I molti presenti si tranquillizzano e per un’oretta buona rimangono in zona perché vorrebbero ricongiungersi con gli altri manifestanti che intanto subiscono le cariche fino a piazzale Flaminio.

Non essendo possibile, si ritirano oltre Ponte Regina Margherita per andare a prendere la metropolitana di “Lepanto”. Solo che si accorgono di un’auto della guardia di finanza lasciata incustodita, la quale viene data alle fiamme. Nei pressi di “Lepanto” passa un’auto dei Carabinieri che deve accelerare per non essere devastata: i due agenti se la caveranno con un lunotto posteriore danneggiato.
L’intensa giornata di lotta contro il Governo l’abbiamo vista e raccontata da cronisti, senza voler giudicare quanto è avvenuto ma è d’obbligo per i lettori chiedersi come mai quello che è successo a Roma non avveniva da oltre trent’anni, se si esclude il G8 di Genova, e come mai anche oggi ad Atene si vedono scene ancora più cruente in occasione del nuovo sciopero generale che ha paralizzato il Paese.
Insomma, se i due Paesi dove si sono sviluppati la civiltà romana e quella ellenistica sono in fiamme, non può essere colpa dei “soliti pochi facinorosi”. Troppo facile, superficiale ed erroneo. Evidentemente la “crisi” esiste davvero ed è davvero molto, molto pesante anche perché la maggior parte dei giovani non vede (e non ha) certezze per il proprio futuro. Questo è il sentire comune che abbiamo registrato durante questi terribili momenti.

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