ROMA – Non sopportava più trascinarsi la sua diversità in una società troppo arretrata per definirsi democratica, che spesso giudica l’omosessuale come un elemento che disturba, inquieta e per questo va emarginato. Per questo un ragazzo di appena 14 anni si è gettato dal terrazzo della sua abitazione.
Un ultimo folle gesto contro il clima di esasperata emarginazione che ogni giorno subiva per via della sua diversità. Questo in sintesi il biglietto che ha lasciato prima di farla finita.
“Un triste episodio ci fa sprofondare in un dolore terribile”, ha commentato Flavio Romani, presidente di Arcigay. “Quel gesto estremo – ha proseguito Romani – è una sconfitta dal peso insopportabile, che ci riporta la fotografia di persone esasperate, sole, emarginate, alle quali nessuno parla e nessuno trasmette la possibilità di un futuro migliore. Mentre i politici discutono di omofobia rassicurando i vescovi sul loro »salvacondotto«, la realtà con un tempismo tragico e maledetto ci sbatte in faccia il problema: è ai ragazzi e alle ragazze come questo quattordicenne che bisogna pensare quando si dibatte dell’omofobia. Così come è al corpo massacrato di Andrea, la transessuale trovata senza vita dieci giorni fa a Termini, che bisogna pensare quando si parla di transfobia. Perchè questa è la realtà. Ed è una realtà ancora molto lontana dal cambiamento e che è un tunnel senza uscite per le persone che la vivono».
«Il Parlamento italiano si accapiglia sull’estensione della legge Mancino, che è tutela minima e dovuta, riconosciuta da anni a molti gruppi e condizioni bersaglio di violenza e discriminazione, e non si interroga nemmeno su quanto questa legge sarà risolutiva dell’intero problema, nè riesce a mettere in agenda provvedimenti in grado di produrre un cambiamento nei luoghi scolastici, in quelli sportivi, nelle famiglie, nella cultura», ha sottolineato Romani.
«Questa è la vera anomalia italiana. Non c’è una promessa credibile di cambiamento che questo Paese riesca a fare alle persone lgbt e questo ci costa un prezzo altissimo, fatto di violenza, di marginalizzazione, di gesti estremi e di vite spezzate. Di tutto ciò la politica deve assumersi la responsabilità. Alla famiglia del giovane romano», ha concluso il presidente di Arcigay, «trasmettiamo la nostra vicinanza e il nostro abbraccio». Sempre a Roma, nel novembre scorso, un 15enne si era impiccato nel bagno di casa dei nonni: anche in quel caso, a spingerlo al suicidio, sarebbero state le continue prese in giro per la sua omosessualità.
Una legge sull’omofobia
Nel frattempo Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center, si appella al governo affinchè approvi urgentemente un decreto legge contro l’omofobia, come è stato fatto per il femminicidio. «La politica smetta di giocare sulla pelle dei gay ed il Presidente Letta approvi d’urgenza un decreto serio contro l’omofobia, come fatto per il femminicidio», chiede Marrazzo. «C’è un fenomeno preoccupante che riguarda i giovani e il mondo della scuola dove si verificano un numero altissimo di discriminazioni verso ragazzi gay. Il governo a partire da Letta e dal Ministro dell’Istruzione Carrozza, mettano in campo politica concrete e campagne contro l’omofobia nelle scuole. Chiediamo che il prossimo anno scolastico inizi in tutte le scuole italiane con un ricordo di questo ragazzo», sottolinea il portavoce di Gay Center.
«Questo suicidio come tanti altri casi di discriminazione che avvengono a scuola in famiglia e nei gruppi di amici è colpa di un’Italia ancora in gran parte omofoba», prosegue Marrazzo. «Nella ricerca che abbiamo elaborato su un campione di 4 mila studenti delle scuole superiori, tra i 14 ed i 18 anni, circa il 5% si sono dichiarati omosessuali, uno su 3 ha pensato almeno una volta al suicidio, ed oltre il 70% ha dichiarato che la propria scuola e la propria famiglia non sono accoglienti verso lesbiche e gay e sono spesso il primo luogo della discriminazione. La stessa omofobia che si scatena in parlamento ogni volta che si discute di una legge che vuole combatterla con una parte della politica che addirittura rivendica la libertà di opinione a scapito del diritto a non essere aggrediti e discriminati. Spesso chi denuncia i propri genitori o compagni di scuola per discriminazioni ed aggressioni poi continua a vivere in casa o a scuola con i propri aguzzini, questo non aiuta le vittime che vogliono denunciare, e provoca un senso di isolamento che può portare a gesti estremi», conclude il portavoce di Gay Center.