Caldo. Pronto soccorsi intasati. In attesa per ore

Per Codacons: fallimento dell’accordo del 6 giugno

ROMA –   Il caldo e l’afa di questi giorni hanno prodotto, esattamente come negli anni passati, un boom di chiamate al 118 ed un intasamento dei pronto soccorso in moltissime città italiane, anche in realtà felici, come Milano, dove si sperimentano le «Anagrafi della suscettibilità» che dovrebbe censire le persone più sensibili all’aumento delle temperature proprio per prevenire malori e corse negli ospedali, sperimentazione avvenuta in appena 25 città su 8.092 comuni italiani. Insomma, come previsto dal Codacons, la mancanza di un serio coinvolgimento dei medici di famiglia nei piani anticaldo, ha prodotto, ancora una volta, lo scavalcamento della prima linea del Servizio Sanitario Nazionale, quella dei medici di base, che, teoricamente, dovrebbero fare da filtro alle chiamate al 118.

La conseguenza è stata un numero di accessi esagerato per persone che avrebbero potuto evitare il pronto soccorso se il sistema che sta a monte avesse funzionato. Inoltre le attese sono state estenuanti. Trattandosi spesso di codici verdi i pazienti hanno dovuto patire ore di attesa, spesso, paradossalmente, al caldo, quel caldo che gli aveva prodotto il malore.Per il Codacons è la conferma che l’accordo del 6 giugno in sede di Conferenza unificata tra Governo e Regioni, Province e Comuni sulla
prevenzione degli effetti delle ondate di calore, che nemmeno cita i medici di famiglia, ha fallito, proprio per questo, il suo obiettivo. Fino a che nessuno metterà per iscritto che, in caso di passaggio dal livello 2 al livello 3, i medici di base devono visitare i pazienti più a rischio da loro stessi segnalati, anche se non chiamati, ad ogni ondata di calore ci ritroveremo con i pronto soccorso intasati. Il Codacons evidenzia come nei pronto soccorso troppo spesso il paziente sia lasciato per ore in attesa senza alcuna informazione e chiede, come avviene sperimentalmente in alcune realtà, che sia introdotto un monitor sui quali far scorrere la situazione dei pazienti in sala d’ attesa, così che tutti possano vedere a che punto è la propria posizione.

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