Prostituzione. Baby Squillo, quello che le ragazze non dicono…

ROMA – Sono praticamente tutte confermate le deposizioni del caso baby squillo esploso in una palazzina insospettabile del quartiere romano dei Parioli. Più che sconvolgenti le rivelazioni raccolte dai Carabinieri e confermate, nel corso degli interrogatori, dall’autorità giudiziaria. «Pensavo che mia figlia spacciasse, non che si prostituisse» dichiara la madre, finita in carcere, della quattordicenne.

Per gli investigatori la donna era a conoscenza del fatto. Ma dalle intercettazioni emerge un lato inquietante di questa madre, che da un lato spronava la figlia a lavorare, e dall’altro si preoccupava che andasse a scuola.
Sullo sfondo la mancanza di un padre, il disagio di un figlio più piccolo con turbe psichiche, e l’incapacità di una donna di limitare le intemperanze della ragazza.
Agnese (nome di fantasia ndr) racconta ai pm che dava i soldi alla madre perché ne aveva bisogno, «cento euro alla volta, le servivano», dichiara a verbale.  Angela ( l’altra minorenne ed anche per lei nome di fantasia ndr) li spende tutti per sé, perché a casa stanno bene economicamente.

Opposto l’atteggiamento dell’altra madre. Quella che per mesi combatte con la sedicenne Angela. 
Minacciata dalla figlia durante una lite «Ti mando i miei amici cocainomani a sgozzarti, ti ammazzo con le mie mani» . La donna decide di denunciarla perché nel cellulare della ragazza ha trovato messaggi con la dicitura «cliente» accanto ai nomi: «Tutto ciò fa intendere – dice a verbale – che mia figlia si venda per denaro con numerose persone». La signora consegna ai Carabinieri anche una provetta di plastica «contenente una piccola quantità di sostanza polverosa verosimilmente stupefacente».

«Se lo abbiamo fatto è stata una scelta nostra e non è stata una scelta di Mimmi (Mirko Ieni, uno degli sfruttatori arrestati ndr). Non è che lui ci ha costretto», risponde Angela davanti al procuratore aggiunto.
È la psicologa presente all’interrogatorio che chiede ad Angela cos’è che l’ha portata verso la prostituzione? E lei: «È cominciato tutto per gioco. Mi è venuto in mente e ho cercato su internet… su Google».
È così che la ragazza entra in contatto con l’uomo che le fornirà i clienti. «Ho mandato una e-mail a quello che c’era segnato lì… Era Nunzio (Pizzacalla, altro arrestato ndr)». L’interrogatorio si conclude.  Angela è accusata di aver indotto l’amica a prostituirsi e anche di averle fornito la cocaina. 

Nel suo interrogatorio, la piccola Agnese aveva ben spiegato ai pm quali fossero le sue aspirazioni: «Noi vogliamo troppo! – ha dichiarato – Per guadagnare tutti questi soldi, o spacci o ti prostituisci.

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