E’ morto Riccardo Schicchi. Il mondo del porno in lutto

ROMA – Si è spento oggi  a Roma, all’ospedale Fatebenefratelli, Riccardo Schicchi, fotografo, regista, imprenditore del porno italiano. Schicchi era nato in Sicilia ad Augusta il 12 marzo 1952. Decisivo l’incontro con Ilona Staller, con cui nell’83 fondò l’agenzia Diva Futura. Tra le sue scoperte anche la nota Moana Pozzi.

Secondo quanto si è appreso il decesso è avvenuto nel tardo pomeriggio nel nosocomio dove era ricoverato da diversi giorni per diverse complicanze legate al diabete.

Era considerato il «papà» di Moana e Cicciolina. Schicchi iniziò come fotografo, facendo anche reportage di guerra, ma l’incontro con Ilona Staller diede una svolta e si affermò col tempo come il più accreditato regista, imprenditore, produttore e talent scout italiano attivo nel mondo della pornografia. Attratto dal mondo della sessualità, assieme alla disinibita modella ungherese dopo alcune esperienze radiofoniche (il primo film risale al 1979) fondò per l’appunto Diva Futura,  dedicata al mondo dell’erotismo.

«È stato un padre anche per me”, ha detto Rocco Siffredi, raggiunto dalla triste notizia. “Per l’Italia della pornografia questo è un grave lutto. Non c’è stato nessuno come lui che ha creduto così tanto al made in Italy pornografico. Sono nato con lui, nell’agenzia Diva Futura. Avevo 20 anni quando mi scelse: sono
stato l’unico uomo tra tutte le sue donne Cicciolina, Moana, Malù, Ramba, accettato perchè era un amante della bellezza», prosegue Siffredi, l’attore porno italiano famoso in tutto il mondo.
Il divo del settore parla di Schicchi con trasporto, riconoscendo come «sia stato lui a sdoganare tutto il mondo del porno, all’epoca di Ilona Staller, del partito dell’Amore e di Diva Futura. Io sono venuto dopo e grazie a lui, a me dicevano che ero un figo, lui si prendeva gli insulti dei benpensanti». Per Siffredi, «Schicchi ha sempre fatto questo lavoro con passione, pensando ad un’arte. Certo aveva fiutato il business, è stato un genio del porno italiano, ma lavorava con grande
trasporto». Siffredi ne racconta anche la parabola amara, «malato da anni, praticamente cieco e con le gambe che si sbriciolavano, ma sempre con quel sorriso stampato. I suoi ultimi lavori erano la cura di qualche ragazza in chat, non certo la fine che meritava».

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