Giornalismo. Sallusti rischia il carcere. Fnsi: “Inaccettabile condanna”

ROMA – «È inaccettabile che un giornalista per fare il suo lavoro e per le sue opinioni rischi la galera. Non è da Paese civile.

Succede solo in Italia e questa è una delle ragioni principali per cui l’Italia è così in basso nelle graduatorie mondiali sulla libertà di stampa». È quanto sottolinea in una nota la Federazione nazionale della Stampa italiana, secondo cui «la condanna al carcere, senza condizionale, per il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti, che nei prossimi giorni sarà al vaglio della Corte di Cassazione, è mostruosa e non può essere accettata come atto di giustizia giusta, ancorché dovesse risultare coerente con il codice penale italiano».

«Il punto – prosegue il comunicato del sindacato dei giornalisti – è proprio qui: le norme sulla diffamazione e le sanzioni restrittive della libertà personale del giornalista sono retaggio di sistemi non compatibili con la democrazia, con le carte universali dei diritti umani, con la Carta dei diritti europei».

«Sicuramente – si legge ancora nella nota della Fnsi – una Corte di Giustizia internazionale competente su queste materie cancellerà questa sentenza e sanzionerà l’Italia per il danno recato, perché in caso di conferma della condanna il collega Sallusti dovrebbe intanto cominciare a scontare la pena in carcere per reato di opinione».

Per la Fnsi «è incredibile che, dopo anni di denunce e di casi eclatanti di questo tipo, persino di intervento del capo dello Stato che in una vicenda simile che colpì l’ex direttore Iannuzzi intervenne con l’atto di grazia, nulla sia stato fatto per cancellare queste norme liberticide dal nostro Codice. La Fnsi non ha mai cambiato idea su questo punto. Sostiene infatti il diritto alla libertà di informazione e le ragioni di tutti giornalisti, oggi nello specifico di Alessandro Sallusti».

«Il sindacato dei giornalisti – conclude la nota – quindi torna a sollecitare il Parlamento ad avviare riforme che liberino il nostro Paese e lo pongano allo stesso livello di civiltà giuridica delle nazioni a democrazia avanzata».

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