Pedopornografia. Paolini finisce in carcere, adescava i minori in chat

ROMA – Contattava i minori in chat sul web il noto disturbatore televisivo Gabriele Paolini finito in carcere ieri sera per le accuse di pedopornografia, sfruttamento e induzione alla prostituzione minorile. Il dato è emerso nel corso delle indagini dei carabinieri che hanno appunto scoperto come Paolini fosse solito contattare e poi adescare i ragazzini con cui poi aveva rapporti sessuali a pagamento in chat su Internet. 

Paolini avrebbe agito «con freddezza, professionalità ed abilità in un quadro di assoluta svalutazione dell’altrui libertà, con acclarata incapacità di governo dei propri impulsi antisociali».  Paolini, accusato di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile e per pornografia minorile, pagava dai 15 ai 50 euro per convincere i minori ad avere rapporti sessuali con lui. Ma per il gip Alessandrina Tudino, che ha firmato le 14 pagine di ordinanza di custodia cautelare, è concreto il rischio che Paolini «possa consumare fatti più gravi» di quelli contestati, avendo dimostrato già «assenza di rispetto dell’altrui persona e dispregio delle regole civili». 

Paolini «non solo non ha esitato ad indurre diversi minorenni ad atti sessuali mercenari, ma ne ha documentato le prestazioni con l’intento di diffondere il materiale a terzi». Quindi anche esigenze di difesa sociale anche per «l’insistente tentativo di persuasione, pur a fronte delle palesi resistenze oppostegli, con modalità espressive di reiterata e collaudata tecnica di induzione».

Insomma «gravissime» condotte per fatti di «intenso allarme sociale ove si considerino le modalità esecutive; il contegno dell’indagato; la spregiudicatezza mostrata; la sicumera di impunità insita nell’aver commissionato la stampa attraverso circuiti commerciali ordinari». Rischio di reiterazione che il gip trae anche dalla circostanza che tali «episodi non appaiono occasionali, ma il segmento di una linea di condotta intesa ad ottenere prestazioni sessuali, esaltate dallo stato di vulnerabilità della vittima; dalla gravità degli episodi e dal disvalore che esso esprime per le finalità perseguite».

Lo schema seguito era sempre lo stesso: Paolini induceva minori alla prostituzione «mediante profferte di danaro, progressivamente elevate tanto da indurre a prestazioni via via più invasive». Sono proprio «le offerte di denaro – iniziali e progressivamente proposte a rialzo – a vincerne la resistenza delle parti offese, con ciò configurandosi una specifica modalità induttiva, idonea a condizionare la capacità di autodeterminazione delle vittime».

Somme di denaro che andavano dai 15 euro fino ai cinquanta, in  un crescendo progressivo, con il passare della durata dell’incontro, della tipologia di prestazione, ma anche legata alle «resistenze» che venivano opposte a Paolini dai minorenni. Non solo l’indagato – si ricorda – ne ha anche formato «copioso materiale fotografico e videografico, evidentemente destinato alla divulgazione».

Circostanza questa che emerge anche «dalla consuetudinaria (sin dal 2012) riproduzione di dati digitali in formato cartaceo, tale da corrispondere ad esigenze di mercato», nonché dalla disponibilità di idonea strumentazione tecnica e dalla «qualità soggettiva dell’agente, impostosi alla pubblica notorietà con condotte moleste, e verosimilmente immesso in circuiti e relazioni ampie ed indeterminate».

 Nel frattempo è stato fissato per mercoledì l’interrogatorio di garanzia di Gabriele Paolini.

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