Berlusconi. Caso escort, dagli atti “sconcertante quadro vita privata”

ROMA – Dagli atti del processo sulle escort portate da Gianpaolo Tarantini nelle residenze di Silvio Berlusconi emerge “uno sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora presidente del Consiglio”.

È scritto nelle motivazioni della sentenza di condanna dell’avvocato Salvatore Castellaneta. La sentenza, emessa il 10 dicembre 2013 al termine di un processo con rito abbreviato, è lo stralcio del processo “Escort” a carico di altre sette persone, in corso con rito ordinario dinanzi al tribunale di Bari (il reato associativo è contestato a Tarantini, Verdoscia e Faraone mentre rispondono di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione gli altri quattro imputati, Claudio Tarantini, Sabina Beganovic, nota come «l’ape regina» delle feste del premier, le attrici Letizia Filippi e Francesca Lana). Castellaneta è stato condannato per induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, ed è stato invece assolto per il reato di associazione per delinquere. Nelle 187 pagine delle motivazioni il gup del tribunale di Bari Ambrogio Marrone ricostruisce i 21 episodi contestati dal settembre 2008 al maggio 2009, in cui vengono citate le 26 ragazze “reclutate” per gli incontri, tra cui Manuela Arcuri e Sara Tommasi. Il giudice riporta stralci di intercettazioni, verbali di interrogatorio e dettagli delle spese sostenute da Tarantini per ricostruire quelle che lui stesso definisce le “boccaccesche nottate”  trascorse dall’allora premier con le ragazze della scuderia Tarantini. Da qui la considerazione sullo “sconcertante quadro della vita privata di vari soggetti coinvolti nella vicenda, dalle ragazze sino all’allora presidente del Consiglio che, al di là di una formale apparenza di cene eleganti, dissimulava una fiorente attività di esercizio della prostituzione”. Cosi il gup “Il materiale probatorio, nel suo contenuto di oscenità e bassezza evidenzia la situazione di mercimonio del corpo femminile e la considerazione delle donne come semplici oggetti suscettibili di commercio a scopo sessuale”. Quella organizzata da Gianpaolo Tarantini assomigliava ad “un’agenzia di reclutamento per prestazioni di servizi, poi rivelatesi di tipo sessuale”, dice il giudice del Tribunale di Bari. E conclude sostenendo che c’è la prova che tra gli “utilizzatori finali” ci fosse anche Silvio Berlusconi e che il Cavaliere avesse “l’abitudine di retribuire le ragazze con cui si intratteneva”. “Lo sforzo finanziario impiegato per il raggiungimento dello scopo comune – scrive ancora il giudice Marrone – dimostra che si sia trattato di una vera e propria impresa criminale finalizzata ad ottenere vantaggi economici attraverso l’uso sistematico di numerose ragazze”.

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