Incendio Prato. La Procura apre un’indagine. Basta schiavitù

PRATO  – Omicidio colposo plurimo, disastro colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di manodopera clandestina. Questi i reati per i quali la Procura di Prato ha aperto un’inchiesta in merito all’incendio che ha causato la morte di 7 lavoratori cinesi.  

Anche il Codacons ha presentato oggi un esposto alla Procura nel quale l’associazione chiede di accertare le responsabilità del Sindaco di Prato, dell’Inail e dell’Ispettorato del Lavoro relativamente a controlli, verifiche e rispetto delle norme di sicurezza. Secondo il comandante della polizia municipale Pasquinelli la ditta andata a fuoco non era mai stata controllata – spiega l’associazione nella denuncia – Quello che è accaduto a Prato

sono in molti a definirla una strage annunciata, e a confermarlo anche le dichiarazioni dell’assessore alla sicurezza del Comune di Prato Aldo Milone: «Avevamo denunciato da tempo la pericolosità di questa situazione». 

Il Codacons ha dunque chiesto alla Procura di «verificare se la struttura fosse a norma sotto tutti gli aspetti di legge, e quali attività abbiano compiuto l’Inail al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori o se fossero prospettabili negligenze od omissioni idonee a configurare responsabilità penali per Inail nonchè a carico dell’ispettorato del lavoro e del sindaco di Prato e di tutti quei soggetti, organi e autorità preposte a controlli, verifiche e rispetto delle norme di sicurezza sotto il profilo dei reati di Rifiuto di atti d’ufficio e Omissione, oltre ai reati di omesso controllo e vigilanza, concorso in strage, concorso in omicidio plurimo, omicidio con dolo eventuale , e sulla base dell’art. 40 del codice penale che afferma: »Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo«. Già nel 2010 il Codacons aveva denunciato i rischi connessi alla soppressione dell’Ispesl (l’istituto incaricato dei controlli sui luoghi di lavoro) e al suo accorpamento all’Inail, presentando ricorso al Tar del Lazio e segnalando come la misura voluta dall’allora Ministro Tremonti avrebbe avuto effetti negativi sul fronte della sicurezza per i lavoratori. 

 

Ma non è tutto. Oggi  il presidente della regione Toscana Enrico Rossi sulla sua pagina Facebook ha scritto: «Noi non possiamo permette che in Toscana ci siano uomini e donne ridotti in una condizione di schiavitù. Ce lo gridano alle nostre coscienze quei corpi morti bruciati, quei volti rassegnati e impauriti dei giovani lavoratori cinesi, quel bambino che è fuggito correndo. Lo dobbiamo a noi stessi, alla nostra dignità di individui che, nonostante tutto, hanno avuto – conclude – la fortuna di nascere e di vivere in questa regione”.

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