Ricordando Nicolini, uomo colto e popolare

ROMA – Non era un sognatore, non era stravagante. Era uno che produceva idee e lavorava per realizzarle.

Il miglior omaggio che si può fare a Renato Nicolini a raccontare, attraverso ricordi, chi era davvero quel giovanotto, si era un giovanotto allora, che un grande sindaco di Roma, Carlo Lodovico Argan, nominò assessore alla Cultura della Capitale d’Italia. Come sempre avviene quando muore una personalità nota gli elogi si sprecano. Tutti parlano bene di Renato, anche se non hanno mancato nel corso degli anni a criticare il suo lavoro sia come assessore che come architetto, intellettuale, uomo di cultura.. Non è un caso che uno dei  suoi cinque figli, Simone abbia perso 20 anni  esprima grande dolore non solo per la scomparsa del padre ma anche amarezza: Sentite le sue parole: “ E’imperdonabile che Roma abbia perso 20 anni di Renato Nicolini. Mio padre doveva e poteva essere sfruttato meglio dalle risorse politiche della città”. E’ vero in parte. Roma ha sfruttato al meglio le capacità di Renato. Roma, non le forze politiche, prima di tutte quelle di sinistra che sono parte della sua storia che, forse, hanno perso esse stesse il contatto con la loro storia. Lo hanno voluto perdere. Ci voleva la morte di Renato perché si tornasse a parlare di sindaci come Argan, Petroselli, Vetere, del loro operato. Ma Nicolini non ha mai abbandonato Roma, il popolo romano. Lo trovavi, semplice cittadino, con la giacca sghemba, nelle manifestazioni. La democrazia, la libertà, i diritti, la cultura diventata la cenerentola in  un paese,  in una città come Roma, che  ha fatto la storia del mondo, lo hanno visto sempre in prima fila. Portava gli striscioni, si inventava gli slogan. Lo ricorda Articolo 21, appassionato sostenitore delle lotte per la libertà dell’informazione, in un corteo, con un uno grande striscione. Leggiamo tante dichiarazioni, dei suoi amici e dei suo avversari. Tutti lo rimpiangono. E’ bene che sia così. Significa che anche chi lo ha spesso criticato, chi non lo ha “usato” come dice il figlio Simone, fa autocritica? In verità non crediamo  sia così.

Il significato dell’estate romana  negli anni di piombo

 Perchè di Nicolini si ricorda una sola cosa, certo di straordinaria importanza: lui  inventò l’estate romana che ha fatto scuola nel mondo tanto che il miniastro della cultura francese lo insignì  come grande ufficiale dell’Ordine delle Arti e della Cultura. Riportò nelle strade di Roma, percorse dalla violenza del terrorismo, da fascisti e autonomi, il popolo, i cittadini. Nelle notti romane, fra i monumenti più belli, tornò la vita. A Massenzio, lo ricordano tutti i giornali, Nicolini lanciò la sua sfida proiettando un film di cui si erano perse le tracce, che nessuno, forse anche fra gli amatori dei cineclub ricordava più: Napoleon di Abel Gance. Negli articoli che ricordano Renato se ne parla come se tutti sapessero di che si tratta.allora sarà bene ricordarlo perché np’n erano in molti a credere bal successo che avrebbe avuto in ua splendida sera, là al Colosseo, questo film realizzato nel 1927 da un regista ,Gance appunto, che impiegò due anni a realizzare la pellicola, muta ovviamente, tanto che la proiezione al Colosseo fu accompagnata da una colonna sonora da parte di una orchestra. Ma fose sarebbe il caso di scavare più a fondo, di  raccontare il “vero” Nicolini. Non è un caso che  nasca l’estate romana, certo per rispondere agli anni di piombo. Ma è anche qualcosa di più. E’ il recupero di una città che muore, amministrata dalla peggiore democrazia cristiana, con squadracce fasciste  che spadroneggiano ,che alimentano violenze. Con Argan  si avvia la rinascita e Nicolini  ne è uno dei promotori. Già ma come nasce, è un fiore che germoglia all’improvviso, fa parte di una storia o è uno stravagante che per caso ci azzecca. Intanto rammentiamo che in quegli anni, gli anni di piombo, era perfino difficile manifestare da parte delle forze politiche e sociali che intendevano difendere la democrazia, battere il terrorismo. I cortei spesso venivano aperti da automezzi delle cooperative edilizie. A volte erano i tassisti con le loro auto gialle ad che aprire la strada. E c’era il servizio d’ordine a impedire gli assalti degli autonomi della P38.

Il ruolo del partito comunista nella Capitale

L’estate romana è un progetto politico e culturale che nasce dentro e con il Pci dei cui Renato è un esponente di primo piano tanta da diventare assessore con tra sindaci profonda,mente diversi l’uno dall’altra, Argan, Petroselli, Vetere, tre comunisti. Già allora il Pci era un luogo  davvero aperto, “frequentato” anche negli organismi dirigenti da intellettuali, professori della Sapienza , artisti, pittori, donne e uomini  di cultura. In un salone nel sottosuolo del palazzo sede della federazione comunista romana, pieno sempre di fumo, si confrontavano, discutevano, si scontravano anche, e di brutto, le diverse anime del partito: Il centralismo non  impediva la libera circolazione delle idee. Nel comitato federale si votava, c’erano maggioranza e minoranze.  E’ dall’interno di questo partito che nasce l’estate romana di Nicolini. Un progetto per una nuova, diversa città. Non tutto fila liscio, anche fra le forze di sinistra ci  sono critiche alla politica culturale della Giunta. Nasce c osì quelòlapartola “ effimero” che ha  impregnato la storia, in negativo, delle stagioni di Nicolini. Lui quella parola non la pronunciava. Non faceva parte della sua cultura. Il sopo progetto era quanto di piò solido e di npiò concreto. Partiva dal recupero del celktrao di Roma per arrivare alle periferie, Pensava ad un grande centro, a Cinecittà, dove riunire le attività legate alla comunicazione, all’informazione, attento alle nuove tecnologie che stavano avanzando. Renato era tutto questo. Era uno cui piaceva stare fra la gente, lui giovane con in giovani aveva un feeling particolare, anche quando i capelli arricciati erano diventati bianchi. Ascoltava,  era curioso,  anche le mode, le tendenze lo interessavano. Gli piaceva anche stare in compagnia, lasciare per qualche opra preoccupazioni, problemi. Ricordo una sera a Rimi, ultimo congresso del Pci che diventerà Pds. Ci voleva una serata diversa, distensiva. Finimmo al “Bandiera gialla”, la storica discoteca romagnola, ad ascoltare la musica che piaceva ai giovani. Lo riconobbero tutti. Renato non era solo un “fenomeno” romano. Era e resta una personalità della cultura europea fra le più sensibili, un uomo colto   e popolare, un intellettuale che riusciva a mettere la politica  al servizio della gente. Cosa non facile. Anzi.

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